Quirinalizie 1
Tutto molto difficile, tutto ancora possibile. Arrivato l’invocato passo indietro di Silvio Berlusconi adesso c’è l’avvio di una partita che si gioca su un piano inclinato. Tenere insieme Quirinale e governo, questa la scommessa di Enrico Letta e anche di Giuseppe Conte, che solo garantendo il prosieguo della legislatura può tenere uniti i suoi gruppi parlamentari. Diversi passaggi si devono ancora consumare, Matteo Salvini, che a sera sente tutti i leader del centrosinistra, nelle prossime ore proporrà dei nomi di area centrodestra. Irricevibili, per il Pd: “Non consentiremo l’assalto al Quirinale”, avvertono assai irritati dal Nazareno.
Nei gruppi parlamentari c’è chi torna a credere nella candidatura di Pier Ferdinando Casini e chi spera ci si avviti fino ad arrivare a Sergio Mattarella. Ma la candidatura di Mario Draghi, avvertono dalle segreterie, è del tutto in campo, perché ogni nome alternativo – soprattutto se sostenuto da una maggioranza ristretta – rischia di far saltare il governo. E il Mattarella bis appare lontano, arriverà solo di fronte a uno stallo irreversibile.
Chi lavora per Draghi al Colle non è rimasto fermo, nelle ore dell’attesa per l’annuncio di Berlusconi. Il premier è silente e lontano dai palazzi della politica, nella sua Città della Pieve. Ma i contatti proseguono, si cerca di costruire il terreno per un accordo sul governo. Viene considerata superabile l’ostilità (vendicativa) del Cavaliere al trasloco di Draghi da Chigi al Quirinale. Mentre fa ben sperare che né Salvini né Meloni pongano veti sul nome del presidente del Consiglio.
La pretesa – osserva un draghiano – di mandare avanti il governo a ogni costo, qualunque sia l’esito del voto sul Quirinale, non regge. Se la maggioranza si spaccherà sul nome del presidente (come potrebbe avvenire su Casini, vista la contrarietà in partenza soprattutto del M5s), la caduta del governo sarebbe automatica, come ha avvertito per primo Draghi. Ma anche andare avanti come se nulla fosse, in un anno pre-elettorale, potrebbe reggere per qualche settimana o mese – avverte più d’uno – ma poi precipitare tutti verso elezioni anticipate, se come probabile Draghi si rifiutasse di scendere a compromessi con le richieste dei partiti.
Il nodo per Draghi però resta il premier e la formula del nuovo governo. Perché è vero che non si può preconfezionare la squadra dei ministri, ma è anche vero che i leader chiedono garanzie, di un esecutivo a più forte impronta politica. Sarebbe stato sondata, per ora senza successo, la disponibilità di Casini a prendere la guida del governo. Così come continuerebbero a non convincere i nomi di Marta Cartabia (in
forte ascesa nei rumor), Vittorio Colao o Daniele Franco (che non vorrebbe traslocare a Palazzo Chigi).
Le prossime quarantotto ore, sottolinea un dirigente M5s, saranno decisive: non si può escludere la rottura, ma neanche un’intesa larga con il centrodestra, probabilmente dalla quarta votazione (ma c’è chi ancora confida – ad oggi contro ogni evidenza – ci siano spazi nelle prime tre).
L’incontro in programma tra Letta e Salvini, che molti considerano decisivo nella partita, per ora resta in stand by. Il segretario Pd tiene alta la guardia, ma rilancia: “Il centro destra non è maggioranza e non ha quindi diritto di prelazione sul Quirinale. Ora col ritiro di Berlusconi e lo scontro deflagrato all’interno del cd tutto è chiaro. Ora ci vuole accordo alto su nome condiviso e Patto di legislatura”. Se non vuole “danneggiare il Paese” il centrodestra “ragioni sul patto”, avvertono dal Nazareno. “Con il ritiro di Berlusconi facciamo un passo avanti e cominciamo un serio confronto tra le forze politiche per offrire al Paese una figura di alto profilo, autorevole, ampiamente condivisa”, scrive su Twitter Conte.
Mentre Matteo Renzi, che nelle prossime ore dovrebbe rivedere Letta, ai suoi predica “calma e gesso”, perché ora è convinto si apra uno spazio politico in cui giocare da protagonista.
Conte ha riunito la cabina di regia M5s, da cui trapelano ancora i dubbi su Draghi alimentati dai timori che il suo trasloco al Colle porti alle elezioni. Ma fonti M5s assicurano che la porta al premier resta aperta. Dal Movimento nasce la proposta di candidare Andrea Riccardi alla prima votazione (Paola Severino o Filippo Patroni Griffi le alternative), un nome su cui anche gli altri potrebbero valutare di convergere. Ne parlano Conte, Letta e Roberto Speranza domenica mattina presto, prima di riunire i gruppi parlamentari. Se si aprirà un confronto vero con il centrodestra è più probabile però che si scelga la scheda bianca, come ha già deciso di fare Iv (remota l’ipotesi di uscire dall’Aula).
[di Serenella Mattera – fonte ANSA]