15 Novembre 2024
Words

I conti di Renzi

Renzi, giorni fa ha dichiarato che, se non ci sono i numeri, è giusto tornare a votare. A prescindere dalla follia (o dalla paura) di affermare prima di una tornata elettorale che se va male o si pareggia si torna di nuovo alle urne, che vuol dire, “è giusto tornare a votare”? Giusto? Per chi è giusto? Perché è giusto? Cosa vuol dire che questa cosa è giusta? Sembra che sia tutta – come amerebbe dire il filosofo Pitagora di Samo – una questione di numeri. Ma la realtà è fatta di numeri: come diceva Galileo tutta quanta la natura è composta di figure geometriche. I numeri sono i voti degli italiani: sono le scelte che ognuno di noi farà il 4 marzo.

Se il totale matematico di queste scelte non si configurerà in una maggioranza di governo si dovrà tornare a votare. Per ottenere un altro totale numerico e un’altra maggioranza di governo possibile. Esattamente come il movimento di Giuseppe Civati: la disfida dei numeri è una disfida tra il possibile e l’impossibile. Non è possibile una maggioranza di governo (perché non ci sono i numeri) oppure è impossibile che si lasci campo a un accordo – come dice sempre Renzi – fra i due estremisti M5S e Lega.

Dai numeri al possibile – passando per il calcolo delle probabilità – si evince che la concretezza politica (che è fatta di numeri) è sempre declinata come il suo primo indagatore (Niccolò Machiavelli) la indagò: «la realtà effettuale della cosa». Dunque non l’«immaginazione» di essa ci interessa, ma concretamente e oggettivamente quanti e quali siano i numeri.

Ed è giusto tornare a votare dopo così poco tempo? Tornare a votare per chi? Renzi si sta svincolando da quelle «possibili» «larghe intese» che lo vorrebbero – secondo quanto i teorici alla Baudrillard che parlano sempre di finzioni mediatiche – inciuciare con Berlusconi per un governo che comprendesse FI e PD. Insomma i conti (a proposito di numeri) non tornano. Qui sembra non essere più in questione chi vincerà queste elezioni ma solo la possibilità di potere in qualche modo governare. Chiunque vinca? E se vincesse il movimento «+ Europa» di Emma Bonino? Con chi governerebbe? E se vincesse il «Partito Comunista dei Lavoratori»? Occorrono i numeri per governare: occorre un governo forte ma questi numeri sembrano non essere posseduti da nessuna delle tre coalizioni che, a ragion veduta, si contendono la vittoria a questa elezione. Allora il problema di Renzi è che il PD non abbia e non possegga questi numeri. Non eventualmente ed effettivamente che non li abbia Berlusconi o che non li abbia Grillo.

Da che parte sono finiti questi numeri? La concretezza politica è frantumata in un elettorato (si, perché il problema è l’elettorato) che a questo punto si orienta secondo dinamiche frattali (come amerebbe dire Maldelbrot): non più lineari – del tipo, dopo la Pace di Westfalia del 1644 «uno Stato, una politica», cioè una appartenenza certa ad un partito, un voto – e non più coerenti rispetto al progredire della politica nazionale. Insomma la politica va da una parte e l’elettorato va dall’altra. E aumentano i numeri (ancora loro) delle astensioni. La colpa di tutto questo ritorno al voto (se non ci sono i numeri) nelle parole di Renzi sembra essere condensata nell’impotenza dell’elettorato e nel deficit di autorevolezza del PD. Ma l’elettorato siamo noi e ognuno vota come gli va.

Dunque non è successo niente nelle coscienze degli italiani e neppure niente nel concreto svolgersi della vita politica italiana. Semplicemente forse non ci sono i numeri. I numeri devono pur stare da qualche parte. E’ la politica che si è scollata dalla società? E’ la società che non ne vuole più sapere della politica?

L’Italia gentiloniana non sta dicendo questo. La politica ha divorziato dal potere – ce lo ha insegnato Zygmunt Bauman : oggi «Ikea» conta più del re della Svezia. Il potere è ancora visto dagli italiani come appannaggio della politica. Questo è un errore strategico. E intanto si fanno le file nei Centri Commerciali e negli Ipermercati…

Occorre una nuova visione d’insieme ed ecco che torneranno i numeri.

Gianfranco Cordì

Gianfranco Cordì (Locri, 1970), ha scritto dodici libri. E' dottore di ricerca in filosofia politica e giornalista pubblicista. Dirige la collana di testi filosofici "Erremme" per la casa Editrice Disoblio Edizioni. Dirige le tavole rotonde di filosofia del Centro Internazionale Scrittori della Calabria.