Agostinelli: poesia come disponibilità
Se si dovesse tentare di definire il tratto fondamentale della poesia di Alessandro Agostinelli si potrebbe usare la parola ‘disponibilità’. […]
Questa poesia non nasce, in prima battuta, da altra poesia ma da uno sguardo ampio, pronto a cogliere il poetico ovunque, attraverso sensazioni che possono emergere in qualunque circostanza e di fronte a qualunque “thing”. […] Una concezione come questa si è concretizzata, nel tempo, in molte e importanti iniziative, che Agostinelli ha promosso per modificare in panorama un po’ monotono della lirica ‘ufficiale’ italiana, riuscendo a far conoscere nuovi poeti sia nazionali sia stranieri.
[Nella sua poesia] una nota dominante deriva dalla mescolanza di sogno-utopia e tendenza alla fuga. Sono elementi che, sommariamente, forniscono delle coordinate chiare: la cultura beat degli anni Cinquanta e Sessanta […] si rianima qui non tanto nelle forme quanto nelle prospettive, nel desiderio di un desiderio che spesso pare il vero argomento di fondo. Ma questa propensione non elimina il confronto con la realtà in quanto durezza del vivere, [come in alcuni poemi] dai toni pasoliniani.
Da un confronto incessante con le potenzialità del Mondo nasce ancora la cifra più propriamente lirica della [sua poesia].
Non è certo il neoermetismo a interessare Agostinelli, bensì la liricità come via privilegiata di contatto, attraverso ricordi e impressioni che devono condurre non a un intimismo compiaciuto ma a un netto riconoscimento della necessità di misurare se stessi e il Mondo per arrivare al “nervo e sapere”, che è in fondo il vero obiettivo di ogni percorso poetico integrale e non solo intellettuale.
[tratto da postfazione a Poesia della linea orange, Edizioni ETS, dicembre 2008]