La scomparsa di George A. Romero (New York 1940-Toronto 2017)
E’ mancato pochi giorni fa per una implacabile malattia polmonare George Andrew Romero. Fu l’inventore del genere zombie nel cinema (o il reinventore, cfr. già J. Tourneur, Ho camminato con uno zombi, 1943). Di ascendenza iberica, è stato colui che più in generale ha creato o rilanciato con nuove prospettive – e non senza una sua visione culturale e politica – il genere horror, a partire dal suo esordio alla regia: La notte dei morti viventi (The Night of the Living Dead) del 1968. Questo film, in bianco e nero, è stato considerato “manifesto della controcultura studentesca e punto di riferimento insostituibile nel panorama del movimento New Horror americano” (M. Pecchioli). Esisteva un movimento New Horror americano? Buono a sapersi. Romero comunque è riconosciuto come un critico della società dei consumi, un paladino dell’invisibilità intesa come entità vendicatrice (o antagonista) rispetto a ciò che è visibile e apparenza, e esteriorità. La pellicola che gli ha dato la fama e che è rimasta il suo capolavoro è effettivamente indimenticabile: la lotta di pochi asserragliati in una casa di una cittadina di provincia, dinanzi agli assalti dei morti, sepolti e risvegliatisi. Le folle, il panico, l’aldilà: sono alcuni degli ingredienti prediletti da Romero, e che ritornano in film successivi come La città verrà distrutta all’alba del 1973. Nel 1978 Romero girerà Zombi (Dawn of the Dead): un cult di enorme successo di botteghino; e indovinate chi lo produsse? L’ottimo Dario Argento, che instaurerà con il cineasta newyorkese una duratura amicizia e collaborazione, per esempio ne La metà oscura, del 1993, ricavato da un romanzo di Stephen King, al quale Romero è stato spesso accostato nel campo delle arti visive. Romero fu anche attore (per esempio nel suo Zombi e nel celebre Il silenzio degli innocenti del 1991, diretto da Jonathan Demme).