22 Dicembre 2024
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John R. Searle e Maurizio Ferraris, IL DENARO E I SUOI INGANNI, Einaudi, Torino 2018, pp. 136, 12 euro

Com’è che un pezzo di carta diventa del denaro? Rispondono a questa domanda John R. Searle e Maurizio Ferraris nel saggio Il denaro e i suoi inganni (Einaudi, Torino, 2018). Searle e Ferraris sono due Nuovo Realisti. E proprio da questo punto di vista (dal punto di vista del Nuovo Realismo) cercano in queste pagine di comprendere cos’è il denaro, come funzionano le sue dinamiche e, infine, perché tutti noi tendiamo ad accumulare del denaro. Searle e Ferraris però, per rispondere all’interrogativo di partenza, usano due strumenti diversi.

Il filosofo americano utilizza la filosofia del linguaggio; il filosofo di Torino utilizza l’estetica. Appunto l’estetica del denaro. Intanto dal colore dei soldi ai soldi dal colore verde i due autori – due dei massimi filosofi al mondo dopo Habermas – difendono due tesi che sono non contrapposte ma diametralmente speculari e simili. Per sfociare in una finale (che sarà affidato a Ferraris) nel quale le due tesi diventano una la continuazione dell’altra.
Searle difende una tesi: «Il denaro è una funzione di status». Ferraris sostiene invece qualcosa di diverso: esiste un livello intermedio fra l’ontologia e l’epistemologia. Questo livello è costituito dalla tecnologia. Per questo il discorso di Maurizio Ferraris diventa estetico. Infatti il saggio contenuto nel volume – che totalmente ne contiene due – si intitola Il colore dei soldi e questo vuole dire che ogni manufatto (ogni fatto che proviene dall’azione di colui che fa) produce immediatamente un fatto estetico. Facciamo un esempio. Una merce qualunque, prodotta dalla tecnologia (che è scienza applicata) produce immediatamente un fare il quale secondo l’aedo del Nuovo Realismo Mario De Caro è dal canto suo la partecipazione a un’«azione». Questo fare è sicuramente un fare qualcosa che a che vedere con la tecnologia. Ma è anche qualcosa di bello!
Infatti ogni manufatto non è solamente l’oggetto di un fare specifico, ma anche il contraltare di un concetto di bellezza (o di bruttezza) che colui che agisce inserisce nel proprio fare. Io non posso realizzare un accendino se non ho l’idea, dentro di me, di un accendino bello. Cioè: non posso realizzare la bellezza se non ho mai visto una bella donna. O un bel ritratto. Occorre che il fare sia qualcosa di organicamente fatto ma anche qualcosa di fatto bene. E occorre che questo fare bene sia organicamente aderente a qualcosa di reale. Non posso avere con me il concetto di bellezza e poi materialmente non usarlo per identificare gli oggetti belli. E non posso, del pari, avere con me un oggetto bello e non rendermene conto.

In fondo la tecnologia produce bellezza perché, come dice lo stesso Ferraris, essa è una «protesi» che ci aiuta a vivere meglio. In fondo al tunnel non c’è Caparezza ma c’è il progresso verso il meglio che è sempre storicamente un andare avanti verso qualcosa di bello (o almeno… si spera). Questa «protesi», o braccio meccanico, produce un cyborg che è sia fatto (costituito) dall’uomo ma è anche «bello» perché esso produce una collettività (o comunità scientifica) che è interconnessa ad altre comunità in un gioco erotico virtuale ma nello stesso tempo anche reale nel quale trionfa, troneggia e brilla quella che il regista Paolo Sorrentino chiama La grande bellezza.

Ma, andiamo un attimo con ordine Per difendere la sua tesi Searle utilizza alcuni autori classici della storia della filosofia: Foucault e Hobbes ma anche alcuni contemporanei di un certo prestigio come Massimo Cacciari e Giorgio Agamben. Invece Ferraris utilizza, per difendere la sua tesi, soltanto il concetto di tecnologia di Emanuele Severino, l’uomo che ha cambiato definitivamente la storia della filosofia dandogli un taglio epistemico realista pur all’interno di una complessa visione metafisica che si affaccia, a piene mani, nel dibattito politico con posizioni abbastanza eterodosse. Searle parte dai rapporti di potere. Ognuno di noi entra in determinati rapporti di potere con altri suoi simili a seconda di quelle che Kojeve chiama le due concezioni di autorità e autorevolezza. Rapporti di potere che si fanno decostruire in un ottica a questo punto biopolitica nell’autorità che, nella globalizzazione, diventa autorevolezza e consumo delle merci.
E’ il mondo che avrebbe sognato Che Guevara: il mondo dove l’autorità non c’è più! Questa rete di rapporti di potere esiste solamente perché, come direbbe Piero Sansonetti, «gli altri» dicono, affermano e giudicano che esiste. In fondo lo stesso biopotere esiste solo perché qualcuno ha paura del Potere. Facciamo un esempio. Il grande chirurgo X esiste solo perché «gli altri» (una Università) gli ha assegnato un titolo di studio che certifica la sua attività di chirurgo: ma questo è biopotere. Cioè qualcuno si rende conto, attraverso la paura, che qualcun altro fa paura: è la continuazione della Guerra Fredda con altri mezzi… Searle continua. La funzione esiste solo in relazione a un contratto (questo fatto lo si può applicare all’oggetto-denaro).
Cosa esiste dunque? Tre cose: un pezzo di carta, una funzione e uno status. Ma esistono anche i simboli (infatti per chi abita negli U.S.A. i dollari sono i «verdoni»). Per Searle la funzione dipende dall’osservazione. E l’osservazione dipende dall’osservatore e, anche, secondo la meccanica quantistica, dall’Osservatorio. Ma come si transita dallo status alla funzione? Ci sono determinati oggetti (che sono diversi dalle cose) che si chiamano «oggetti sociali». Insomma in definitiva per costituire una funzione sociale è necessario un linguaggio. E questo linguaggio non fa altro che parlare di oggetti sociali.

Torniamo alla nostra equazione. Ci sono in campo: un pezzo di carta, una funzione di status, uno status e un linguaggio. In termini logici tale equazione diventa: «X conta come Y in C». E questo è il denaro. Intendiamoci non il denaro in quanto mezzo di scambio ma il denaro in quanto concetto che diventa oggetto di scambio una volta che se ne sia affermato il valore. Dunque Searle con l’uso degli oggetti sociali (matrimoni, promesse, scommesse, ecc.) costituisce un equazione sul denaro. E tane equazione afferma: un pezzo di carta qualunque assume una funzione di oggetto sociale solo se esso conta come simbolo (i verdoni) nel giusto contesto: in un deposito, in una Banca, ecc. tale funzione è denotativa. Ecco perché il denaro è il denaro. Ecco perché esso funziona come denaro: come una funzione che oscilla fra un pezzo di carta qualunque e una banconota (o meglio: quella che poi diventerà una banconota). E questa banconota avrà un determinato valore.
A questo punto Searle introduce gli oggetti sociali. Negli oggetti sociali – che popolano il mondo fatto di oggetti naturali e oggetti mentali – ci sono due funzioni: una semiotica e una estetica. Un matrimonio significa sia un contratto che una bella cerimonia. Ma a questo punto emergono 4 inganni e tre tipi di oggetti oltre che delle cose. Del resto: ogni donna (e la banconota è donna) ha le sue cose…

Remo Bodei è partito proprio da questo punto di partenza per affermare che le cose sono distinte dagli oggetti. Vediamo per primi i 4 inganni.
Il primo inganno afferma: il denaro non è sostenuto da niente.
Il secondo inganno afferma: il denaro si traveste mediante un contratto.
Il terzo inganno afferma: il denaro viene prestato ma non restituito.
Il quarto inganno (che non è l’ultimo) dice: il denaro non è riscattabile.
Gli oggetti sono tre; le cose sono non solo diverse dagli oggetti ma sono anche cariche di emozioni: come uno sportello del bancomat nel quale transita Monica Bellucci. In genere uno sportello del Bancomat è un «Non-luogo» ma se ci transita la Bellucci anche l’autore di questo saggio trova il suo luogo!

Dunque Searle mette assieme tutto questo in un quadro coerente. I 4 inganni sono tenuti assieme dal concetto di lavoro mentre i tre oggetti e le cose costituiscono il totale del Nuovo Realismo. La Realtà è composta da inemendabili oggetti e cose che sono o non sono cariche di emozioni ma che, nello stesso tempo, possono essere anche interpretati come carichi di interpretazioni improbabili. La funzione denotativa si attua solo con il lavoro. E fin qui Searle; poi principia Ferraris.

All’inizio esiste quello «che c’è» (ontologia). Che cosa c’è? C’è che mi sono innamorato di te! Poi c’è «quello che si fa». Che si fa? Si fa la barba. Questa è la tecnologia. Infine c’è quello «che so» (epistemologia): so che stasera guarderò in tv «Chi l’ha visto?». Tre livelli e nessun inganno. La Realtà è inemendabile. L’ontologia – passando per il lento lavoro tecnologico (che è sempre un fare) produce la conoscenza (che è un saper fare). Il caso più eclatante è quello di «Microsoft». «Quello che so», a questo punto, è un carattere (un ghirigoro) sia estetico che semiotico. Una specie di arabesco, un graffito, uno scarabocchio. Ed è un fatto estetico perché l’ontologia fa emergere un ragionamento senza significanti ma con aggregati di particolari estetici: cioè belli da vedere. Un ragionamento senza bellezza: l’ipotesi di lavoro di Clint Eastwood mentre sta progettando un nuovo film.

A questo punto ci sono tre livelli che sono politici: ovviamente Ferraris e Searle non fanno questi nomi. Non li fa nessuno dei filosofi. Ma chi scrive questo saggio li fa, osa farlo: Trump, Renzi e Falcomatà. Prendiamo come esempio l’attuale situazione di Reggio Calabria. Quello che c’è (ontologia) corrisponde agli oggetti naturali – checché né dica il mio amico realista Franco Iaria che confonde Mondo 1 e Mondo 3 nessuno sa perché – che corrispondono, loro volta, ai 4 inganni. Le cose sono «Non Luoghi» (Marc Augè) ovvero luoghi carichi di emozioni negative. Per esempio a Reggio: ‘ndrangheta, massoneria ecc. A questo punto c’è la politica (Giuseppe Falcomatà) la quale carica questo primo livello (ontologia) e questi 4 inganni insieme ai primi oggetti (naturali) di altri due tipi di oggetti. Oggetti ideali e oggetti sociali. Infine esiste la documentalità: atti, registrazioni, trascrizioni ecc.
Per cui, afferma Ferraris, dalla documentalità nasce il valore. Il denaro alla fine non è che documentalità la quale ha la funzione di commutare un pezzo di carta qualunque in dollari americani. In «verdoni». Da questo momento in poi – attraverso Matteo Renzi – Reggio Calabria diventa gli U.S.A. Che vuol dire? La California e la Silicon Valley non sono altro che oggetti sociali commutati in altri oggetti naturali passando per diversi Non-Luoghi non carichi di emozioni ma di politica: alla fine decide sempre la politica: sia essa Trump, Renzi o Falcomatà.

Ma questo Nuovo Realismo ha pure i suoi angeli custodi. Come no! Il primo di questi angeli (ricordo il bellissimo libro di Giorgio Agamben) è Markus Gabriel. Il mondo non esiste come totalità ma esiste come Pianeta Ma se esiste solo come Pianeta, ci spiega Carlo Rovelli, allora lo può capire solo la scienza. Ma se il mondo può essere compreso solo dalla scienza allora che ruolo ha la filosofia? La filosofia (il totale di ontologia, tecnologia ed epistemologia) diventa filosofia della scienza. E questa disciplina trova in me il primo interprete per età, cultura e carisma. Passando per il Sud Italia la filosofia della scienza (totale di politica ed epistemologia) si scompone in: spigolo, gradino e scala. Il Nuovo Realismo trova un suo rivolo nel Realismo Meridiano (Meridionale, del Mezzogiorno, del Mediterraneo) ed entrambi (corrente filosofica e sottocorrente) si sciolgono negli U.S.A.

A questo punto, però, si lasciano da parte ontologia ed estetica e si parla (apertamente) di politica e biopotere. Da Reggio Calabria attraverso Raul Bova si arriva a Brad Pitt che compone (sotto il sacro nome di Paul Newman) una nuova sinfonia Nuovo Realista tutta americana. Una nuova sinfonia globale: aperta alla globalizzazione. Solo che il sottoscritto e Ferraris hanno un punto di divergenza. Quello che Maurizio chiama col termine di «emergenza» io lo chiamo «ragionamento». In questo caso – nel caso di questo saggio – ciò che per Ferraris è chiamato «tecnologia» per me diventa «biopotere». Ma sui nomi ci si può accordare: la biopolitica si occupa del territorio che è globale e delle sue leggi di governa mentalità per cui il biopotere diventa la classica partizione destra/sinistra.
Mario De Caro si fa interprete delle istanze di centro-destra. Mentre il mio buon amico (che poi piace così tanto alle donne… nessuno sa perché) Diego Fusaro si fa portatore di un’ideologia di centro-sinistra. La vita (la totalità della vita) sia essa biopolitica o dettata da logiche di biopotere è Massimo Recalcati.
Ma come conclude il libro Ferraris? Sono i documenti che danno valore ai soldi. Ma quali documenti?

Gianfranco Cordì

Gianfranco Cordì (Locri, 1970), ha scritto dodici libri. E' dottore di ricerca in filosofia politica e giornalista pubblicista. Dirige la collana di testi filosofici "Erremme" per la casa Editrice Disoblio Edizioni. Dirige le tavole rotonde di filosofia del Centro Internazionale Scrittori della Calabria.