400 anni di Shakespeare
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William Shakespeare morì il 23 Aprile del 1616. Lo stesso giorno del suo compleanno, che aveva festeggiato con un gruppo di amici, tra cui i drammaturghi Michael Drayton e Ben Jonson. Morì a Stratford-upon-Avon, la sua città natale, assistito dalla famiglia, e fu sepolto nella Holy Trinity Church, la stessa chiesa dove cinquantadue anni prima era stato battezzato. Non si hanno notizie certe sulla causa della morte: il Vicario di Stratford l’attribuì alla festa con gli amici (bevvero troppo, scrisse) e a quanto pare nessuno ebbe da ridire. In ogni modo l’annotazione del Vicario non è mai stata considerata come un insulto alla memoria di Shakespeare, può succedere di alzare un po’ il gomito con gli amici al pub, e mica è una vergogna, una cosa su cui stendere un velo più o meno pietoso (e infatti la nota continua a essere integralmente pubblicata anche sugli opuscoli pubblicitari della città). Se questo è vero, è tuttavia altrettanto vero che la città di Stratford ha sempre preferito celebrare il 23 Aprile come data della nascita piuttosto che della morte del suo illustre concittadino. Cominciò a farlo nel 176), vedendosi però rovinare la festa da un terribile temporale, ci riprovò nel 1816 (ma durò solo pochi anni), per poi ricordarsene quasi un secolo dopo, nel 1909, dando finalmente il via a quel programma di celebrazioni rimasto fino ad oggi invariato. Ma il 23 Aprile è anche la data della morte del Bardo e come dimenticarsene nel 2016, anno del suo 400° anniversario?
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Siamo venuti a Stratford in più di un milione. Come abbia potuto questa cittadina accoglierci tutti è un mistero. Eppure è successo (in quanto a noi grazie alle prenotazioni degli amici Louise e Tony), e la città si è dimostrata così ospitale da farci pensare che davvero tutto è possibile, almeno nella patria del Bardo. Ottimo albergo (il Best Western Grosvenor Hotel, da consigliare anche per i prezzi, accettabili), ottimi posti nei teatri (parterre, altezza palcoscenico), tutto prenotato per tempo, anche i ristoranti prima degli spettacoli, ed eccoci qui, a passeggio sulla Waterside, in attesa che il grande tributo al Bardo cominci. Il tributo ufficiale, le cerimonie a cui parteciperà anche il principe Carlo la mattina del 23 aprile, e quello a cui ci adeguiamo da subito, fatto di visite alla casa natale, agli istituti di studi, alla biblioteca fondata da Andrew Carnagie in onore di Shakespeare, e agli altri luoghi che ricordano la sua permanenza nella città, fino alla Holy Trinity Church, sua ultima dimora. Abbiamo tanta gente intorno e mai nessuno che abbia forzato le fila o tentato di fare il furbo. William Shakespeare è tanto amato quanto rispettato e tutta Stratford-on-Avon (letteralmente: strada del guado sul fiume) è permeata di questi sentimenti. E poi, già il primo giorno, abbiamo visto – o creduto di vedere – Dame Judy Dench e Sir Ian McKellen, quest’ultimo col cappello in mano di fronte alla tomba.
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Città di 27mila abitanti Stratford-on-Avon è carinissima. La città vecchia, interamente costruita sulla sponda orientale del fiume, si può visitare in un pomeriggio anche fermandosi di tanto in tanto a prendere un tè e ammirare le sue boutique. Di là dal fiume abitato dai cigni e da innumerevoli e colorati barconi, è tutto parchi e verde, un incanto sospeso in un tempo che pare non passare mai e nell’aria azzurrina, quando non piove. Ma piova o non piova si capisce perché il Bardo non abbia mai abbandonato Stratford tornando ogni anno qui da Londra, per scrivere (nella nuova casa denominata New Place) e per occuparsi delle sue terre e della sua famiglia. I fumi e la vita vorticosa di Londra gli negavano la serenità a cui teneva più di ogni altra cosa, anche il successo e la compagnia degli amici. Quella voglia di serenità (di relax, viene da dire) che gli dettò l’epitaffio scritto sulla lapide tombale: benedetto sia colui che risparmia queste pietre/ e maledetto chi muoverà le mie ossa (la maledizione è rivolta ai becchini, troppo usi a rimuovere le ossa: obbiettivo raggiunto perché nessuno in tutti questi secoli lo ha mai fatto).
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Shakespeare è, ovviamente, dappertutto: ma con garbo e misura, senza eccessi, né forzature. E’ una presenza leggera, fatta della stessa materia di cui sono fatti i sogni (la citazione è obbligata) che chi è arrivato qui non può non aver fatto, forse nell’illusione di essere stato convocato dallo spirito di Shakespeare. Uno spirito cordiale che troveremo sempre al nostro fianco. La sera, in albergo, mentre rileggiamo i testi dei drammi a cui assisteremo al Royal Shakespeare Theatre e all’attiguo Swan Theatre, Hamlet e il Faust (di Cristopher Marlowe: perché allo Swan vanno in scena i plays dei suoi contemporanei). La mattina dopo durante la visita guidata al The Other Place (teatro studio), anch’esso a pochi passi dal grande edificio sul fiume sede della Royal Shakespeare Company e dei ricordati teatri, dove si recita anche il Don Quixote ideato da James Fenton (omaggio a Miguel de Cervantes, morto il 23 Aprile del 1616, la stessa notte della morte del Bardo) e più avanti nelle tea room e nei ristoranti (tra cui lo storico Lambs) e poi di nuovo a passeggio lungo il fiume e di là dal ponte che lo attraversa, con sotto il monumento circondato dalle statue dei personaggi di Shakespeare, da Amleto a Lady Macbeth, e di fianco i Bancroft Gardens sui cui svetta la torre del grande edificio della RSC. I cigni dormono e i barconi hanno spento le luci. Lo spirito del Bardo si ritira e il resto è silenzio (altra citazione obbligata).
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Lo sapevamo già ma è sempre una sorpresa: gli spettacoli iniziano così puntualmente che ci possiamo rimettere gli orologi. Ore 13,30, il Faust di Marlowe, splendidamente recitato; ore 19,30 ma del giorno dopo l’Amleto, piatto forte del programma delle celebrazioni. Un Hamlet ambientato in Africa e recitato da attori di colore, tra tutti il magnifico Paapa Essidou. I teatri sono stati costruiti sul modello elisabbettiano e trovarci lì è anche essere trasportati indietro nel tempo, sensazione che pare gradita anche agli spettatori più illustri, compresi gli attori che di nuovo ci pare di intravedere tra il pubblico, da Judy Dench (la cui perfomance da Un sogno di mezza estate non riusciremo a vedere) a Benedict Cumberbatch. Non vedremo neanche la cerimonia inaugurale dei lavori di ripristino della casa di Shakespeare, New Place, troppa folla e troppe troupe televisive intorno al principe di Galles e alla duchessa di Cornwall (Camilla). Ma vedremo il gelso piantato nel grande giardino della casa e vedremo di nuovo lo spirito del Bardo, intento al lavoro di innesto e di potatura. Sono passati quattrocento e più anni da allora ma Shakespeare non sembra risentirne. E’ lì che ci guarda ripetendoci la prima strofa dell’iscrizione posta sotto la sua effige, di fianco alla tomba: “Fermati passeggero, perché mi passi accanto così di fretta?”.
Athos Bigongiali
Stratford-on-Avon, Aprile 2016