Michele D’Ignazio, Pacunaìmba. L’avventuroso viaggio di Santo Emanuele, Rizzoli 2016, pag. 254, € 13,00
Quando in un Paese si avvicinano le elezioni, amministrative o politiche, si sbandierano promesse e si fa l’impossibile, talora anche l’illecito -destinato a venire a galla in tempi più o meno brevi- per guadagnare anche una manciata di voti in più. Niente di più adatto, dunque, della lettura del romanzo di Michele D’Ignazio, una satira del malcostume politico raccontata in toni divertenti e leggeri, adattabile a tutti i tempi della nostra politica, fin da quelli più lontani del primo Novecento.
I luoghi e i personaggi hanno i nomi più strani e vagamente comici; c’è un sindaco- macchietta che manca di rispetto anche ai simboli della sua carica: “il sindaco era agitato e si asciugava di continuo il sudore che gli scendeva dalla fronte con la fascia tricolore”. Si avvicinano infatti le elezioni amministrative e due funzionari solerti, su richiesta del primo cittadino, bussano ad ogni porta per fare la conta dei voti a favore del sindaco Arrabal e nell’interesse personale, per non venire defenestrati in seguito ad una sconfitta.
Si promette ciò che si è sempre promesso e mai mantenuto, si conta e si riconta, ma alla fine si arriva ad una perfetta parità con il partito di opposizione. Un voto solo basterebbe ad assicurare la vittoria.
D’Ignazio ci trascina così in un’avventura a dire poco surreale, dietro al giovane Santo Emanuele che scopre di avere un anziano parente in Brasile, e rappresenta la salvezza di Arrabal e dei suoi. Santo Emanuele non può tirarsi indietro alla richiesta di andare a recuperare quel voto, ma parte controvoglia, pieno di paura. Ovviamente gliene capitano di tutti i colori sul percorso, infatti il viaggio per mare e per terra presenta le difficoltà e le sorprese più impensabili. La ricerca del parente in un paesino sperduto sul confine della foresta amazzonica, le difficoltà della lingua, la differenza di costumi e di cultura, i pericoli della foresta, la presa di coscienza del degrado delle favelas, tutto questo lo mette alla prova, gli richiede spirito di adattamento ed anche coraggio.
Ma le relazioni umane si rivelano ricche, l’accoglienza è confortante e si respira una atmosfera di gioia. Santo Emanuele scopre giorno dopo giorno una dimensione diversa di vita, una comunità partecipe ai problemi di tutti, dove i riti si ripetono e dove si creano vincoli inscindibili. Lì i problemi del sindaco Arrabal si fanno sempre più lontani e insignificanti. E’ una dimensione fuori del tempo che determina una crescita di Santo Emanuele -il viaggio è sempre crescita e formazione- . Se riesca o no a recuperare il voto dell’anziano parente deve rimanere un segreto, ma alla fine questo non ha più la stessa rilevanza, perché il protagonista guarda con occhi diversi.
Resta tra le righe un invito a oggettivare i problemi, quelli della politica in questo caso, a prendere le distanze da certi atteggiamenti, da tante convinzioni assolute, da tanta falsità: solo in questo modo si può capire quanto diventa comico, patetico e assurdo colui che lotta per il proprio interesse personale e non per quello della comunità.