“Tre manifesti a Ebbing, Missouri” (“Three Billboards Outside Ebbing, Missouri” (di M. Mc Donagh, USA 2017)
Un abitato della provincia americana, Missouri. Mildred Hayes ha perso sua figlia da sette mesi, e in un modo orribile: stuprata, uccisa, bruciata. Le indagini ormai non portano a nulla, e Mildred decide di affiggere tre enormi lungo una strada non lontano da casa sua. Si appropria di questi spazi pubblicitari con l’aiuto di un agente, sfida le norme. Ha un disperato bisogno di denunciare l’ignavia e l’incapacità della giustizia. I manifesti, semplici enormi scritte nere su fondo color rosso aragosta, dicono, con successione logica: “Violentata mentre moriva”, “Nessuno ancora arrestato?”, “Perché, sceriffo Willoughby?”. Mildred si misura con l’ostilità progressiva della comunità locale, che sembra scivolare dalla empatia lungo la china di una gretta chiusura contro questa destabilizzatrice. I locali tendono a solidarizzare con lo sceriffo Bill (Willoughby è il cognome), malato di cancro, ma come si scoprirà, sensibile e, se anche privo di sensi di colpa per il proprio operato, in grado di comprendere il dolore straziante di Mildred, che la presenza del suo giovane figlio non può lenire. Né il ragazzo né l’ex-marito la persuadono del resto a recedere quando la sua iniziativa viene ormai isolata e crititicata da tutti. La donna, dura grintosa forte anche fisicamente (e costantemente abbigliata con una tuta da meccanico e una bandana che sottolineano quest’aspetto), ha anche a che fare nel corso della vicenda con un altro poliziotto, Jason, tutt’altro elemento, almeno all’inizio figura negativa: violento, alcolizzato, aggressivo, inadatto al lavoro. La storia prosegue con il suicidio di Bill, accompagnato da tre lettere, una delle quali diretta a Mildred, con la quale solidarizza, e con altri episodi di violenza, meschinità, dolore che si verificano nella cittadina e tutti in un modo o nell’altro collegati alla vicenda umana di Mildred e di sua figlia. Jason frattanto anche grazie all’incoraggiamento letto nella missiva indirizzatagli da Bill, quasi una richiesta a impegnarsi per Mildred, le si avvicina, la aiuta, fa del suo meglio (che non è gran che) per scoprire il colpevole dell’omicidio della ragazza. I due si avviano insieme verso l’Idaho, dove forse si trova qualcuno su cui scaricare la vendetta.
La lunga sinossi ci è parsa necessaria. Molto breve il commento. Film interessante, non particolarmente coinvolgente, tuttavia. Pluripremiato al Golden Globe 2018. Alcune scene strappano la risata, nonostante la drammaticità e anzi la cupezza della situazione rappresentata: una conseguenza inevitabile della descrizione forse anche realistica delle piccole cittadine statunitensi, di certi universi paradossali, grotteschi, dove la legge funziona a modo suo. O forse un tentativo di McDonagh (su di lui https://en.wikipedia.org/wiki/Martin_McDonagh) di alleggerire dove possibile il clima della storia. Però in fondo qualcosa stona, in questo contrasto. Saranno tracce dell’humor del regista inglese che chi scrive non ha apprezzato? Straordinaria l’interpretazione di Frances Mc Dormand, una delle migliori attrici americane sulla piazza.