15 Novembre 2024
Words

La povertà italiana

Gli italiani oggi  sono davvero  poveri e non c’è bisogno dell’ISTAT con il suo nuovo rapporto 2016 per accorgersene. Basta guardarsi intorno. Cosa è successo?  Semplice. Abbiamo perso anche la Terza Guerra Mondiale. Uno scontro per le risorse, per i nuovi mercati,  le tecnologie e gli investimenti migliori. Noi siamo arrivarti tardi e male, gli altri avevano preso tutto prima, e ci hanno messo anche molti bastoni tra le ruote. Un conflitto  dove si sono sparati pochissimi colpi di mortaio ma moltissime azioni di beggar thy neighbour (“affama il tuo vicino”) e shock asimmetrici ai quali le nostre classi dirigenti, quando se ne sono accorte, ovvero quasi mai,  hanno risposto nel peggior modo possibile.

Intanto i dati: in UE i poveri, detti eufemisticamente da Eurostat “persone che vivono in gravi ristrettezze materiali”  sono scesi, nel 2015, a 41.092 milioni in tutta l’Unione, circa il 9%,  mentre nel nostro Paese la quota di veri e propri poveri è passata dall’11,6% all’11,5%, e si tratta di ben  6,982 milioni di persone. In Germania le persone che non possono permettersi le spese primarie (questo è il senso statistico della povertà oggi) sono molto meno, 3,974 milioni, in Francia sono  addirittura il 4,5%, ovvero 2,824 milioni, e in Italia sono  più poveri, percentualmente, i genitori single e gli adulti che vivono da soli.

1,47 milioni di famiglie, nel nostro Paese, sono nel triste limbo della “povertà assoluta”,  quella al di sotto del minimo vitale, il 6,8% dell’intera popolazione italiana. Al sud le famiglie indigenti sono di più,  704.000, l’8,6% del totale, mentre oltre metà delle persone senza fissa dimora, stranamente, vive al Nord, per ricordarci la gloria imperitura dello scarp de tennis cantato da Enzo Jannacci. In effetti, il mercato immobiliare non è un vero e proprio “mercato”, ma un meccanismo in cui l’offerta di abitazioni “fa” il prezzo e quindi ci si può immaginare, con gli stipendi degli italiani, quando ci sono, come si faccia a pagare l’affitto o il mutuo. Per i giovani, sei di essi su dieci  vivono con i genitori, per mancanza di alternative, data la disoccupazione che vola verso il 41,1% tra i ragazzi e le  ragazze fino a ben 35 anni.
Sta aumentando, come  negli USA, perfino la povertà degli occupati: un buon 20% dei poveri censiti risulta avere una occupazione, addirittura la metà del 20% citato un  contratto a tempo indeterminato.

Oggi, per effetto delle precedenti dinamiche  demografiche negative, ci sono comunque in Italia molti meno giovani del solito, tra gli  0 e i  24 anni si trova solo il 25% della nostra intera  popolazione;  mentre gli occupati crescono solo nella fascia tra 50 e 64, evidente segno di doppio lavoro; e  con i laureati che rimangono al palo o sono largamente sottouccupati rispetto alla forma, ma non alla sostanza dei loro titoli accademici. La massificazione delle lauree è stata un anestetico giovanile, come le droghe da discoteca. E’ capitato anche nel Maghreb.

Nessun reddito reale disponibile, quindi, solo la sopravvivenza, quando va bene, solo  il 15% poi dei nuovi occupati nel terziario, il settore con maggiore espansione,  riceve un salario vero, molti sono i c.d. “praticanti” addirittura a titolo gratuito (per fare curriculum, come dicono beffardamente i datori di lavoro) e tanti non arrivano, senza nemmeno sognare i voucher INPS, a 20 Euro per una giornata di lavoro dalle ore indefinite.
Quindi, sperare in una crescita del mercato interno è e sarà sempre un miraggio, proprio mentre la Germania, in questi giorni, ha approvato un aumento di salario  dei lavoratori metalmeccanici iscritti al sindacato  IG Metall  del 4,5%, con gli impiegati pubblici che andranno ad un +4,05% entro i prossimi due mesi.
Ecco cosa vuol dire aver perso la guerra senza nemmeno essersene accorti.