L’immigrazione illegale incide sulla speranze economiche
Christine Lagarde crede che i lavoratori stranieri possano dare impulso all’economia europea. Il 23 agosto, durante il simposio annuale della Federal Reserve statunitense tenutosi nel Wyoming, la presidente della BCE ha parlato dell’importante ruolo svolto dai lavoratori stranieri nella ripresa economica dell’eurozona (cioè non dell’intera UE) dopo la pandemia di coronavirus. (1)
Secondo Lagarde, la metà dell’aumento del 4,1% dell’occupazione tra la fine del 2021 e la metà del 2025 è attribuibile agli immigrati, il che dimostra chiaramente la loro importanza nel mercato del lavoro dell’UE, dove costituiscono solo il 9% della forza lavoro. Citando la Germania come esempio, dove il PIL sarebbe stato inferiore del 6% senza la manodopera straniera, l’economista ha concluso che la migrazione potrebbe svolgere “un ruolo cruciale nell’alleviare la carenza di manodopera con l’invecchiamento della popolazione autoctona”.
Tuttavia, prima di pensare di aver trovato l’elisir per le sfide che l’UE – o almeno l’eurozona – deve affrontare e di iniziare a noleggiare voli per Dakar per importare manodopera straniera senza mettere in discussione tali affermazioni, vale la pena contestualizzare i dati di Lagarde e sottoporli ad un’analisi approfondita.
Primo, è importante sottolineare che la pandemia di coronavirus ha avuto un impatto particolarmente grave sui settori che impiegano un numero elevato di lavoratori stranieri, ovvero il settore dei servizi, compresi il turismo e l’ospitalità. I lavoratori di questi settori hanno perso il lavoro in massa nel 2020-21, e la ripresa post-pandemia e la creazione di posti di lavoro sono in parte legate al fatto che questi settori hanno ritrovato il loro equilibrio. In altre parole, non sono stati creati nuovi posti di lavoro, ma riattivate posizioni precedentemente chiuse.
Non sorprende che gli immigrati abbiano tassi di occupazione elevati. Si tratta di una legge sociologica: la maggior parte dei lavoratori stranieri regolari proviene dal segmento giovane e intraprendente all´interno della società, i cui tassi di occupazione sono quindi spesso più elevati rispetto a quelli della società ospitante, gravata da vari fattori quali l’esclusione dal mercato del lavoro, la piramide demografica, lo stato di salute e altri fattori che inficiano le statistiche complessive.
Tuttavia, è importante distinguere tra immigrazione legale e illegale. Sebbene Lagarde e molti altri ritengano che l’immigrazione di massa stia salvando il mercato del lavoro dell’UE dal collasso, questo potrebbe essere vero solo per l’immigrazione legale, se pure. L’integrazione degli immigrati irregolari nel mercato del lavoro è un processo estremamente lento e spesso infruttuoso. In particolare, solo il 54% dei beneficiari di protezione sussidiaria in Germania trova lavoro, dopo sei anni di permanenza. (2) Il divario di genere è particolarmente preoccupante: mentre il 67% degli uomini trova lavoro dopo sei anni in Germania, la percentuale delle donne è solo del 23%. Poi, occorre considerare le possibilità di trovare un lavoro dopo sei anni di disoccupazione. E vale la pena ricordare che, in base agli standard dell’OCSE, chiunque lavori almeno un giorno in un dato mese è considerato occupato in Germania.
Quindi non si può certo parlare di autosufficienza per queste persone: nel 2023 il governo federale tedesco ha speso 29,7 miliardi di euro per il sistema di asilo e integrazione. (3) La cifra non include i sussidi dei Länder per le spese di alloggio e di sostentamento, né i costi degli assistenti sociali, che ammontano a decine di miliardi di euro in più. È quindi un errore marchiano pensare che un sistema di asilo dell’UE istituito per scopi umanitari risolverà i problemi del mercato del lavoro e demografici. Senza contare che, a parte le persone riconosciute come rifugiati, coloro che cercano di entrare illegalmente nell’UE sono persone che possono immaginare il loro futuro qui, ma non hanno le competenze linguistiche o le qualifiche richieste dal mercato del lavoro dell’UE, il che impedisce loro di entrare legalmente negli Stati membri. E questo non cambierà perché sono arrivati qui.
Il discorso di Lagarde invita anche ad approfondire il significato del termine “lavoratori stranieri”. Per l’eurozona, questi includono anche i lavoratori provenienti da altri Stati membri dell’UE. Anche in questo caso, le statistiche evidenziano differenze significative. I tassi di occupazione dei lavoratori provenienti da paesi non membri dell’UE sono in media inferiori del 10% rispetto alla media dei paesi ospitanti. (4) Ci sono differenze notevoli, cosa che non sorprende nel caso dei paesi che hanno accolto il maggior numero di immigrati irregolari negli ultimi decenni. In Germania la differenza è di 20 punti percentuali (59,6% contro 79,8%), in Belgio di 19 (48,9% contro 67,7%) e in Francia di quasi 14 (56,2% contro 69,8%). Il quadro complessivo è ancora peggiore se si confrontano i dati sui recenti immigrati extracomunitari con le statistiche relative ai cittadini dei paesi ospitanti: qui si riscontra una differenza media del 21% a favore dei locali, mentre in Germania il divario si allarga a 27 punti percentuali, in Belgio a 26 e in Francia a 21. Di fronte a tali dati, è difficile immaginare che la soluzione alle sfide del mercato del lavoro dell’UE possa venire da coloro che arrivano da fuori dell’Unione. (5)
Infine, come promesso, qualche parola sui presunti benefici economici della migrazione. Citando le statistiche, sempre più esperti mettono in dubbio la validità di questa teoria. Citiamo qui l’analisi monumentale di Jan Van de Beek e dei suoi colleghi ricercatori sui costi della politica olandese in materia di immigrazione. Secondo i loro risultati, tra il 1995 e il 2019 la migrazione ha causato una perdita netta di 400 miliardi di euro al bilancio olandese, un importo equivalente al totale delle entrate olandesi derivanti dal gas naturale dal 1960 ad oggi. (6) In altre parole, questa era la differenza tra la spesa pubblica e comunale per gli immigrati e il loro contributo in termini di tasse pagate. Il divario può essere spiegato dal fatto che la maggior parte dei nuovi arrivati ha accettato lavori poco retribuiti con un carico fiscale minimo, facendo ampio ricorso al sistema di welfare olandese. E non si tratta di un caso isolato: nel 2022, il 54% delle famiglie con un background migratorio negli Stati Uniti ha ricevuto una qualche forma di assistenza governativa, rispetto al solo 39% di quelle nate negli Stati Uniti. (7)
Tutto ciò dimostra che dobbiamo usare cautela riguardo ai presunti benefici economici della migrazione e alle dichiarazioni ottimistiche della Lagarde. Dobbiamo continuare a valutare attentamente chi ammettiamo nell’UE e per quale scopo.
Note:
- Europe’s economy can’t grow without migrants, Lagarde warns – POLITICO
- Access to the labour market – Asylum Information Database | European Council on Refugees and Exiles
- Refugees and asylum Germany: Federal expenditure| Statista
- [lfsa_ergan] Employment rates by sex, age and citizenship (%)
- [lfst_rimgenga] Employed recent immigrants by sex, age and citizenship
- Borderless_Welfare_State-2.pdf
- Welfare Use by Immigrants and the U.S.-Born
di Viktor Marsai – Migration Research Institute MCC Budapest