Fabio Bertino, Binari, youcanprint 2021, pp. 148
Questo è un libro di racconti di viaggi e di treni sulle ferrovie minori d’Italia, “uno spaccato di vite e paesaggi” – si sarebbe detto quando andava di moda l’antropologia della prossimità, negli anni ’90 del Novecento – che restituisce qualcosa di nascosto e dimenticato, ma non meno vero della dorsale italiana dell’Alta Velocità che rappresenta, nella sua linea tra Milano e Roma (Napoli è un succedaneo che non poteva essere lasciato indietro, ma poco ha a che fare con il nervo centrale che congiunge le due capitali nazionali), il mainstream urbanizzato e produttivo del Paese.
Fabio Bertino è l’autore che nella sua nota biografica si giustifica di essere laureato in Economia e Commercio e dice di aver rimediato con un’ulteriore laurea “più culturale”…
Secondo me è un peccato che un buon editore non abbia ricevuto o stampato questo libro, perché già la prima pagina del primo capitolo fanno capire la stoffa dello scrittore Bertino. Per fortuna, in questo caso, youcanprint è stata usata a buon fine.
L’autore parte con una data: ottobre 1944. Si comincia il primo racconto sulla valle degli spazzacamini con una memoria della Seconda Guerra Mondiale, ma dopo qualche riga siamo già nel presente, con la descrizione del vagone e dei suoi occupanti. E poi Locarno e la sua piazza e di lì un accenno storico al borgo e al suo edificatore.
Ogni capitolo è un viaggio in treno su binari lontanissimi dai percorsi più battuti dei negotium; Bertino cerca l’otium meditativo, osservante, del viaggiatore. I treni sono quelli dove si può aprire o chiudere un finestrino di propria volontà, dove il passeggero guarda dai vetri come un osservatore sentimentale, dove la libertà di vivere un momento intenso in viaggio è ancora libertà vera: il passeggero non è un biglietto trasferito da un punto a un altro nel minor intervallo possibile, ma una persona che conquista il tempo del suo passaggio nelle differenze dei territori che attraversa. Tutto questo ci è restituito dall’autore.
Ogni storia è composta di fatti storici, incontri casuali, suggerimenti di indigeni e descrizione viva di paesaggi e comunità.
E allora, per citarne qualcuno di questo viaggi in treno, la storia della località di Peppone e Don Camillo sulla linea Parma-Suzzara dove si incrocia pure Gualtieri, il paese che ospitò il pittore “matto” Antonio Ligabue. E l’itinerario sulle orme di Giovanni Pascoli nella Lucchesia, la Garfagnana dell’Ariosto e la Lunigiana di Dante. E infine le attese della littorina che corre tra i nuraghe sardi e che aspetta una ragazza in una piccola stazione perché arriva con un treno in ritardo, ma deve andare a casa anche lei, e questi treni sono fatti a misura d’uomo: hanno pazienza, se serve ad aiutare qualcuno.
Questo libro è un finestrino aperto su un mondo che non incrociavamo da tanto tempo sulle nostre strade pulite e rapide. Che ce ne siano sempre di viaggi così e persone, come Fabio Bertino, che sanno raccontarli.