Addio a Ornella Vanoni
Oggi, in fila in via Dante, per raggiungere il Piccolo Teatro e rendere omaggio a Ornella Vanoni.
Una fila composta, di giovani e anziani. Tante ragazze. La fila si allungava mentre si avvicinava l’ora di pranzo. In via Rovello, di fronte al teatro tutte le televisioni e i giornalisti delle maggiori testate nazionali.
Si entra, si scende verso la sala e, di fronte agli stendardi del Comune di Milano, dell’Area Metropolitana milanese, della Regione Lombardia, e il picchetto in alta uniforme delle forze dell’ordine, c’è la bara chiusa con dentro la Vanoni. A terra molti mazzi di fiori.
La fila scorre velocemente, ma lascia un momento per un inchino col capo, un gesto della mano, una lacrima che scende sulla guancia. A basso volume, gira in loop il refrain “domani è un altro giorno si vedrà”, con la voce suadente e pervasiva della Vanoni. Una voce che, come l’acqua, riempie tutti i vuoti; non gioca sulla dinamicità e i passaggi di tonalità, mentre si allarga melodicamente nel fraseggio.
Si torna sopra, passando davanti al pianoforte verticale, donato al Piccolo dalla moglie di Fiorenzo Carpi. Fuori dall’uscita un mucchio di treppiedi e cavalletti di operatori e fotografi. Più che emozione, tra i partecipanti all’omaggio funebre alla grande artista, si nota riconoscenza per la carriera e per le ultime apparizioni televisive, sempre molto divertenti e profonde al tempo stesso.
Sulla stampa molti hanno messo in evidenza la simpatia della Vanoni, la sua presenza di donna libera e anticonformista. E sono proprio queste caratteristiche che l’hanno rese, anche nell’ultimo periodo della sua esistenza, tanto amata dal pubblico.
