Alessandro Canzian, In absentia, Interlinea Editore 2024
All’occhio appaiono lievi, come se veleggiassero sulla pagina bianca, le poesie di Alessandro Canzian, di pochi versi – tre, quattro, cinque al massimo; alla lettura chiedono un passo lento, per guardarvi dentro. Guardare, sì, per la ricchezza di elementi visivi colti come in un fermo immagine fin dalle prime pagine – il verme, il balcone, la bimba, le foglie di vite, le briciole sulla tovaglia, le mosche, le lenzuola distese… E sempre di più, cariche di simboli, di analogie, di sofferenza, quando il calore di un interno intravisto è contrapposto alla sofferenza di un geco “mozzato”; più avanti con le calze smagliate, la ragazza a terra, lo stralcio, una pancia scoperchiata, il sangue, la scheggia incarnita, il ramo che si spezza, i corpi di mosca caduti, un nido d’un topo già morto…. Le immagini si affiancano alle voci, ai rumori, anche ai soffi leggeri del respiro: una bimba canta, da una finestra esce un latrato/urlo, da qualche parte si spara, un topo gratta a una porta. Arriva “il sapore di fiori sul vestito”, ma anche “l’odore acre / di caldo che avanza”, con la preziosità delle sinestesie.
Suddivise in tre sezioni: Minimalia, Sul fondo, In absentia, le poesie di Canzian creano quadri di leggerezza intrecciati a quadri di guerra, di spari, di eccidi; contengono la consapevolezza che “noi abbiamo fatto lo stesso”: non ci sono innocenti sulla linea della storia, “l’uomo è lupo all’uomo” e la felicità, se mai l’abbiamo conosciuta, non ci appartiene più.
Sul fondo lascia negli occhi e nelle orecchie un latrato, il botto di “una rana scoppiata”, l’immagine di “un cane che corre / senza zampe in un fossato”, un “buco tra le costole” e la conta dei morti, disuguale e ferocemente attuale: “Conta quanti loro morti / valgono uno dei nostri”.
In absentia, che è nel titolo e nella terza sezione, si carica di molte valenze: dov’è, che cosa fa Dio davanti al male? Dio, interrogato sul bene, risponde che ne “ha sentito parlare, una volta, in una storia”, ma non interviene, attonito e sconvolto. L’indifferenza degli uomini è amplificata da quella di Dio: “Dio è un sinonimo di mai”. Forse gli animali sono da preferire, anche un topo che accompagna la notte o un cane che si avvicina a un corpo a terra.
Ma absentia è anche il silenzio quando tacciono gli spari, è assenza di vita, assenza di speranza, infatti quella che è rimasta, che serve per andare avanti, è “sopravvissuta per sbaglio”. Assenza di memoria, perché la Storia continua ad accadere contro la nostra volontà con tutti i suoi lutti: si ripete, dimentica, non insegna niente. L’uomo – “Il respiro scoppiato per caso / tra scapole e strade. / L’uomo è un ramo / che si spezza facilmente”- è impotente nella sua fragilità davanti all’accadere della storia.
Le poesie di Canzian, ricche di elementi visivi, uditivi, olfattivi, si chiudono talora con una breve riflessione che può sembrare distaccata dal contesto, quasi una momentanea distrazione del pensiero, di assenza dal mondo, o il bisogno di prendere respiro dal dolore. Eppure, grazie a quella poca speranza che ci è data, qualche volta riusciamo a vedere due soli sulla nostra via: “Avete mai visto due soli / dal finestrino d’un treno / una ragazza sorride ignara / similpelle trattenuta”.”