Addio a Stéphane Audran
Quindici giorni fa doveva presenziare alla Cinémathèque alla proiezione della versione restaurata di L’oeil du malin di Claude Chabrol (1962), ma non venne perché indisposta. Stava evidentemente male ed è mancata ieri.
La Audran (Colette Suzanne Jeannine Dacheville: Versailles, 2 novembre 1932-Parigi, 27 marzo 2018) è nota alle generazioni meno anziane come protagonista del Pranzo di Babette (G. Axel, 1987) ma è stata un’attrice centrale per la Nouvelle Vague e spessissimo presente nei film di quello che fu – senza dubbio – il suo mentore, appunto Chabrol. I due furono sposati per molti anni, dal 1964 al 1980; nel 1963, la Audran gli aveva dato un figlio, Thomas, a sua volta attore e regista. Chabrol e la Audran sono stati una coppia importante del cinema francese, nella vita e sul lavoro, ma sarebbe riduttivo considerare l’attrice una “musa” o una “attrice feticcio”: formule che associano a torto un attore a un realizzatore dimenticandosi del resto.
Dopo esperienze in teatro (in quegli anni, dal 1954 al 1956, fu moglie di J.-L. Trintignant), ventiseienne fece l’esordio nel cinema con La bonne tisane di H. Bromberger cui seguì Gli amanti di Montparnasse di J. Becker. Di una bellezza anomala, occhi azzurri, zigomi sporgenti, fisico asciutto e proporzionato, la Audran aveva una innata sensualità, che è facile ritrovare nei suoi film, ed evidente in semplici comparsate, come quella della ironica danzatrice nei Les godelureaux (1961, dove protagonista è la languida Bernadette Lafont). Tale carica di sensualità spesso si esercitava attraverso caratteri di donne e amanti torbide, ma la Audran aveva anche nel suo repertorio la verve della comédienne pura, frizzante, come pure il registro drammatico, persino tragico. Ascoltarla in originale francese aiuta a capire anche dal timbro vocale vagamente nasale e molto particolare a quali ulteriori risorse espressive potesse attingere. Per una curiosa coincidenza, ci è capitato di vedere o rivedere numerosi film della Audran proprio in queste ultime settimane. Delle molte superbe interpretazioni è indispensabile Une femme infidèle (in italiano Stéphane una moglie infedele), una storia di adulterio di una sinopsi semplicissima e di una tensione disarmante, forse la massima punta del cinema di Chabrol: non è sprecato a nostro avviso il termine capolavoro. Ma non dimentichiamocela anche già nel Segno del leone di Eric Rohmer (1959), in altri lavori di Chabrol come I cugini (1959: una delle primissime super-performance di Jean-Claude Brialy), Donne facili (Les bonnes femmes, 1960 ancora con una splendida Lafont), L’oeil du malin (1962), i più modesti Landru (1964) e Le cerbiatte (1968) e soprattutto ancora nel rimarchevole Il tagliagole (Le boucher, 1970), altro bel film, come riuscito è Sul far della notte (Juste avant la nuit, 1971).
Con Chabrol il sodalizio continuò negli anni ’70 e sostanzialmente non cessò mai, nemmeno dopo la fine del matrimonio tra i due. I risultati non furono però sempre all’altezza: Pazzi borghesi (Folies bourgeoises, 1976) è un film brutto, mentre interessante, con una giovane Isabelle Huppert, è Violette Nozière (1978), dove la Audran svolge un ruolo altamente drammatico con ottimi esiti, che le garantirono il César come migliore attrice non protagonista. E ancora, di discontinua qualità: L’amico di famiglia, Il sangue degli altri, Il grido del gufo, Giorni felici a Clichy, e Betty (1992), l’ultimo film girato con Chabrol ormai avvicinandosi la fine della carriera di entrambi.
Prima del Pranzo di Babette l’attrice ha recitato in film tra gli altri di Ivan Passer, Samuel Fuller, Edouard Molinaro, Bertrand Tavernier, Philippe de Broca. L’ultimo ricordo va alla deliziosa Audran-Alice Sénéchal, raffinata e provocatrice padrona di casa e ospite di una cena impossibile ne Il fascino discreto della borghesia di L. Buñuel (1972, da cui è tratta la fotografia).