Bono contro Bono
A ognuno è concesso un ripensamento sulle proprie azioni. Tutti i grandi artisti hanno, in fondo, avuto un momento distruttivo e iconoclasta verso la propria opera. Chi ha distrutto quadri, chi ha infranto sculture, chi ha rinnegato romanzi, film, poesie e canzoni. A De Gregori, notoriamente, non piace il “disco della pecora”: che invece a me piace molto.
Dopo quarant’anni, sembra che Bono Vox abbia diverse perplessità sulla produzione degli U2. Nemmeno il nome gli piace, sembra. Neanche la sua voce, soprattutto in Boy, il mitico disco d’esordio: che invece a me piace molto. Lo ritengo da sempre uno dei più folgoranti debutti del rock. Non aveva una voce da macho, e in effetti ha ragione: è la voce di un quasi ventenne, un tardo adolescente uscito dagli anni Settanta e inizialmente affascinato dal glam, per essere poi rapito dalla new-wave.
La domanda è: realmente ha una valenza universale quello che dice Bono? Cambierà qualcosa questo parere per chi ascolta?
Mi sembra un parere più valido per certe cose molto recenti, che per altre. E questo sottende un ragionamento più generale: santificare artisti (o sportivi) come persone perfette è particolarmente sbagliato. Avere grandi responsabilità non dà necessariamente un grande potere, parafrasando Spider Man. Artisti e sportivi sono tutt’altro che persone perfette, hanno opinioni anche discutibili, fanno cose anche discutibili. Il dibattito sulla separazione delle persone, la persona pubblica e quella artistica, andrà avanti senza possibilità di univoche soluzioni.
Posso dire all’ottimo Bono, ripetendo quando accennato sopra, che dovrebbe essere più preoccupato per la produzione recente, o la sua voce live degli ultimi anni. Per quanto mi riguarda, continuerò ad amare Boy come uno dei tanti giovani Holden che si incontrano nella vita.