Lettera a Matteo Renzi
Tutti noi ricordando i Blues Brothers, ripetiamo spesso che “quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”. E’ una bella frase ed è anche divertente ma vale solo, a mio avviso, per l’America di Trump. Non vale e non deve valere per noi dirigenti ed elettori della sinistra. Sto parlando anche a te, Matteo, che in questo momento sei quello che di questa sinistra ha la maggiore responsabilità.
Il gioco, in effetti, si è fatto veramente duro, a un punto di cui non ho ricordanza nella mia lunga storia dentro e a fianco del più grande partito della sinistra italiana. Sembra che quel terribile turpiloquio inaugurato pochi anni fa dal “vaffanculo” di Grillo abbia ormai permeato tutta la nostra società e, tragicamente, anche l’insieme dei nostri compagni, quelli che amo, quelli a cui cerco di rivolgermi giorno per giorno, a quel grande insieme di persone che vanno dal compagno Giorgio Napolitano al compagno Stefano Fassina. Ho sofferto molto e soffro ancora per quelle terribili parole indirizzate a Roberto Benigni dal più grande dei satirici sorti dall’utopia del sol dell’avvenire e che ha fatto da maestro a tutti noi: Dario Fo, ovviamente. Ma soffro ancora di più per quell’infantilismo quotidiano che giorno per giorno ci viene propinato nella televisione, sui giornali, e anche nei nostri quartieri, dal droghiere o dal benzinaio, o da incontri casuali per la strada. Amici e compagni che si guardano con odio, con disprezzo; amici carissimi che ti tolgono il saluto e ti trattano come un appestato, quasi che ogni opinione diversa sia necessariamente frutto di sporchi interessi e torbidi affari. Vorrei tanto che sorgesse anche tra le nostre fila un papa Francesco della sinistra laica che levasse la sua voce per dire un’unica, potente, parola: finitela. Sì, finiamola, smettiamola, recuperiamo il valore etico della vocazione di sinistra e con calma e tenacia salviamo le parti più belle di quel partito che ancora miracolosamente rimangono.
Agli elettori stanchi, incazzati e smarriti; a quelli che hanno voluto “mandare un segnale” alla leadership del PD non andando a votare o dando un “voto di protesta” vorrei dire di ricordarsi che in gioco è la qualità dei servizi nei nostri comuni, cosa fondamentale per chi non ne può fare a meno, per i più umili, per i tanti nostri concittadini emarginati nella sofferenza. Ricordatevi che una amministrazione ispirata ai principi del riformismo e della solidarietà è migliore di qualunque amministrazione di destra o populista e che nessuno, proprio nessuno, anche colui che è stato colpito da nefandezze del nostro partito, ha il diritto di volgere le spalle sdegnato facendo prevalere il suo egoismo sul bene collettivo.
Ai dirigenti del PD, a quelli che hanno spesso preferito scorciatoie decisioniste alla fatica paziente del dialogo: ricordatevi che un partito vitale e inclusivo è oggi l’unica garanzia contro una antipolitica parolaia e contro il fascismo più o meno strisciante che sta minacciando l’Europa.
Quando il gioco si fa duro all’interno della nostra area di sinistra non devono essere i duri a scendere in campo bensì, al contrario, deve essere il loro opposto: il cuore. E’ la mancanza di ideali, di partecipazione appassionata, di vocazione e di sacrificio che si sono perduti nel nostro partito e che bisogna assolutamente ritrovare e far germogliare. Come possiamo impedire la costruzione dei muri in Europa e nel mondo quando i primi muri li costruiamo proprio dentro noi stessi, dentro l’anima del nostro partito?
Per tutto questo mi rivolgo a te, Matteo, a te che hai la maggiore responsibilità ma anche le maggiori possibilità per sanare questo delirio e ripartire con speranza e tenacia. Devi dare un grande segnale di pacificazione cominciando ad ascoltare con modestia le obiezioni che tantissimi compagni ti pongono in modo sincero e non strumentale. Non so se la strada migliore sia quella invocata dal compagno Macaluso e altri su un possibile abbandono dell’Italicum o su una revisione del meccanismo di nomina nel nuovo Senato, ma quello di cui sono certo è che occorre riprendere in mano in modo non demagogico il discorso sul partito. Devi mostrare a tutti noi quel volto umano, gioioso e disponibile con cui hai inventato la Leopolda e affrontato le primarie a suo tempo. Hai dato ampia prova di saperci fare, hai rinnovato lo stile di lavoro e le forme di comunicazione ma non puoi lasciare andare il partito. Il partito è la base della coesione sociale; il partito è il luogo dove nascono le idee che arriveranno poi al centro e anche a te; il partito è quello che deve garantire l’identità di una classe politica di sinistra che si trova di fronte compiti enormi: l’Europa in disgregazione, il più feroce dei capitali finanziari, le più grandi tragedie legate alla fame, alle guerre, alla disperazione. O ritroviamo quella solidarietà perduta, quella capacità di discutere con dialettica e disponibilità, sapendo che nessuno ha la verità in tasca, o saremo finiti e con noi sarà finita l’Italia.
Un grande abbraccio, Bobo