Carmela Scotti, Del nostro meglio, Garzanti Editore 2023, pag. 218, € 18,60
Caterina, Claudia, Fausto sono i protagonisti del romanzo di Carmela Scotti, Del nostro meglio; Nina, Vio, Dora, Emilio sono profondamente intrecciati alla loro vita, in una storia che trova il suo perno nell’anno 1999 per svilupparsi oltre, ambientata in Brianza. Altre figure completano il quadro.
Ma è Caterina la molla di tutto, l’origine del dolore. Avvocato divorzista, moglie di Fausto, il chirurgo dalle dita sottili, nutre per il marito un amore ossessivo. Lui invece la osserva senza vederla, scarica su di lei una rabbia repressa che viene da un passato traumatico, da una figura paterna rifiutata, tanto è il male che ha subito. Caterina è pronta a fare qualsiasi cosa pur di avere l’attenzione e l’amore di Fausto, ma continua ad amare per due e a nascondere sotto il fondotinta i lividi e sotto i tailleur impeccabili le costole rotte.
Lui vuole un figlio ma personalmente sa di avere scarse possibilità di procreare. Eppure Claudia nascerà, una bambina che la madre non desiderava affatto, messa al mondo solo per far felice Fausto. Una bambina destinata al disamore, o meglio alla assenza di amore materno, perché quello di Fausto non le manca e lega in modo assoluto padre e figlia, l’amore che Caterina cerca invano dal marito. Nei confronti di lui odio e passione, invidia nei confronti della figlia.
C’è un momento di svolta segnato dalla morte accidentale di Fausto durante una lite furiosa in cui volano parole offensive contro la donna, quando le mani di lui, ubriaco, le stringono forte il collo e la bambina sente e va verso la camera dei genitori. Una mano lo tocca e Fausto precipita sulla scala a chiocciola che si apre lì accanto.
Di chi è quella mano?
Ci sono segreti tenuti nascosti che Claudia conoscerà tardi, dopo una infanzia e adolescenza trascorsa tra tentativi di adozione falliti, case famiglia, fughe, droga, eccessi di ogni genere. Lei che ha elemosinato l’amore della madre senza avere risposta, che ha sempre sentito i tonfi sordi provenienti dalla camera dei suoi e non ha mai indagato, ora che ha perso Fausto che era il suo universo e si è sentita gridare dalla madre, quella notte: che hai fatto? – lei è schiacciata dal senso di vuoto, di colpa, si ribella a tutto e a tutti. Colpisce per non essere colpita.
Se Caterina e Fausto portano ciascuno su di sé le carenze affettive e non hanno modelli educativi, questo non significa che non ci siano possibilità di risollevarsi per Claudia. Commette gravi errori ma la salva la musica e trova amicizia vera, affetto e cure.
La maternità non cercata e comunque accettata la rende responsabile e la libera dai segni del passato ribelle. Madre premurosa di Nina, cerca continuamente risposte alle dinamiche di quella notte, e queste arriveranno, ma tardi, quando non è più possibile recuperare i suoi anni tormentati e terribili.
Il romanzo porta avanti in modo parallelo il mondo di Claudia e quello di sua madre, con una visione diversa e complementare dei fatti, che tuttavia emergono lentamente, in un procedimento di ricerca della verità che ha i toni del giallo.
Lascia considerazioni sulla violenza di coppia, sulla ossessione amorosa che diventa desiderio di possesso e obnubila la mente togliendo ogni barlume di razionalità. Mette in risalto il ruolo della vittima che vive nella illusione di accettare la violenza per amore, nel tentativo di rieducare il carnefice. Caterina conosce solo quella forma di amore, altri tentativi falliscono, soprattutto quello supremo di proteggere sua figlia. Rimane chiusa nel bozzolo della sua vigliaccheria ma attua una forma di autopunizione: vive in una catapecchia, si ingozza di cibo spazzatura, diventa una massa di grasso che trabocca.
Anche la sua ossessione per Fausto, il suo desiderio di stare solo con lui, senza figli a disturbare, pur riconoscendone in questo caso l’aspetto quasi patologico, pone tuttavia domande sulla libertà di scelta della donna quando si tratta di disporre del proprio corpo e della propria esistenza.
Sull’ultima pagina comunque, al di sopra e al di là di ogni disgrazia e tormento, si rimane a riflettere sulla forza vincente dell’amore, della dedizione agli altri, dell’amicizia, dell’onestà, dell’apertura alla vita, che vuole sì cercare le ragioni dei fatti, ma chiede di fare pace col passato e accettare le trasformazioni. Chiede di fare “del nostro meglio”, di più non è possibile