Antisemitismo: strage in Australia
Niente di nuovo: due islamici radicalizzati imbracciano delle armi e si mettono a uccidere ebrei. Sono due musulmani affiliati all’Isis dal 2019, che vivono da tempo in Australia, un luogo decisamente sicuro, fuori dalle rotte dell’immigrazionismo africano o asiatico, un Paese che ha contingentato la possibilità di richiedere la cittadinanza e alquanto duro sul tema. Ma all’improvviso padre e figlio si radicalizzano…
Com’è possibile? È una domanda cui, probabilmente non sapremo mai dare una risposta. Ma il punto è chiaro: a distanza di appena 80 anni dalla Shoah, dal genocidio degli ebrei (quello sì, davvero, un genocidio) nelle fabbriche della morte nazifasciste, torna potente il vento dell’antisemitismo in tutto il Mondo. Le cause sono varie e mutevoli, ma al fondo c’è sempre la solita trita menzogna sull’ebreo.
Ne dovrebbero essere fieri tutti coloro che in piena incoscienza danno voce alle bugie degli islamisti radicali sul tema palestinese; tutti quegli ebrei che nello “spirito dell’erranza” giudicano se e quanto dovrebbero difendersi gli ebrei in Israele; tutti quei politici (soprattutto di sinistra) che soffiano sul fuoco dell’antisionismo e dell’antisemitismo per stare al passo con una diffusa pretesa di stare “dalla parte giusta” della storia, quella dei banditi e dei torturatori di Hamas e delle bande islamiche dei Fratelli Musulmani, di Hezbollah, degli Houthi, che fanno riferimento alle prediche rozze e mortifere di Iran e Qatar; la voce dei troppi pseudo-giornalistucoli di Al-Jazeera e altre testate editoriali che hanno messo sotto i piedi e calpestato il minimo sindacale della professione e dei suoi dettami deontologici.
Siamo di nuovo qui. Ogni volta siamo in mezzo a questo letame. Mentre nel Mondo si scrive “Morte a Israele”, “Hell Israel”, “Sionisti a morte”, “Ebrei fogne”, Cento, mille Auschwitz”, e avanti di questo passo.
Quelle bandiere palestinesi che in Occidente si ama tanto sventolare, sono il peggior servizio ai palestinesi che si possa fare, e il segno dell’incarognimento che autorizza due musulmani di Sidney a imbracciare il fucile, scendere in spiaggia e uccidere 16 ebrei durante il Natale ebraico.
Almeno 50 colpi di fucile contro le famiglie riunite in riva al mare per celebrare la festività di Hanukkah, il festival delle luci dell’ebraismo: è finito nel sangue, con una delle più gravi stragi d’odio antisemita al di fuori di Israele – 16 morti e circa 60 feriti – un pomeriggio di festa a Bondi Beach, la celebre spiaggia di Sydney, in Australia. Due uomini hanno aperto il fuoco sulla folla: uno è stato ucciso, l’altro è gravemente ferito. A neutralizzarli l’intervento della polizia ma anche il coraggio di un fruttivendolo musulmano che ha disarmato a mani nude uno degli attentatori. Prima però gli attentatori hanno fatto in tempo a seminare il terrore: tra le vittime ci sono anche il rabbino di Sydney Eli Schlanger, una bambina di 12 anni e un sopravvissuto all’Olocausto. Due agenti di polizia sono gravissimi. Una carneficina, che poteva essere persino più grave: la polizia ha trovato rudimentali ordigni esplosivi su un veicolo nella zona dell’attacco. Di uno degli attentatori è noto il nome: Naveed Akram, 24 anni. Fonti informate parlano di origini pakistane ma le autorità non confermano. La sua casa, nella zona sud-occidentale di Sydney, è stata perquisita e più tardi ne è uscito un uomo ammanettato. “Uno di questi individui ci era noto, ma non in una prospettiva di minaccia immediata” ha fatto sapere l’intelligence di Canberra. Anche due donne sono state portate via dalla polizia. Le indagini proseguono.
“Un atto di malvagio antisemitismo che ha colpito al cuore la nazione – ha commentato intanto il primo ministro Anthony Albanese – Il male che si è scatenato a Bondi Beach è incomprensibile”. All’Australia e alla sua comunità ebraica è arrivata la solidarietà dei principali leader internazionali, insieme a quella della comunità musulmana australiana e dell’Autorità Nazionale Palestinese.
Israele però ha puntato il dito contro Canberra, ‘colpevole’ a suo dire di avere tra l’altro riconosciuto lo Stato Palestinese con Hamas in sella: il governo australiano “ha gettato benzina sul fuoco dell’antisemitismo – ha affermato il premier Benyamin Netanyahu – Si diffonde quando i leader rimangono in silenzio”. La strage è avvenuta nel tardo pomeriggio. La festa ‘Chanukah by the Sea’ era iniziata alle 17 ora locale ad Archer Park, una spianata erbosa proprio a ridosso della spiaggia. La locandina dell’evento prometteva “spettacoli dal vivo, musica, giochi e divertimento per tutte le età”. “Portate i vostri amici, portate la famiglia – si legge sui volantini – Riempiamo Bondi di gioia e di luce!”. Ci sono circa mille persone alla festa. È domenica, anche la spiaggia è ancora piena di gente. Uno sparo, poi altri, poi altri ancora: sembrano non finire mai, riferiranno i testimoni. E’ il panico. La prima telefonata al numero d’emergenza arriva alle 18,47. Alle spalle del parco c’è uno stradone, Campbell Parade, con un ponte pedonale rialzato: un punto di fuoco ideale per il prato della festa. È da qui che due uomini in maglietta nera caricano, mirano, sparano sulla gente coi loro fucili, poi ricaricano e sparano ancora. Uno dei due scende dal ponte imbracciando l’arma e riprende a far fuoco da lì. È un errore: un passante, Ahmed al Ahmed, 43 anni, trova il coraggio di sgusciare tra le macchine parcheggiate e salta addosso al terrorista, gli strappa il fucile di mano e glielo punta contro. “Un vero eroe – dirà più tardi il premier del Nuovo Galles del Sud Chris Minns – Molte persone questa notte sono vive grazie a lui”.
Il terrorista ormai disarmato perde l’equilibrio, poi si rialza e torna verso il ponte dal complice, che nel frattempo vedendo l’altro in difficoltà spara contro Ahmed, ferendolo al braccio. Un video girato da un drone che volteggia sopra il ponte riprende poco dopo il criminale già a terra, privo di sensi. L’altro terrorista è ancora in piedi e continua a fare fuoco, da un lato del ponte e poi dall’altro, riparandosi dietro le spallette, ma gli agenti che avanzano sparando tra le auto ormai lo hanno accerchiato. Viene colpito anche lui, cade al suolo. È finita. I bagnini aiutano a portare via i feriti sulle tavole da surf. Sulla spiaggia di Bondi, quando ormai è calato il sole, restano il suono delle sirene e il pianto di chi era andato al mare per partecipare a una festa e si è ritrovato, senza nessuna colpa, vittima di una mattanza.
[tratto da ANSA con inserti della redazione]
