23 Novembre 2024
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Cop26. Fallimento annunciato sul clima?

Dove va l’Europa? Nell’aula di Strasburgo, Ursula von der Leyen, con il suo secondo discorso sullo stato dell’Unione al Parlamento europeo, ha risposto a questa domanda lanciando prima di tutto un appello agli Stati ad agire. La presidente della Commissione si è soffermata non solo sulla ripresa dalla crisi pandemica e sulle azioni economiche necessarie. Ha detto chiaramente che sui cambiamenti climatici “l’Europa è pronta a fare di più. Proporremo adesso un finanziamento supplementare di quattro miliardi di euro fino al 2027 per il clima, ma ci aspettiamo che anche gli Stati Uniti e i nostri partner intensifichino i loro sforzi”. Consapevoli che ad obiettivi climatici più ambiziosi dovranno corrispondere obiettivi sociali più ambiziosi.
La presidente si è detta molto orgogliosa di annunciare oggi che “l’Ue raddoppierà i finanziamenti per la biodiversità per i paesi extraeuropei, in particolare per i paesi più vulnerabili”. Questi gli intenti ambiziosi della Commissione, ma nello stesso tempo gli Stati si muovono con le proprie contraddizioni.

Negli ultimi trent’anni la Ue ha diminuito le emissioni di gas serra del 24% – mentre il Pil è cresciuto di oltre il 60% – e nei prossimi dieci dovrà moltiplicare gli sforzi: entro il 2030 le emissioni dovranno essere ridotte del 55% rispetto al 2030 (obiettivo giudicato ancora insufficiente dalla comunità scientifica). Il fatto è che l’Europa continua a dipendere per oltre il 60% dalle importazioni di energia fossile. Inoltre paesi come la Germania, in piena ripresa economica post pandemia (con più 25% di emissioni di CO2 solo nei primi mesi di quest’anno) rischia di rallentare la corsa alle energia rinnovabili a favore del gas in arrivo dalla Russia e dell’ampliamento della miniera di carbone più grande del Paese (48 km quadrati) di Garzweiler, in Renania Settentrionale-Vestfalia.
A questo punto l’attenzione e le speranze si spostano alla COP26 di Glasgow di Novembre.

Ci arriviamo con l’appello lanciato dal Comitato Intergovernativo per i Cambiamenti Climatici (IPCC) che è stato sin troppo chiaro: “Il riscaldamento della terra è colpa dell’uomo, se non si fa qualcosa adesso le conseguenze saranno irreversibili”. E con l’ultimo rapporto del gruppo di ricerca indipendente Climate Action Tracker, che afferma che i progressi verso il mantenimento in vita delle speranze dell’obiettivo di 1,5°C sono in stallo da maggio, con il Gambia che è l’unico paese che attualmente sta adottando misure sufficienti. Sì, il Gambia, un piccolo Paese africano sia a livello fisico sia demografico, con una popolazione di poco più di due milioni, tre quarti dei quali vivono in aree rurali, con un’agricoltura che rappresenta il 65% dell’occupazione. Ecco questo Paese è energeticamente indipendente. Un Paese poverissimo – 173esimo su 188 nella graduatoria basata sull’Indice di sviluppo umano – con ancora molte difficoltà politiche e sociali. I gambiani sono in fuga da dittatura e povertà. Eppure il Gambia, che non è molto responsabile del cambiamento climatico e che rappresenta una quota molto piccola delle emissioni globali di gas serra, si è impegnato a ridurre il suo inquinamento climatico.
Dunque il divario tra dove vogliamo essere e dove siamo resta enorme. Se consideriamo tutti gli impegni e gli obiettivi attualmente sul tavolo, stabilizzeremo a malapena le emissioni di gas serra entro il 2030, mentre dovremmo dimezzare le emissioni globali entro il 2030 per essere in linea con l’accordo di Parigi.
L’analisi dei ricercatori di Climate Action Tracker afferma che tre quarti di tutti i paesi stanno attualmente facendo progressi insufficienti verso il raggiungimento degli obiettivi di Parigi. Ci si aspettava che tutti presentassero nuovi piani climatici nazionali, prima della Cop26. Tuttavia l’analisi rileva che un gruppo di Paesi, che insieme rappresentano circa la metà delle emissioni globali, non ha ancora presentato nuovi piani su come ridurre le proprie emissioni. Questo gruppo comprende la Cina, la principale fonte di emissioni al mondo, oltre a India, Turchia e Arabia Saudita. Inoltre, molti dei Paesi che hanno presentato nuovi piani per il clima non sono riusciti ad aumentare significativamente le loro ambizioni. Tali paesi includono Australia, Messico, Brasile, Singapore, Russia, Indonesia, Nuova Zelanda, Svizzera e Vietnam.
Altri stanno “quasi” facendo abbastanza per essere in linea con il mantenimento delle temperature globali a 1,5°C: Costa Rica, Etiopia, Kenya, Nigeria, Marocco e Nepal.

Siamo a meno di due mesi da Cop26 e il tempo sta finendo.
L‘IPCC ha dato un avvertimento, un “codice rosso” sui pericoli del cambiamento climatico, rafforzando l’urgente necessità per il mondo di dimezzare le emissioni entro il 2030. Intanto un numero crescente di persone in tutto il pineta sta soffrendo per gli impatti sempre più gravi e frequenti dei cambiamenti climatici, ma l’azione dei governi continua a restare indietro rispetto a ciò che è necessario. Sebbene molti governi si siano impegnati a raggiungere lo zero netto, senza un’azione a breve termine, sarà praticamente impossibile.
Il tempo sta finendo, la COP26 di Glasgow sarà il momento della verità per tutta la comunità mondiale.