“Room” (L. Abrahamson, IRL-CAN 2015)
Questo film, che ha garantito alla protagonista Brie Larson (Joy, la madre) l’Oscar come migliore attrice nel 2016 (già vincitrice di un Golden Globe), racconta la storia di Jack, un bambino che non ha conosciuto sino a cinque anni il mondo esterno. Ha sempre vissuto in un sottoscala, un appartamento angusto di pochi metri quadrati nel quale la madre ha cercato di costruire un ambiente sopportabile, fatto di quotidianità e consuetudini semplici, in attesa di una liberazione. La liberazione è quella da colui che li ha segregati, da anni, un violento losco figuro che continua ad abusare della donna. Quando Jack inizia a crescere, a chiedersi dove vivono e perché, inizia a prosi domande, a verificare anche attraverso la TV che il mondo non può che essere fuori di lì, Joy riesce a ideare una evasione avventurosa salvando il figlio.
La parte migliore del film è senza dubbio quella iniziale, nella quale si analizza la sofferenza della anomala e claustrofobica situazione, nella quale la costruzione e la difesa dell’universo finto da parte di Joy come atto di amore verso il figlio in quello che di fatto è poco più di un buco, di una scatola, è molto emotivamente efficace.
Meritevole di essere visto, nonostante sia privo di colpi di scena.