15 Novembre 2024
Movie

“Elle” (P. Verhoeven, Fra-Bel-Ger 2016)

Adattato dal romanzo del 2012 Oh… di Philippe Djian, il film è stato presentato a Cannes, ed è nelle sale francesi già da qualche settimana. Si tratta di un thriller disincantato, non male, ben ritagliato per una Isabelle Huppert che con gli anni è sempre più spesso protagonista (con ottime capacità di calarsi nella parte) di ruoli di donne mature dall’identità torbida, inafferrabile, e sensuali sino alla perversione. In questo caso  l’episodio da cui scaturisce tutto l’intreccio è uno stupro subìto in casa da Michèle (appunto la Huppert) ad opera di un uomo incappucciato. Sconvolta (la scena dell’aggressione viene rivista più volte dalla protagonista, ma con inquadrature che cambiano e alle quali corrispondono stati emotivi diversi), dopo aver confessato la vicenda a pochi amici, Michèle cerca di scoprire con ogni mezzo chi sia l’aggressore. Lei è una manager con una vita familiare legata a vicende tra il tragico e il grottesco: il padre coinvolto in un delitto, la madre anziana e truccata che si diletta senza nasconderlo con un amante molto più giovane di lei, il figlio che non accetta l’evidenza di non essere il padre di un bambino di colore nato da una relazione della compagna con un amico, ostinandosi appunto a proclamarsene padre naturale. Presto, gli atteggiamenti interiori e i comportamenti sociali di Michèle cambiano, qualcosa in lei si è rotto o è riemerso, sino allo stabilirsi di un rapporto sadomasochistico con un suo più giovane vicino di casa, Patrick (Laurent Laffite).

Il veterano regista olandese Paul Verhoeven (77 anni, autore tra gli altri di Basic Istinct) firma un’opera tutto sommato godibile, professionale, con inevitabili elementi hitchcockiani (più di atmosfera che di allusività), con chiari spunti di ironia. Lo spettatore è tenuto desto sino all’ultimo. Vederla può fare al classico caso di una serata al cinema come evasione.

P. S.

A scheda  ultimata, leggo su Positif, giugno 2016, pp. 15-19, una lunga intervista di M. Ciment e Ph. Rouyer a Verhoeven. Di essa vale la pane di riportare uno stralcio, che rende bene l’idea del clima creatosi sul set tra l’autore e la protagonista e dell’intensità di Isabelle Huppert nel suo ruolo: a domanda su come V. abbia lavorato con la H. il regista risponde “Lei sapeva esattamente il da farsi. Non riuscivo a dire ‘stop’ a tal punto ero affascinato dalla sua recitazione… Ciò che si legge nel suo sguardo è molto importante perché si comprende quel che pensa veramente. Il suo personaggio si esprime in quel momento al massimo… E’ un dono che lei ha [quello di instaurare del malessere, di destabilizzare lo  spettatore], perfettamente consono a questo film. Non riesco a immaginare nessun altro in questa parte”

Giovanni A. Cecconi

Professore di storia romana e di altri insegnamenti di antichistica all'università di Firenze. Da sempre appassionato di cinema, è da molti anni attivo come blogger su alleo.it per recensioni, riflessioni, schede informative, e ricordi di attori e registi. È stato collaboratore di Agenzia Radicale online e di Blog Taormina. Ama il calcio, si occupa di politica e gioca a scacchi, praticati (un tempo lontano) a livello agonistico, col titolo di Maestro FIDE.