19 Dicembre 2024
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Stop war: dalla giungla al bunker

Anche vivere a lungo dovrebbe avere un peso, oppure una ragione. Dovrebbe poter servire.

“In una rivoluzione non tutti si muore ma nemmeno tutti si vive”. Lo scriveva mio padre intorno al 24 gennaio del 1971 a me che mi trovavo intorno al Burraco di Cipango, zona B dell’Angola nord orientale, subito sotto la Repubblica Popolare del Congo in una guerra di liberazione, sotto la bandiera del MPLA guidata da Agostino Neto anche lui come Leopold Sangor, poeta. Lo scrisse e morì. Era giovane, aveva appena 62 anni e di guerra aveva pieni i polmoni. Nato nel 1908 nel ‘71 aveva attraversato la prima e la seconda guerra mondiale, il fascismo, la resistenza e il piacere della vittoria. La ricostruzione del nostro Paese e la grande idea che vuole la pace e la fratellanza, e aveva appena finito il fiato: “..ma i comunisti non han paura difenderanno la libertà..”
Io mi tolsi le scarpe, anfibi di lusso che comprammo in Piazza Venezia, Ghinapo ne avrebbe fatto un uso migliore e tornai a casa. Pensai che fosse meglio lottare per una mamma sola, la mia. Lasciai il Simonof prima che sparasse il mio primo colpo e ripresi a cantare la storia di Marinella. Sembra impossibile.

Carlo il più grande dei miei tre figli, tutti nati qui, in tempo di pace, salutandoci due o tre giorni fa mi ha detto: “certo che strana generazione la mia: nell’età dell’amore imbattemmo nell’Aids, conseguimmo la laurea indispensabile all’ascensore sociale quando poi scoprimmo che l’ascensore era fermo, le attività produttive, imprenditoriali, hanno incocciato la pandemia, ci mancava solo la guerra. Ora c’è anche quella”.
Intorno a casa vedo, leggo e sento i giudizi, le ipotesi, gli scongiuri e nemmeno una soluzione che mostri la possibilità di compiere passi. Ne soffriamo tutti, più o meno nel sonno. Ho sentito un analista, un politologo – credo si dica così – dire che dovremmo “problematicizzare” gli argomenti. E tutti annuivano. Quindi mi è parso evidente che si dicesse che la semplificazione confonde.

Ecco cosa mi è sempre mancato: da quando ventisettenne vissi mesi di boschi nella zona equatoriale sud a ieri. Semplificavo, quando invece avrei dovuto problematicizzare. La vittoria è certa era scritto sulla bandiera del Mpla. Quel che non c’era scritto è quel che cova.
Il fango riprende a crescere, i bambini a giocare nei bunker, a morire tra le braccia piegate dal pianto. Allora? Propongo un giorno o due di silenzio e i preparativi per accompagnare Francesco.
Se parte e dove arriva se parte.