Sangiuliano, tutto e niente
Il 26 agosto Maria Rosaria Boccia ha pubblicato un post sul proprio profilo Instagram. «Grazie al Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano per la nomina a Consigliere del Ministro per i Grandi Eventi», ha scritto la donna.
«Quella nomina non esiste, la dottoressa Boccia cerca di accreditarsi senza averne motivo», scrivono subito dopo dal Ministero della Cultura.
Peculato, G7, Pompei, sicurezza internazionale, segreti rivelati, convocazione diretta da Giorgia Meloni, Dagospia, lettere ai quotidiani, dimissioni, volontarie, la cacciata, Milano, Taormina, Polignano a Mare, possibile rimpasto, lo scandalo…
«Ho pagato tutto di tasca mia per lei, la struttura non ha mai messo un euro», dice il ministro. Ma tutto quello che si è succeduto a quel primitivo post di Boccia appare molto confuso. Il tutto ricorda l’affaire Dreyfus (se non ci dispiacerebbe scomodare una cosa così più seria di questa) per come lo racconta Emile Zola, a cavallo fra Ottocento e Novecento. L’ufficiale Alfred Dreyfus venne incastrato – prima condannato, poi graziato, poi riabilitato – a causa di una “nota” cartacea (l’antenata dei post attuali).
Nel caso del ministro Sangiuliano non siamo di fronte né a condanne, né a grazie, e nemmeno a riabilitazioni. Siamo di fronte a “si dice” – fra conferme e smentite – che hanno una certa concretezza nella loro aleatorietà. Il relativo nell’assoluto. E, come ci spiega il sociologo Simmel, noi riusciamo a rinvenire un significato solo rendendo, per qualche attivo, il relativo di tutto il costante fluire delle cose in assoluto. Ci manca, dunque, adesso la condensazione, la cristallizzazione, la tesaurizzazione, direbbe Marx. Per la destra un filosofo inutile, tanto che loro si rifanno con Tolkien, per il Novecento. Mica Freud, Einstein o Joyce. No, Tolkien.
Intanto scorrono notizie, note, post, incontri pubblici, interrogazioni parlamentari, dibattiti televisivi e cartacei: l’affaire Sangiuliano entra a far parte del circo mediatico superiore – provenendo dalla cybersfera, cioè il circo mediatico inferiore, a causa della sua causa: un “post” appunto. E si tratta di un caso che contiene forti valenze politiche. La sfera dei segni (semiosfera) influenza quella politica. Un “post” scombussola equilibri politici, di governo in questo caso. Insomma c’è una nomina che non è una nomina e c’è la possibile rivelazione (come nel caso Dreyfus) di segreti organizzativi nientemeno di un G7 della Cultura; quindi di un evento internazionale. Quello che manca in questa storia è una delle due «facoltà» che Cartesio richiedeva per potersi fare un’idea delle cose: la “chiarezza” (l’altra era la “distinzione”). Se le cose sono oscure, nebulose, indistinte si fa avanti la teoria di Edgar Morin: la “complessità”. Ed ecco emergere la via d’uscita che alla fine probabilmente metterà d’accordo il circo mediatico superiore (TG1, telegiornali nazionali e quotidiani di regime) con il governo e il Sangiuliano. Si dirà: «le cose sono complesse»; «niente è come appare»; «occorre valutare, decidere, ponderare». Il che sarebbe uno strano paradosso per le formazioni politiche governative che invece tendono sempre a semplificare – Umberto Galimberti afferma che il successo dei partiti populisti sta appunto nel loro offrire soluzioni semplici e alla portata di tutti.
Uno strano “affare”, dunque, questo che coinvolge il ministro Sangiuliano.
C’è dentro un po’ di tutto e quindi, un po’ di niente!