Kim e Putin: missione segreta, sfida globale
I cattivi maestri della guerra. Una delegazione nordcoreana di alto livello si è recata a Mosca per perfezionare gli accordi di collaborazione bellica e “difesa reciproca contro le aggressioni” siglati da Putin nella recente visita a Pyongyang. A guidarla è Kim Kum-chol, presidente dell’università dell’Esercito Popolare che porta il nome del primo leader Kim Il-Sung: si tratta del centro di studi strategici che forma le gerarchie militari del regime, frequentato in gioventù anche dall’attuale dittatore Kim Jong-un al rientro in patria dopo il collegio in Svizzera.
nordcoreani sono interessati non solo a ottenere tecnologia, ma anche esperienze operative per aggiornare l’addestramento delle loro truppe, rimaste sostanzialmente isolate da decenni: vogliono conoscere quello che i russi hanno appreso in Ucraina sulle tattiche occidentali, simili a quelle dell’esercito di Seul. Kim Il-Sung ha fornito a Mosca enormi quantità di munizioni d’artiglieria e di razzi assieme a piccoli lotti di missili balistici a corto raggio. Ora si aspetta un contributo per modernizzare arsenali e metodi delle sue forze.
Uno scenario che crea grande preoccupazione, a Seul e non solo. Il presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol prima di raggiungere il vertice Nato di Washington ha dato un’intervista alla Reuters, sostenendo che la cooperazione militare tra Pyongyang e Mosca sarebbe “una chiara minaccia e una sfida persante” alla sicurezza dell’Europa e della Penisola coreana.
L’allarme infatti riguarda sia la cessione di tecnologie e informazioni a favore dell’Esercito Popolare, sia un suo maggiore coinvolgimento sul fronte ucraino. Circolano indiscrezioni – attribuite all’intelligence di Seul – sulla possibilità che unità di genieri nordcoreani possano prendere posizione nelle regioni occupate dai russi. Kim Il-Sung ha potenziato i reparti specializzati nella costruzione di fortificazione e di tunnel – oggi si contano dieci brigate – che si ritiene abbiano contribuito a realizzare le gallerie degli Hezbollah libanesi sul confine israeliano e dato consigli ad Hamas per la progettazione dei cunicoli di Gaza.
I tecnici nordcoreani potrebbero occuparsi di allestire bunker sotterranei, trasformando le miniere presenti nel Donbass. Ma viene pure sottolineata la possibilità che si occupino soltanto di lavori edili, ricostruendo i centri abitati della repubblica di Donetsk devastati dai combattimenti: un’attività svolta comunque in prossimità della linea del fuoco che comporta pericoli a cui non possono venire esposti gli operai civili.
Rispondendo alle domande sui genieri nordcoreani, il portavoce del Pentagono, generale Pat Ryder, ha detto: “È certamente qualcosa su cui dobbiamo vigilare”. E ha aggiunto: “Se fossi uno dei loro comandanti, mi chiederei che senso ha mandare i miei uomini a fare da carne da cannone in un’invasione illegale”.
Non ci sono invece indiscrezioni sul trasferimento di tecnologie missilistiche a Pyongyang, impegnata a perfezionare i suoi primordiali ordigni intercontinentali destinati a trasportare testate nucleari: veri strumenti apocalittici.
Ma tutte le guerre sono come le epidemie: le armi e le tattiche più efficaci – e quindi più letali – come virus si diffondono rapidamente nel mondo. E’ accaduto durante il conflitto siriano, dove le forze speciali russe e i mercenari della Wagner hanno fatto scuola ai reparti scelti del regime di Damasco, dei Guardiani della Rivoluzione iraniani e degli Hezbollah libanesi.
Sta avvenendo ora con la condivisione delle esperienze che vengono dai campi di battaglia ucraini, che stanno permettendo – ad esempio – agli ingegneri di Teheran di migliorare le prestazioni dei loro droni e dei loro missili balistici, con risultati che poi finiscono nelle mani degli Houti yemeniti e vengono usati ogni giorno per attaccare i mercantili occidentali nel Mar Rosso. Un circolo vizioso, che appare inarrestabile.
[di Gianluca Di Feo – La Repubblica]