Sul discorso di Putin
Intervistiamo Mara Morini, docente di Politica dell’Est Europa all’Università di Genova, e attualmente a Mosca per studiare la scena russa in questo periodo di guerra.
Cominciamo dalle impressioni generali: che idea si è fatta nel complesso sul discorso di Putin alla Nazione di oggi?
È stato il tipo di discorso che mi aspettavo e che, invece, credo non si aspettassero in Occidente (soprattutto in Italia), in attesa dell’annuncio di una controffensiva. È stato invece un suo classico discorso alla Nazione, in cui ha fornito la sua versione dei fatti sulla vicenda bellica in Ucraina, ribadendo che non ce l’ha con gli ucraini, che è l’Occidente che sta utilizzando strumentalmente l’Ucraina e che è necessario impedire che l’Occidente destabilizzi la società russa, i suoi valori tradizionali, e innanzitutto il cardine fondamentale della famiglia (il patriarca della Chiesa ortodossa russa Kyrill era in prima fila, ndr). Ma ha evitato ogni proclama e, soprattutto, si è rivolto alla società russa, all’opinione pubblica russa, come da tradizione dei discorsi istituzionali.
Una gran parte del discorso è stata in effetti dedicata alle questioni economiche e sociali interne.
Sì, Putin ha adoperato il tono e gli argomenti che utilizza spesso in questi discorsi, ha fornito un programma economico, un indirizzo politico di governo di ampio respiro nel quale ha sottolineato la sostanziale tenuta dell’economia russa, contro tutte le previsioni occidentali, la tenuta del rublo, e ha illustrato tutte le idee e le iniziative che intende intraprendere per rafforzare ulteriormente l’economia. Non si è lasciato scappare neanche l’occasione per una battuta populista, sottolineando che i più colpiti dalla crisi sono stati quei russi che avevano deciso di investire in Occidente i loro averi, acquistando yacht oggi sequestrati: ci hanno rimesso perché si sono affidati a chi, al contrario, si è rivelato inaffidabile.
Ha dedicato anche molto spazio a forme di compensazione economica verso i soldati.
Sì, e in questo elemento, e in altre brevi dichiarazioni possiamo leggere un avviso rivolto agli avversari: da una parte, l’annuncio dell’istituzione di un fondo per i soldati e di un aumento del salario per i militari, dall’altro la dichiarazione più importante sul piano internazionale. Cioè la sospensione della partecipazione russa al Nuovo Trattato START, l’accordo stretto nel 2010 fra Usa e Russia che limitava il numero di testate nucleari per ciascun Paese, il numero di missili balistici e altri armamenti nucleari. Ha poi dato un’altra informazione importante: ai soldati saranno garantite due settimane di riposo ogni sei mesi. Il messaggio è chiaro, la guerra durerà ancora molto a lungo.
Con l’uscita della Russia dal Trattato START da un lato, e dall’altro lato gli annunci di riarmo che stanno arrivando anche dalle forze europee e dagli USA, l’epoca del disarmo e delle speranze di disarmo si può dire definitivamente tramontata.
Sì: la corsa al riarmo atomico e al riarmo tradizionale segna definitivamente la fine di un’epoca. Per Putin, come per la Cina, si tratta della questione principale: c’è un ordine mondiale che loro intendono riorganizzare, approfittando di tutte le opportunità che derivano da questo epocale cambiamento. Il disarmo com’era stato concepito sotto l’egemonia statunitense è fallito, questo dicono. È necessario un riequilibrio in cui la Russia reclama la sua posizione di primo piano. Dal suo punto di vista, Putin si dipinge come una vittima, e dipinge il popolo russo come una vittima dell’egemonia occidentale. È un messaggio che fa presa su una parte della popolazione russa. Meno sui giovani, molto di più sulla parte più adulta della società.
La posizione da cui Putin ha pronunciato il suo discorso è sembrata quella di chi sa che detiene il potere in modo solido ma rassicura in ogni caso la sua gente. La sua versione dei fatti fa presa sulla società?
In Russia c’è stato nel corso del tempo un graduale peggioramento delle condizioni materiali di esistenza, ma per quanto ho potuto raccogliere nelle mie ricerche, la maggior parte delle persone ne attribuisce le responsabilità molto più al Covid che alla guerra. C’è stato un aumento dell’ansia sociale legata alla guerra negli ultimi mesi, ma non tale da creare una frattura. La società russa è forgiata da 20 anni di propaganda, con una repressione che è aumentata molto negli ultimi anni, ed è soffocata dalla mancanza di alternative. Prendiamo il caso dei russi che sono scappati in seguito alla guerra: sono stati tanti e sono stati ancora di più quelli che sono scappati in tutti gli anni precedenti. Ma quello che non si dice è che molta parte di questo esodo sta rientrando in Russia. Perché nei Paesi dove sono fuggiti non sono riusciti a integrarsi, non possono lavorare, non hanno accesso ai loro crediti visto che le carte russe all’estero sono bloccate, e hanno grandi difficoltà di spostamento per la difficoltà con i visti da un lato, e per il costo spesso proibitivo dei viaggi. Da parte occidentale, assimilare la società russa al regime russo e non aprire le porte alla comprensione e all’accoglienza dei cittadini russi in alcuni paesi dell’Europa orientale è stato un errore, perché ha fornito al regime proprio la scusa perfetta per avvicinare a sé una parte di società che invece poteva sfuggirgli. Oggi alcuni settori sociali che ho avuto modo di osservare, e che non sono mai stati simpatizzanti di Putin, sposano le sue parole sulla necessità di difendere l’identità russa da un intento di cancellarla dalla Storia. E vivono il conflitto con lo stesso termometro identitario/antropologico con cui lo vivono gli stessi ucraini. Non sono stati invasi e non sono sotto attacco diretto; eppure, per molti russi che non sono neanche necessariamente dalla parte di Putin, è in corso una “guerra esistenziale” che minaccia la loro identità. È un riflesso di una dinamica che a mio avviso va ben oltre la Russia, ma riguarda un altro aspetto dell’epoca che sta cambiando: a livello mondiale, il nazionalismo si sta riaffacciando prepotente sulla scena, e questo elemento è preoccupante anche per quanto riguarda il futuro dell’Ucraina. L’esacerbazione degli opposti nazionalismi non promette niente di buono per nessuno.
Stando le cose così come le descrive, non c’è da aspettarsi alcuna frattura sociale in Russia nel breve periodo.
A mio avviso no. Escludo che sul breve o medio periodo potremo assistere a rivolte dal basso contro il regime. Più fragile, invece, è la situazione delle élite, che in vista delle elezioni presidenziali del 2024 sta riorganizzano gli assetti di potere, e potrebbero esserci futuri smottamenti. Al momento non è chiaro neanche se Putin si ricandiderà o meno. Per le opposizioni, utilizzare gli strumenti della democrazia per sconfiggere il regime è molto difficile come sappiamo. Non è neanche tanto una questione di elezioni truccate; i brogli ci sono, soprattutto nelle elezioni parlamentari, ma il vero ostacolo sono i tanti dispositivi di barriera in entrata che di fatto rendono impossibile a una qualsiasi opposizione presentarsi al voto. E lo vediamo con i diversi leader dell’opposizione in carcere. Putin è consapevole che le élite possono rappresentare tanto la sua forza quanto la sua debolezza. Ma come si è visto bene nel discorso di oggi, usa con abilità il tono rassicurante che elogia ora questo ora quello, gestisce l’equilibrio del suo potere. E con altrettanta abilità si incunea nelle contraddizioni reali del mondo occidentale per allargare la frattura all’interno delle società occidentali stesse. Dove già ci sono divisioni nella società occidentale, Putin si inserisce con la sua propaganda per ampliarle, per soffiare sul fuoco delle guerre di valori interne all’Occidente stesso. I toni da agitatore li riserva solo a occasioni speciali, per esempio domani ci sarà un discorso pubblico allo stadio di Mosca, simile a quello che si tenne il 18 marzo 2022. Ma non bisogna cadere nell’errore di vedere Putin come un condottiero arrembante che guida a gran voce la guerra contro l’Occidente. La sua strategia è molto più subdola di così ed è emerso dal modo in cui oggi stesso ha fatto capire a tutti che intende portare avanti la guerra ancora a lungo e attivarsi per il riarmo: senza proclami minacciosi, infilando il messaggio fra l’annuncio di una misura di welfare per i soldati e la solita narrazione della necessità dell’autodifesa.
[di Federica D’Alessio – da MicroMega – foto Morini/MicroMega]