Paola Massoni, Giacomo Puccini. Nato per il teatro, Edizioni ETS, Pisa 2021, pp.268
Da settembre il catalogo ETS si è arricchito di un volume interamente dedicato a Puccini. Scritto, carezzato e arricchito con raffinata anagliptica lirico critica da Paola Massoni, cantante, musicista, poetessa acculturata e capace di incursioni in diversi territori del sapere.
Il Maestro è raccontato in tutta la sua potente forza emotiva, nel tratto creativo, nell’intelligente e curiosa lettura di quello che di nuovo stava nascendo nella poesia, nella narrativa entrambe in pieno surf sulle onde di quella volontà di rinnovamento che è dentro la geometria concettuale della seconda metà dell’Ottocento … spinta già verso il secolo nuovo che incombe e che si fa sentire. In particolare da quella scapigliatura che aveva arricciato e strapazzato, a cominciare dai Sessanta, il sistema ordinato delle belle lettere attraversando e scombinando tutti i generi della cultura.
Ma in particolare, il nuovo testo si occupa del Puccini nato per il teatro, quindi regista, scenografo, scrittore oltre che musicista, una presenza onnisciente, assoluta, vigorosa, un Deus ex machina pronto a fare suo, a mettere il sigillo sulle storie che inventa e reinventa quando si basa sui modelli del passato. L’autrice si serve dell’epistolario, delle note diaristiche per documentare la tipicità di Puccini, la sua vulcanica volontà di esprimersi, di condizionare, di orientare. Un modus questo per mettere il lettore di fronte al doppio, al teatro e alla preparazione del suo miracolo. Palcoscenico e quinte, esito e fatto, esecuzione e costruzione. Ma c’è di più. L’ultimo capitolo è legato a una ricostruzione critica con aperture reinterpretative in chiave psicoanalitica di Turandot. Quest’opera, forse per la sua particolarità (come è noto venne lasciata incompiuta, senza finale per la morte del suo Autore), ha sempre suscitato curiosità, approfondimenti anche in funzione di una sua conclusione. Ma anche per quel tanto di dialettico che si stabilisce tra passione e gelo, tra vibrazioni e immobilità, stato icastico, tra dionisiaco e apollineo. Non a caso Mosco Carner, partendo dal fluidare nella clessidra dell’opera delle energie di Eros e Thanatos, entra nella geometria nevrotica di Puccini e parla del conflitto irrisolto con la madre. Aggiungo che il motivo di interesse per un’indagine psicoanalitica di Turandot sta anche nel fatto che si tratta di una fiaba. Le fiabe, lo sappiamo, hanno vicinanza col mondo antico, con le antiche paure, con le sofferenze ataviche, con i terrori dell’uomo, con le ferite del bambino che ognuno di noi porta dentro.
Paola Massoni, oltre ad avanzare alcune suggestive ipotesi interpretative, racconta e attraversa i più interessanti studi di settore, spesso sottintendendoli, e lo fa accompagnata da un’Ombra protettiva e luminosa, quella di Jung.
Credo che Massoni, col suo procedere, sempre con in testa la musica che racconta appunto l’inesprimibile, abbia accontentato Franco Fornari che, proprio riflettendo su opere liriche e interpretazioni psicoanalitiche, ebbe a dire che era venuta l’ora che a parlare di psicoanalisi e musica fossero dei musicisti con interessi psicoanalitici invece che psicoanalisti versati o appassionati di musica.
Aggiungo che il testo è arricchito, reso prezioso dai tanti bozzetti utilizzati per l’allestimento e dal fatto che il modus narrandi ci porta a compiere un viaggio attraverso la messinscena accanto a un genio visionario.