L’inutile indignazione
Ci sono dei fatti acclarati. Ed è sui fatti che si costruiscono le analisi e le battaglie politiche. Almeno questo è quello che si dovrebbe fare nel mondo reale. Quindi prendiamo il recente evento della Global Sumud Flotilla e forniamo due informazioni basate su dati di fatto acclarati.
- Il “rapporto Palmer” del 2011 (commissionato da ONU) ha decretato valido e legale il controllo e il blocco navale israeliano nel mare antistante la striscia di Gaza;
- La nave Alma, la più grande, è stata trovata con la stiva vuota, senza aiuti umanitari, e in tutto gli aiuti portati con le barche ammontano a circa 9 tonnellate.
Le città italiane sono state invase da cittadini che in buona fede hanno aderito allo sciopero generale, indetto dalla CGIL per il blocco navale causato alla Global Sumud Flotilla. Quali sono le cause di tutta questa mobilitazione, se i due fatti esposti sopra sono veri?
Oggi si dice che la mobilitazione propal è un movimento popolare. E si usano categorie predigitali per indicarne le origini, come quella che sostiene tutto sia partito dalla società e la politica ne vive di riflesso. In realtà la mobilitazione propal è cominciata subito dopo la strage del 7 ottobre, in cui sono state torturate, bruciate, violentate e uccise quasi 1.200 persone due anni fa. E oggi prosegue, con eventi parossistici, anche mentre è sul tavolo il piano di pace americano/arabo. Parossistici perché se fino a ieri la gente scendeva in piazza a manifestare per Gaza, adesso si fa lo sciopero generale in difesa di un’iniziativa già conclusa, cioè la Global Sumud Flotilla, finanziata in parte dai Fratelli Musulmani e da Hamas, e che è ormai finita col rimpatrio dei naviganti.
All’inizio il movimento propal è stato promosso su piattaforme internazionali da hacker russi finanziati da Putin, che ha visto nello scenario mediorientale di fine 2023 il palcoscenico adatto per attrarre tutta l’attenzione del Mondo, distogliendo così lo sguardo dalla sua invasione in Ucraina. Poi tutto è proseguito con varie regie, in varie parti del Mondo (soprattutto tra alcuni Paesi arabi), con l’intento di tornare a mettere in discussione la nazione israeliana. Le regie sono quindi molteplici: gli emiri qatarini hanno sostenuto molto la narrazione di Hamas (anche se adesso col nuovo piano di pace sembrano allineati ai sauditi contro Iran e Hamas, e contro il jihad islamista); la tv Al-Jazeera, megafono del Qatar e di Hamas; l’Iran; alcune ONG legate al globalismo “anti-colonialista”; alcune organizzazione delle Nazione Unite come UNRWA; certa intellighenzia delle università americane ed europee; seconde e terze generazioni di immigrati economicamente depresse nelle periferie delle città europee; alcune piccole sigle molto antagoniste.
Certo c’è anche altro, ma questo elenco è un po’ la base che ha chiamato la politica a schierarsi in maniera manichea. Certo nel maggior partito di sinistra, il PD, si sarebbe potuto ragionare con analisi storiche oggettive e cercando di fare quello che dovrebbe fare un partito politico di sinistra: fare sintesi e suggerire un percorso di buon senso. E invece no, ci si è accodati agli antagonisti a tutti i costi. Anche quando tutto era finito, la flotilla si era incastrata vicino alla zona di guerra, fermata da IDF, cioè dai legittimi controllori di quel pezzo di mare. E lo sciopero generale, in tutta la sua teatralità e la sua inutilità è avvenuto a ridosso del fine settimana, proprio un giorno dopo che tutti i Paesi arabi, insieme a USA e Israele, e compresa l’Autorità Nazionale Palestinese, il Qatar e una parte della stessa Hamas avevano già aderito al piano di pace.
Il PD ha dunque preferito allinearsi alla propaganda hamasiana che vuole una “Palestina libera dal fiume al mare” (cioè con la distruzione di Israele).