29 Ottobre 2025
Sun

Maria Letizia Trento, Il piano umano. Viaggio nelle contraddizioni del Parlamento Europeo. Bordeaux Edizioni 2025, pag. 200.

 

Prima di arrivare al Parlamento Europeo, Maria Letizia Trento era una life coach e lo è ancora, insegnava cioè a raggiungere gli obiettivi, anche in ambito sportivo, e amava la piscina: insegnare il nuoto, stare ore sul bordo piscina con gli occhi fissi su braccia e gambe, può essere stato un allenamento per l’osservazione e l’ascolto dei bisogni altrui.

Anche a Bruxelles e a Strasburgo si è sempre concessa almeno mezz’ora di nuoto prima di entrare in Parlamento, perché nuotare la aiuta a pensare: “l’acqua è il mio spazio felice in cui penso e metto a posto i pensieri.”

Trovarsi in un contesto del genere, a cui era arrivata senza che fosse nei suoi progetti, mossa tuttavia da un “goffo tentativo di democrazia diretta” che la attirava perché in fondo ci aveva visto del buono, le ha procurato un senso di smarrimento, prima per doversi orientare e capire – “c’è da dire che i corridoi di Bruxelles e Strasburgo si mescolano e sovrappongono nella mente. Non solo: c’è sempre una doppia scelta. Sai per certo che ne troverai uno sia percorrendo il corridoio alla tua destra, che alla tua sinistra. C’è qualcosa di diabolicamente politico anche in questo”. E non è semplice abituarsi al gergo per addetti ai lavori. Inoltre aveva l’impressione di non meritare quei soldi: “Non erano sudati come li sudavo prima. Avevano l’aria di essere sporchi. Complicati da gestire. Era difficile capire a che cosa si riferisse il loro valore. Non sapevo quale fosse il mio compito reale.”

Si è occupata di relazioni con gli stakeholders, in pratica incitando le piccole aziende a fare lobby là dove ci sono soldi da investire; ha considerato l’importanza di ascoltare in commissione il know how di professionisti e imprenditori, per essere gli occhi di chi è fuori: “I portatori d’interesse, i lobbisti, […] insomma, tutti quelli che hanno un sapere sul quale si deve fare una legge, hanno tempo e accuratezza per spiegarti il perché e il percome ciò che loro rappresentano e tutelano ha un valore. E di solito le loro argomentazioni sono ragionevoli, incontrovertibili se le si guarda dal loro punto di vista.”

Si è occupata del progetto UE per la sostenibilità ambientale, dell’agenda digitale, dell’uguaglianza di genere e dei diritti delle donne. Ha viaggiato molto, osservando, ascoltando, conoscendo la ricchezza di altre culture attraverso il contatto con la gente: “In giro vedo modi simili di affrontare la fatica di esistere. Questo ci accomuna alla fine. Oltre la politica e prima ancora di lei. Da qui dobbiamo partire.” Ha cercato di rendere più umano il il PE, dove si affrontano aspetti internazionali di geopolitica, dove molte questioni arrivano da tanto dolore, dove un esercito di senzatetto si accampa vicino alla sede senza che si affronti il problema al suo interno. Eppure lì si ha nelle mani un grande potere, ma l’Europa nella sua diversità è “troppo complessa” per arrivare a soluzioni rapide, da qui una diffusa sfiducia nelle Istituzioni, e anche dall’interno si lamenta lo scarso impatto esterno del PE. Del resto “Il bisogno di comunicare all’esterno gli sforzi e il lavoro fatto, aspetti fondamentali per il consolidamento del consenso, finivano generalmente per attrarre un tipo di persona che per sua natura è costantemente in cerca del consenso altrui.”

Il Parlamento è il luogo del dibattito per eccellenza: “Penso al lavoro certosino sugli emendamenti. A quella “parola” su cui si dibatte per settimane e ai piani di azione che avrebbero effetti potentissimi e che rimangono invisi.” Difficile poi la messa in pratica:“Le grandi innovazioni, le grandi sfide vanno trasformate in progetti per il miglioramento della qualità della vita umana, ma è nella messa a terra che il piano delle parole e quello dei fatti mostrano molteplici livelli di discrepanza ed è in questa transizione che si origina il disagio maggiore.”

Ma questa è la democrazia: Letizia Trento riporta il pensiero di Tocqueville quando diceva che in democrazia i voti si contano ma non si pesano. Sicché la quantità finisce col valere più della qualità e i non intelligenti finiscono sempre per comandare rovinando la democrazia, che “se muore quella possiamo andare a farci friggere.”

Anni di impegno, di ascolto, di proposte per svecchiare abitudini anacronistiche, sempre con la valigia pronta tra Bruxelles e Strasburgo, sempre capace di leggere ogni situazione: “So per certo che se ne vedevano di tutti i colori. Il Parlamento è un posto strano, abbastanza faticoso da reggere. E l’umanità dà il peggio di sé in certi momenti. Il funzionario deve gestire rabbie, discussioni, violenza, arroganza, manipolazione. […] È incredibile come si comportano gli esseri umani quando sono nei luoghi del “potere.”

Il contatto umano da lei è sempre cercato, in qualsiasi parte del mondo si trovi, o nel suo settimanale incontro con un sensatetto, le mani piene di caramelle, a chiacchierare con lui fumando una sigaretta. Sempre oggettiva, spesso ironica e divertente, scrive: “non biasimo i cittadini per l’idea che hanno dei politici. A volte ho la sensazione anch’io di vedere dei cadaveri. A volte non si capisce se lo facciano per stare attaccati alla sella o alla poltrona. A volte le due cose coincidono. E vedi questi corpi inerti che prima di perdere i sensi si sono legati alla sella con la cinghia.”

Sperimentando la grandezza, l’importanza, ma allo stesso tempo le contraddizioni delle Istituzioni, ha conosciuto meglio una “democrazia rappresentativa nella quale qualcuno è più avanti e qualcuno, inevitabilmente, finisce per rimanere indietro. In cui uno non vale uno.” Secondo Maria Letizia Trento “L’Europa dovrebbe trovare un modo per mettere insieme il meglio di ogni impostazione educativa. Così ci sarebbero cittadini europei tirati su con il miglior amore.”

Marisa Cecchetti

Marisa Cecchetti vive a Lucca. Insegnante di Lettere, ha collaborato a varie riviste e testate culturali. Tra le sue ultime pubblicazioni i racconti Maschile femminile plurale (Giovane Holden 2012), il romanzo Il fossato (Giovane Holden 2014), la silloge Come di solo andata (Il Foglio 2013). Ha tradotto poesie di Barolong Seboni pubblicate da LietoColle (2010): Nell’aria inquieta del Kalahari.