Israele, Giro d’Italia
La tradizione considera la terra di Israele una “promessa valida per tutti gli ebrei, compresi i discendenti dei convertiti”. Oggi parte il 101esimo Giro d’Italia e Israele sarà ufficialmente anche la terra del ciclismo, promessa prima e concessa poi per la prima volta a una grande corsa a tappe fuori dai confini europei. La corsa rosa al momento è solo un compromesso fra misticismo e business, nei prossimi giorni diventerà sfida crudele su strada, in salita, in discesa, contro il tempo, sullo sterrato. Intanto, le prime immagini tolgono il respiro, la prospettiva sulle mura della città vecchia di Gerusalemme e sulla torre di Davide sono dei flash abbaglianti. Anche perché, il cielo è quasi bianco, il barometro si avvicina ai 40 gradi e i corridori – che vengono presentati con le rispettive squadre – guardano con sospetto all’ultimo strappo di una cronometro spaccagambe, che non richiede fondo (misura poco meno di 10 mila metri), ma esplosività. La porta di Jaffa si tocca con mano e rappresenta la memoria di milioni di ebrei che vi conclusero il ritorno nella terra promessa.
La top model-madrina del Giro, Bar Refaeli, apre la folla con il suo incedere sontuoso e i suoi occhi di ghiaccio, lanciando il nuovo Giro fuori le mura. Prima di lei era stato il direttore della corsa, Mauro Vegni, ad aprire le danze. “Avere appreso del caso doping che coinvolgeva Froome una settimana dopo l’ufficializzazione della sua presenza al Giro non ci ha reso felici. La Sky era a conoscenza della vicenda. Non c’è stata contrattazione con la squadra inglese per avere Froome. Era già intenzione del team portarlo qui”, le parole del deus ex machina, a proposito della positività del 7 settembre 2017 quando nelle urine del quattro volte vincitore del Tour venne rilevata la presenza di Salbutamolo, un broncodilatatore usato per l’asma. Froome dovrebbe essere squalificato e la sua vittoria nella corsa spagnola annullata, a beneficio di Vincenzo Nibali, secondo nella generale. “A me personalmente il presidente dell’Uci, David Lappartient, ha garantito che a Froome non verrà tolta la vittoria al Giro, sempre se riuscisse a conquistarla. Io gli ho proposto eventualmente che gli venga tolta la Vuelta, mentre la sua squalifica potrebbe partire dal Giro in poi. Non penso che la decisione arrivi prima della fine del Giro, o addirittura del Tour. Posso dire che il ciclismo ha fatto passi da gigante nella lotta al doping, perché ha avuto il coraggio di guardarsi dentro e di andare oltre, dopo avere subito danni incalcolabili sul piano dell’immagine”, spiega Vegni. Che ha anche parlato di premi, o rimborsi, vengono assegnati ai team. “Alle squadre che hanno due capitani e li lasciano a casa, o li mandano al Tour, non possiamo dare gli stessi rimborsi dei team che invece si presentano con i migliori organici: questo mi sembra chiaro”, le parole di Vegni. Il direttore del Giro, assieme al responsabile organizzativo della partenza da Israele, Daniel Benaim, si tuffa tra la folla. Sfilano i corridori, la gente applaude, urla e si diverte. “Questi eventi sono di fondamentale importanza per Israele – le parole di Benaim -: 67 telecamere domani controlleranno il percorso e vigileranno sulle persone. Vogliamo indurvi a dire, quando lascerete questa terra, che Israele è un Paese sicuro, che vi siete sentiti sicuri e che noi garantiamo la massima sicurezza di tutti. Il Giro per Israele è un evento di fondamentale importanza, garantiremo la massima sicurezza. Questo è un evento sportivo, la politica non c’entra: nello sport i confini politici e religiosi vengono superati”. Questa è già una vittoria.