Un dirigibile con le ruote
L’aria è una sostanza – un fluido – anche se nella vita quotidiana ce ne accorgiamo poco. È invisibile e, a meno che non tiri un forte vento, non abbiamo motivi per tenere conto della resistenza che pone ai nostri movimenti. Per secoli la sua l’anomala “solidità” poteva interessare solo chi viaggiava con un veliero oppure conduceva un mulino a vento. I veicoli terrestri di una volta si spostavano troppo lentamente perché la resistenza dell’aria potesse essere un problema importante.
La vettura qui sopra è il “Siluro Ricotti” o, più formalmente, la A.L.F.A. 40-60 HP Castagna “Aerodinamica”. L’allora “Anonima Lombarda Fabbrica Automobili” – non ancora una sigla fusa con la “Romeo” – si occupò della meccanica mentre la carrozzeria fu della Castagna Milano, un’antica azienda scomparsa nel 1954. Il progetto invece lo commissionò un eccentrico nobile milanese, il Conte Marco Ricotti, che si sarebbe ispirato alla forma aerodinamica dei primi dirigibili.
Il veicolo fu costruito tra il 1913 e il 1914 sul telaio di una macchina da corsa ALFA 40-60 HP convenzionale. Le prestazioni dell’Aerodinamica furono spettacolari: raggiunse i 139 km/h sul chilometro lanciato, una velocità folle per le pessime strade dell’epoca. Non si pensò mai di fabbricarla in serie, era semplicemente il giocattolo di un riccastro che poteva permetterselo. Infatti, dopo un po’, Ricotti la fece modificare asportando il tetto, trasformandola in una sorta di cabriolet ancora più eccentrica. La vettura originale andò perduta ma una replica (qui sopra), realizzata negli anni Settanta, è conservata al museo storico Alfa Romeo di Arese.
L’aerodinamica automobilistica restò a lungo una specialità italiana, raggiungendo forse l’apice sotto Antonio Lago, il padrone della Talbot francese, con la sua Talbot Lago SS Coupé del 1937, nota anche come la ‘Goutte d’Eau’ (goccia d’acqua) per via della sua forma. Per certi versi si trattò più di un’opera d’arte – bellissima – che di un’auto. Prodotta in soli 16 esemplari, uno dei quali è recentemente passato di mano per cinque milioni di dollari.
Nel frattempo, l’aerodinamica – almeno in termini automobilistici – divenne più una questione stilistica che una tecnologia: fuorché dal campo dei velivoli ovviamente. Le forme aerodinamiche però venivano associate a una certa idea di “modernità”, oggi non molto apprezzata, comunque soggetta a rispuntare fuori di tanto in tanto per l’essenzialità e il dinamismo che rappresenta. L’idea è più chiara in inglese, dove la forma aerodinamica nel design è lo “streamlining” e il verbo “to streamline” significa in senso figurato “sveltire, semplificare, ottimizzare, rendere più efficiente”.