Schengen e l’Europa
Su La Repubblica, a pagina 2: “Schengen, la battaglia dei confini”. Scrive Andrea Tarquini che oggi ad Amsterdam il vertice dei ministri dell’Interno dell’Unione europea sui migranti è atteso come una scadenza decisiva non soltanto per la libera circolazione tra i Paesi dell’area Schengen, ma per l’avvenire stesso dell’Unione e della moneta unica. Nelle ultime ore, alcuni Paesi-chiave come Germania, Austria, Danimarca, Svezia e Norvegia, hanno chiesto la proroga fino al 2017 dei controlli provvisori al confine. Posizione cui l’Italia e altri Pesi si oppongono duramente. A sorpresa il premier britannico Cameron ha promesso di accogliere 3.000 bimbi siriani e 20mila profughi f campi vicini al Paese arabo. Ma a Berlino sale la sfida dei falchi ad Angela Merkel e all’Europa meridionale. Julia Kloeckner, vicepresidente della Cdu e finora fedelissima della leader, l’ha attaccata duramente: ha proposto di ridurre gli ingressi e creare ai confini centri di raccolta dove i richiedenti asilo vengano distinti dai profughi economici, subito espulsi. L’idea è creare hotspot in Germania. Attacco implicito a Italia e Grecia, accusate di non istituirli. L’offensiva di Kloeckner arriva dopo un crollo della CduCsu nei sondaggi, dal 39% al 32%, con gli xenofobi di Alternative fur Deutschland che sarebbero terzo partito.
Su La Repubblica, pagina 2: “Così il ritorno delle frontiere spezza il sogno dell’Europa”, di Paolo Rumiz. “Ne so qualcosa di frontiere che si fanno e si disfano. Sono nato a Trieste, a uno sputo della Jugoslavia”, la nonna materna “senza muoversi mai da Treiste aveva cambiato sei bandiere: austriaca, italiana, germanica, jugoslava, del Governo militare alleato e dell’Italia democratica”; “forse c’è qualcosa che non abbiamo capito di quelle tracce divisorie spesso ereditate dall’antichità o dal medio evo. Ripenso al confine di casa mia e ricordo che quando cadde, poco più di sette anni fa, dietro la gioia si fece strada un senso di perdita”, e “solo più tardi capii” che con quella frontiera porosa se ne andava un elemento di ordine del mio mondo. Ma “se non ci sentiamo più protetti dai muri esterni della casa comune, forse è anche perché una patria europea non è mai nata”.
A pagina 3 la riflessione di Ilvo Diamanti: “La nostra identità in quel trattato. Non può bastare la moneta unica”, “La globalizzazione è allungamento dei processi e delle relazioni, nello spazio e nel tempo”. Sarebbe sbagliato -scrive Diamanti- “trattare i ‘confini’ semplicemente come un problema. Da superare e, possibilmente, eliminare. Per dare forza alla sovranità e all’identità europea. Le frontiere e i confini servono. Sono necessari. Non solo sul piano istituzionale, ma anche cognitivo”, come le mappe, “servono a orientarci, a rappresentare il mondo intorno a noi”; “l’Eiropa: dove comincia e dove finisce? Chi ne fa parte? Che ne farà parte? Difficile comprenderlo. Tanto più se, invece di indicare un limes, un territorio condiviso, che distingua noi dagli altri, i governi nazionali sono impegnati a erigere barriere interne all’Europa, invece di delineare e condividere quelle esterne”.
Nell’editoriale di Danilo Taino sul Corriere della Sera a pagina 27: “L’avanzata della destra mette in difficoltà la Merkel”: “non era mai successo che un partito di destra estrema raccogliesse favori a doppia cifra”, “la Germania -Ovest prima e riunificata dopo è da sempre un Paese che si governa al centro, qualche volta a sinistra”; l’avanzata di AfD per ora non minaccia questa regola, ma tende a spostare dibattito e scelte politiche, perché “per non lasciarle spazio, una parte dei conservatori dell’Unione Cdu-Csu vorrebbero fare proprie alcune sue parole d’ordine, non quelle xenofobe, ma almeno quelle di netta limitazione del numero dei rifugiati cui dare asilo”.
Sul Corriere della Sera, a pagina 2, Fiorenza Sarzanini scrive che l’ultimo tentativo per tenere in vita il Trattato di Schengen passa dalla proposta informale, che sarà formulata oggi da Italia e Germania: lo Stato che vorrà ripristinare temporaneamente i i controlli alle frontiere dovrà concordare l’iniziativa con gli altri Paesi dell’Unione. In questo modo si creerà un tavolo di coordinamento per evitare iniziative estemporanee che mettono in difficoltà gli altri partner e rischiano di far saltare l’intero sistema. Si cercherà insomma una mediazione con chi difende la linea dura della blindatura dei confini esterni: Danimarca, Austria e Svezia hanno già chiuso i confini con un provvedimento unilaterale e, con l’appoggio di Polonia e Ungheria, insisteranno per una sospensione di Schenge per almeno due anni. A maggio i controlli alle loro frontiere dovranno infatti essere interrotti e questo ha alimentato l’ipotesi che vogliano creare una sorta di mini-Schengen alla quale parteciperebbero la Germania (che ha preso un provvedimento analogo giustificandolo come necessario di fronte alle iniziative confinanti) e il Belgio, anche se gli analisti sono scettici e ritengono si tratti esclusivamente di una forma di pressione nei confronti di Italia e Grecia affinché rendano operativi i centri di identificazione, i cosiddetti ‘hotspot’, sui quali la cancelliera Merkel ha ribadito di voler “prestare attenzione”. Ieri il commissario Ue alle migrazioni Avramopoulos ha smentito in maniera categorica: “non esiste alcun piano di questo tipo”, ha detto, riferendosi all’ipotesi anticipata dal Financial Times di un’estromissione di Atene dall’area Schengen. E il ministro degli Esteri tedesco Steinmeier ha rincaratto la dose: “Le soluzioni come l’esclusione di alcuni Stati non risolvono nulla”, ha detto.
Il Messaggero intervista lo stesso commissario Avramopoulos: “A rischio l’unità europea, aiutiamo Italia e Grecia”. Nel 2108, dice, “non è in gioco solo Schengen, si tratta dell’unità europea nel suo insieme”, “Non si può essere guidati dalla paura o frenati dai populismi”. Né Grecia né Italia, dice, sono pienamente preparati ad affrontare la questione della “pressione migratoria”: “tutti e due i Paesi hanno fatto molti progressi, ma purtroppo ancora non abbiamo raggiunto l’obiettivo finale”; e “non si tratta di ridurre i flussi, ma di gestirli meglio. La riduzione dei flussi dovrebbe avvenire alla loro origine, o comunque nella zona dove si creano: attraverso una soluzione politica in Siria, ed una soluzione con la Turchia, combattendo i trafficanti ed offrendo migliori condizioni socio-economiche ai rifugiati in Turchia. Ma ciò che dovrebbe esser fatto meglio è la registrazione completa delle persone negli hotspot. Riducendo i flussi secondari ed irregolari, e velocizzando le riallocazioni”.
A pagina 2: “In minoranza nella Ue e in Germania, l’inverno difficile di Angela ‘la solitaria’”, “Sull’accoglienza anche l’Austria di smarca dalla cancelliera. E c’è chi vorrebbe sostituirla con Schaeuble”.
Ancora su Il Messaggero, pagina 2: “L’Europa decide il futuro di Schengen ma invia agenti ai confini macedoni”, “Oggi vertice ad Amsterdam. Alfano: ‘Nessun passo indietro sullo spazio Ue. Pattuglie di Frontex per fermare i migranti dalla Grecia”.
[26 gennaio 2016]