Obama a Cuba
Su La Repubblica la corrispondenza di Federico Rampini da L’Avana: “La promessa di Obama: ‘E’ un giorno nuovo per Cuba e Stati Uniti. E l’embargo finirà’”, “Accoglienza trionfale per il presidente Usa nelle strade della capitale. L’incontro con il leader comunista e il braccio di ferro sui diritti umani: ‘Continueremo a dirvi quello che pensiamo’. Secca risposta di Raul Castro: ‘Qui non ci sono prigionieri politici’”. Scrive Rampini che l’incontro fra i due è stato “cauto e spigoloso”. Castro ha incalzato Obama sulla rimozione dell’embargo, che dipende dal Congresso Usa: “Finché non viene cancellato tutto il Bloquéo, le misure che lei ha preso finora sono positive ma insufficienti. L’embargo resta il più grave ostacolo allo sviluppo del popolo cubano”. Poi accenna ai “territori illegalmente occupati che vanno restituiti”, riferendosi a Guantanamo. Obama: “Continueremo a dirvi quel che pensiamo sui diritti umani”, “e poiché volete che il Congresso tolga l’embargo, sia chiaro che la questione dei diritti umani può essere un elemento irritante, che ritarda la rimozione delle sanzioni. Ma alla fine l’embargo finirà”.
L’incidente arriva in conferenza stampa: un’anchorwoman americana, Andrea Mitchell di Nbc, chiede a Castro perché non libera i prigionieri politici. Castro si spazientisce: “Non esistono prigionieri politici. Se ne conoscete qualcuno, portatemi nomi e cognomi, li liberiamo subito”. Sulla pagina di fianco, lo stesso Rampini spiega “la disputa sul destino di Guantanamo”: uno dei più stretti collaboratori di Obama, off-the-record, dice che la richiesta cubana della restituzione “ha fondamento giuridico”. Ospita il supercarcere che Obama ha promesso di chiudere, ma il Congresso repubblicano ha sempre bloccato i suoi piani, figurarsi restituirlo ai castristi. Ci sono altre opzioni: un affitto a caro prezzo o la trasformazione in parco naturale affidato a un organismo sovranazionale.
Sulla stessa pagina il racconto dell’inviato a L’Avana Omero Ciai: “Tra la folla in festa per Barack, ‘Dacci il visto per l’America, vogliamo libertà e benessere’”.
A pagina 25 l’analisi di Roberto Toscano: “L’impossibile diventa reale”. A breve distanza dalla visita a Cuba del Papa argentino, è atterrato a L’Avana un presidente afroamericano: è un presidente che ha lo stesso anno di nascita, il 1961, dell’autorizzazione del Congresso a imporre a Cuba un embargo totale. Scrive ancora Toscano: “Contrariamente a quanto sostiene chi critica il suo viaggio, Obama non è a Cuba per rafforzare il regime tardo-castrista, ma per togliere ogni alibi all’opprimente ristagno di un regime che, mentre è stato capace di sostenere la lunga guerra fredda con gli Stati Uniti, ben difficilmente riuscirà a resistere alla distensione”.
Sul Corriere della Sera la corrispondenza di Giuseppe Sarcina: “’Un giorno nuovo’. I sorrisi e la diffidenza”, “Storica stretta di mano tra il presidente Usa e il leader cubano. Raùl Castro: rapporti normali solo se cedete Guantanamo. Barack insiste sui diritti umani. Ma gli affari partono (Google in testa)”. I cubani hanno chiesto che il governo degli Usa consenta di utilizzare il dollaro per regolare le transazioni internazionali, senza dover triangolare con altre valute: un’operazione che penalizza il commercio internazionale dell’isola. Il presidente Usa ha aperto e, sostanzialmente, ha dichiarato che si può fare. Poi Obama ha proposto al governo dell’Avana di puntare su Internet e ha promosso un accordo con Google. A pagina 11, in un altro articolo dello stesso Sarcina: “Ma nell’Avana della Revoluciòn Obama (per ora) non è l’eroe” (finora il calore che forse il presidente Usa si aspettava non si è visto, scrive.
E in un’intervista, il filosofo Fernando Savater, dice: “quell’isola resta una dittatura. Il commercio non basta”, “’Sogno che Obama dica: yo soy disidente’”.
Su La Stampa: “Diritti umani, la rabbia di Castro. ‘Non ci sono prigionieri politici’”, “Il leader cubano a muso duro per la domanda di un giornalista americano della Cnn. ‘Dammi la lista di quei detenuti e li libero subito’. Obama: l’embargo di sicuro finirà”. Ne scrive l’inviato a Cuba Paolo Mastrolilli, che firma anche un retroscena alla pagina seguente: “Fidel ignorato da Washington. Ma per la Casa Bianca il dopo Raùl è ancora incerto”, “per gli Usa è stato il regime a cedere pur di riaprire il dialogo”. Mimmo Candito, sulla stessa pagina, racconta il caso: “Dall’embargo ai vincoli burocratici. Le difficoltà di fare impresa sull’isola”, “mezzo milione di cubani ha avviato piccole attività private ma le aziende più grandi restano sotto il controllo dello Stato”.