L’Islam dal crollo di una diga
Per convenzione, le meraviglie del mondo sono sette, ma i diversi popoli non sono d’accordo su quali siano – con, forse, l’eccezione delle piramidi d’Egitto, che ancora oggi appaiano sulle liste di tutti.
A causa dei nostri paraocchi culturali, tendiamo a ignorare le ‘meraviglie’ che non sono nostre o che comunque sono difficili da raggiungere – o forse solo troppo antiche o troppo imponenti da comprendere a vista…
Tra queste c’è la grande diga di Mā’rib, probabilmente il maggiore progetto d’ingegneria civile dell’antichità. I resti della diga si trovano nell’odierno Yemen: all’epoca della sua edificazione ancora il ricco, popoloso e semi-mitico Regno di Saba. Recenti ritrovamenti archeologici suggeriscono che già verso il 2000 a.C. vennero realizzati sul posto un semplice terrapieno e una rete di canalizzazioni.
I lavori per la costruzione della prima diga di Māʾrib ebbero inizio intorno al 750 a.C. e richiesero circa un secolo per essere completati. La diga attraversava l’imbocco della valle Dhana con uno sbarramento di terra compressa – ricoperta di pietra, ghiaia e muratura – lungo inizialmente 580 metri e alto 4 m.
L’opera si sviluppava tra le sponde di una gola dove si incanalava l’acqua piovana che scendeva dalle vicine montagne durante due brevi stagioni delle piogge, una nel mese di aprile e l’altra ad agosto. Dalla diga l’acqua alimentava un’estesa rete di canali d’irrigazione.
Nel 500 a.C. la lunghezza del manufatto era arrivata a quasi 800 m e la sua altezza raggiungeva i 7 metri. Ulteriori lavori lo elevarono poi a 14 metri. L’invaso a quel punto consentì l’irrigazione di circa 100 km² – 10mila ettari – di territorio.