The passenger. Per esploratori del mondo. Londra, Iperborea 2024, pag. 192.
I giovani che lasciano l’Italia per gli U.K. non dicono vado in Inghilterra, bensì vado a Londra, in effetti il divario tra la capitale e il resto del Paese è profondo, addirittura è diverso il modo di essere londinesi tra chi abita entro la North Circular road e chi al di fuori: la North Circular road infatti è considerata il confine tra centro e periferia. Tutto il resto non è considerato allo stesso livello della capitale: “C’è la falsa impressione che Londra sia il centro culturale del Regno Unito, ma è più corretto dire che il suo dominio economico le permette di assorbire la cultura degli altri luoghi: qui si può consolidare una carriera dopo avere già messo le basi della propria pratica artistica altrove” (Nathalie Olah). Ma anche tra i trentadue London boroughs che la compongono c’è differenza, ora che i borghi non sono più abitati da famiglie abbienti e non, da quando si è verificato il fenomeno della gentrificazione – definizione coniata da Ruth Glass nel 1964 – che ha allontanato la working class, la classe operaia, sempre più all’esterno, sostituita da media e alta borghesia, cambiando così la caratteristica sociale dei quartieri.
La politica della Thatcher, negli anni’80, aveva spinto all’acquisto degli alloggi popolari a prezzo scontato, questo ha incrementato il business di chi li comprava e li rivendeva a maggior prezzo, mentre non si costruiva niente di nuovo. Intanto gli affitti sono andati alle stelle, insostenibili per la maggior parte delle famiglie, e sono aumentati i senzatetto. Le case di Londra del dopoguerra, costruite per migliorare la qualità degli alloggi e garantire ai redditi più bassi di vivere accanto ai più ricchi, ora sono beni da collezione. I governi conservatori che si sono succeduti fino alla vittoria dei laburisti nel 2024, hanno apportato forti tagli nei settori della sanità, dell’istruzione, e soprattutto dell’edilizia popolare.
La crisi finanziaria del 2008, i referendum per la brexit nel 2016, gli anni della pandemia, tutto questo ha avuto conseguenze pesanti sull’economia, sulle esportazioni, sulle condizioni di vita, ma Londra, secondo l’Economist, riesce ancora a mostrare la sua capacità di ripresa, e l’area della capitale, l’unica d’Inghilterra che nel referendum ha votato per restare nella UE, “se l’è cavata meglio di altre che volevano uscirne”, grazie agli ambiti in cui è specializzata – finanza, diritto, contabilità, consulenza, i media, l’istruzione superiore, lo slancio della sua tecnologia, il settore dell’intrattenimento. Il divario tra i londinesi e i loro compatrioti rimane elevato anche a livello di reddito disponibile, inoltre la capitale ha abitanti “più giovani, più di sinistra e molto più cosmopoliti: le minoranze etniche rappresentano il 46% dei residenti, oltre il doppio della percentuale di Inghilterra e Galles”(The Economist). Questo senza dimenticare gli ostacoli post covid, con le strade ora meno affollate per l’aumento di acquisti on line e per molti uffici semivuoti a causa dello smart working.
Londra rimane polo di attrazione di investimenti immobiliari di miliardari felici di parcheggiarvi i loro soldi in anonimato e sicurezza e molti spazi pubblici diventano privati – vedi Paternoster Square o l’area riqualificata intorno a King’s Cross – “questi investitori internazionali considerano la città un porto sicuro per i loro soldi” (Leo Hollis). La City assiste alla sua trasformazione “da enclave vittoriana fatta di bassi edifici, ad un ammasso di grattacieli” – Shard disegnato da Renzo Piano, Cetriolino, Grattugia, Walkie talkie – una vera e propria metropoli verticale, con un conseguente cambiamento del modo di condurre gli affari: ma “gli edifici vengono costruiti per essere venduti, non per durare nel tempo” (Leo Hollis).
Di difficoltà Londra ne ha superate, basti pensare all’incendio del 1666, con tredicimila case ridotte in polvere, alla peste nera degli anni ’40 del 1300, al declino del suo porto e al crollo dell’impero; e non è attualmente senza disagi: strade intasate, inquinamento – anche del Tamigi – spostamenti lunghi e costosi, forze di polizia screditate; la città non è mai stata così grande e così costosa, una città ricca con molta gente povera, tuttavia “una città resiliente che troverà il modo di far fronte ai guai” (Leo Hollis). Fiore all’occhiello negli spostamenti veloci ora è la Elizabeth line, di 117 chilometri, aperta nel 2022 dopo enormi ritardi e fuori budget, “il primo treno espresso attraverso il cuore della città […] con 42 chilometri sotto le strade” (Sam Knight).Tuttavia “Londra non ha mai offerto a nessuno una versione da sogno della vita come fa New New. New York diceva: vieni e tutte le tue fantasie diventeranno realtà, qui chiunque può partire dal nulla e farcela. Londra non l’ha mai detto perché Londra non mente” (Bidisha Mamata).
Dopo che nacque ufficialmente la Nigeria nel 1960 – una terra fino ad allora privata dei suoi frutti e un impero che sguazzava nell’oro, scrive Aniefiok Ekpoudom, giornalista e storyteller originario di Londra sud, molti nigeriani approdarono a Londra negli anni Ottanta e lavorarono dietro le quinte; all’inizio del millennio “si stima che novantamila persone nate in Nigeria avessero raggiunto il Regno Unito; eppure, nonostante una emigrazione così massiccia, erano rimaste ai margini”. Il calcio ha dato loro la possibilità di affermarsi, “dalla sua fondazione nel 1992, la Premier League ha rispecchiato i mutamenti sociali […] e da quando è nato il campionato, la Nigeria è sempre stata presente”. Questo non evita tuttavia episodi di razzismo e resistenza bianca, – ne è esempio “il rigore sbagliato da Saka nella finale Euro 2000 contro l’Italia quando sia lui che gli altri giocatori neri hanno ricevuto insulti razzisti pesantissimi, ricordandoci qualcosa che istintivamente già sapevamo, ovvero, che, nonostante la nostra casa sia qui a Londra, poggiamo su basi precarie” (Aniefiok Ekpoudom).
Aldilà di ogni aspetto e problema resta ferma l’immagine di Londra come metropoli verde, con il 63% dei suoi 1572 chilometri quadrati occupato da parchi pubblici e giardini privati: “la passione nazionale per i giardini e il verde si potrebbe derubricare come una delle tante eccentricità del carattere britannico”, scrive Caterina Soffici, senza dimenticare che Londra è stata un “grande incubatore della protesta ambientale”. Forse la passione per il verde è “un filo che tiene unita la società inglese, ancora così ferocemente classista”.