“Leone d’Oro” a The Woman who Left, di Lav Diaz
Si è chiusa il 10 settembre la 73a edizione del Festival del Cinema di Venezia.
Mi soffermerò qui soltanto sul vincitore, rinviando per l’elenco integrale dei premi al link ufficiale della Biennale (http://www.labiennale.org/it/cinema/news/73miac.html).
La giuria presieduta da Sam Mendes ha premiato Lav Diaz, filippino nato nel 1958, poco noto al grande pubblico e invero anche agli appassionati (e del resto in Italia i suoi film non sono passati nelle sale), mentre per gli addetti ai lavori si distinse a Locarno nel 2014, dove ottenne il Pardo d’Oro con From what is before. In questo stesso 2016 ha vinto al festival di Berlino il premio Alfred Bauer (artista e direttore del festival dal 1951 al 1976) per A Lullaby to the Sorrowful Mistery.
The Woman who left è un film di 226′ (la grande durata dei suoi lavori è una costante del cinema di Diaz), girato in un bianco e nero dalle luci forti, incentrato sulla drammatica vicenda di una donna che nel 1997 esce dal carcere dopo trent’anni di una iniqua condanna, e che fa ripartire la propria esistenza. Si chiama Horacia Somorostro (interpretata da Charo Santos-Concio, filippina, attrice ma soprattutto dirigente e produttrice nel campo dei media) e l’obiettivo della sua vita è ritrovare colui che ha voluto quell’omicidio per il quale è stata accusata e condannata. Quali sentimenti la animano? Cosa davvero sta cercando?
Andrea Chimento ha definito il film come «un lungometraggio di struggente umanità, capace di emozionare e di regalare una sequenza conclusiva che non si dimenticherà facilmente». La narrazione della vicenda privata di Horacia consente inoltre al regista di riesaminare quella pubblica e sociale del suo paese, uscito da non molto dal regime di Ferdinand Marcos. Lav Diaz è autore accurato e anti-commerciale. I suoi film sono caratterizzati da riprese lente, spesso angosciose, da lunghi piani sequenza o dall’uso della mdp fissa che si sofferma su singole inquadrature. Si tratta indiscutibilmente di un maestro.