Cop27: insufficiente
Ci sono voluti quasi 30 anni prima che anche l’ultimo muro cadesse alla creazione di un fondo “perdite e danni”, per gli stati più vulnerabili al climate change. Venuto meno veto e pregiudizio statunitense, è ora finalmente possibile istituire un programma di consistenti aiuti ai paesi in via di sviluppo e alle vittime degli eventi meteorologici estremi. L’aver raggiunto, in extremis, questo obiettivo diplomatico e climatico nonché di giustizia sociale, è un aspetto non trascurabile, che tuttavia non edulcora altri fallimenti nei negoziati di Cop27.
L’inversione di rotta compiuta dall’amministrazione Biden, rispetto alle politiche negazioniste trumpiane ma non solo, è un chiaro imprimatur. La visione “ambientalista” della Casa Bianca è trainante (e dominante) a livello globale. E, persino la Cina obtorto collo è costretta ad allinearsi. La piena fiducia che il presidente Biden ha riposto nel lavoro di John Kerry, elevato al ruolo di inviato speciale per il clima e già segretario di stato di Obama, si è dimostrata una scelta politica impattante nella trattativa delle relazioni internazionali. Ciononostante, in queste ore post Sharm el Sheik con le delegazioni, che si sono date appuntamento a Cop28 negli Emirati Arabi Uniti, prima di rientrare a casa, ad essere fortemente criticato è l’impianto stesso di questo summit.
Come ha commentato autorevolmente Bill McGuire, professore emerito di geofisica all’University College di Londra: “Le conferenze sul clima semplicemente non funzionano”. Secondo McGuire ad inficiare negativamente l’esito del summit è la tipologia di approccio: “un laboratorio gonfio di chiacchiere globali mentre, abbiamo bisogno di qualcosa di più piccolo e snello, completamente focalizzato sulla crisi e a portata di mano”. In sintesi: occorre traslare verso maggiore serietà e concretezza l’azione. Evitando di incartarsi su questioni che poi portano a modesti progressi, e presentano un elevato dispendio di energie e tempo.
“In effetti, la vera eredità della Cop27 espone il vertice sul clima per quello che è diventato, un tronfio circo itinerante che viene allestito una volta all’anno e da cui emergono solo chiacchiere. È davvero incredibile che nel corso della Cop27, non ci sia mai stata una trattativa formale per ridurre l’uso dei combustibili fossili. Non solo l’elefante è stato nella stanza per tutto questo tempo, ma nell’ultimo quarto di secolo ha assunto proporzioni gigantesche – e ancora la sua presenza rimane inascoltata”. Chiosa McGuire dalle pagine del quotidiano The Guardian.
Il problema di fondo è che si tende a dare troppa importanza all’apparire, ad esempio nelle sempre presenti foto opportunity, e poca attenzione invece agli allarmi lanciati dalla scienza, relegata ai margini e mal sopportata.
La via da seguire per McGuire è un ribaltamento dei rapporti, istituendo una serie di piccoli organismi, ognuno dei quali dedicato ad affrontare ciascuna criticità tematica: energia, agricoltura, deforestazione, trasporti, transizione energetica, riduzione delle emissioni etc etc. Una ripartizione dei compiti ed una condivisione trasparente che abbia il mandato di negoziare accordi praticabili, giuridicamente vincolanti e che svolgono effettivamente la loro funzione. Insomma, anche basta con questi inconcludenti “carnevali climatici annuali”, che dobbiamo sorbirci passivamente.