Diego Fusaro, PENSARE ALTRIMENTI, Einaudi, Torino 2017, pg. 176, 12 euro
«La storia dell’umanità è storia di dissensi» afferma il filosofo del marxismo italiano Diego Fusaro. In questo suo Pensare altrimenti (Einaudi, Torino, 2017) Diego dichiara: da sempre «gli uomini si rivoltano». La matrice del dissenso è sentire altrimenti, ma un sentire altrimenti che deriva dal rapporto (conflittuale e difficile) di chi dissente rispetto all’«ordine». Il primo dissenziente della storia fu Prometeo. Dissentì anche Pier Paolo Pasolini dinanzi al «nuovo fascismo della civiltà dei consumi». Ed era dissenziente anche Martin Luther King! Il dissenso insomma è una costante della storia. Dissentire è resistere, opporsi, protestare e ribellarsi. La via aperta dal dissenso è quella della Rivoluzione e della Ribellione. Ma a questo punto, insieme a Diego, viene da chiedersi: Ribellione rispetto a che cosa? Ribellione rispetto a ordini politici difformi rispetto a come potrebbero essere e a come dovrebbero essere. Cioè a come potrebbero essere (se qualcosa avesse potuto funzionare ma in effetti non ha funzionato) e a come dovrebbero essere (se l’idea democratica brilla in un’ipotesi antidemocratica). In genere: chi dissente dice «No» al Potere. Ma il dissenso in sé è un gesto. E come tutti i gesti dissente – esso stesso – dal dissenso rispetto a un ordine politico. Il dissenso è un gesto di stizza davanti a un corteggiatore troppo ardito. Il dissenso è un gesto di lacrimazione davanti a un film comico. Si, arcaicamente, per Fusaro il dissenso è un gesto ed essendo tale esso si manifesta primariamente nel mondo dei sentimenti e delle passioni. Il gesto primigenio è una passione infelice o, forse, un infelice passione…
La cellula primigenia del dissenso è un sentire altrimenti. Un sentire contro. Un sentire altrimenti dall’essere: Levinas altrimenti che essere sentire il non-essere: sentire il gesto che è e non è: come dire il gesto del corteggiamento di un idraulico verso Monica Bellucci: il gesto di chi è e non è e forse non è mai stato un corteggiatore. Il gesto sexy del corteggiamento inaudito: senza muovere un dito sentire altrimenti che essere che Monica Bellucci ci sta e Fusaro tradisce il gesto. Cioè: il corteggiamento del sexy: vedo e non vedo, come certi programmi tv che sembrano sembrano sembrano ma alla fine: non sono. Il dissenso contesta l’ordine costituito.
Norberto Bobbio ha scritto diversi lemmi per un suo Dizionario della politica ma il dissenso non si lascia incasellare in quei lemmi. Infatti esso è un lemma senza referente: un segno che non ha un corrispondente significato, un simulacro che non ha origine nella realtà. E a questo punto Fusaro si pone una domanda: che cos’è il dissenso?
In effetti essendo sexy la notte in cui tutte le vacche sono nere nell’ oscurità puoi rischiare di toccare una vacca ma anche un contadino. Nel sexy e nelle mezze misure si naviga nell’indistinto: tutto è uguale a tutto. E allora se tutto è uguale a tutto: puoi rischiare di toccare anche un albero o magari anche Diego Fusaro travestito da Quercia. Bei tempi quelli del Pds…
Intanto Fusaro stabilisce che il dissenso non è esclusivamente politico, ma pur non essendo politico esso ha un significato politico. Infatti secondo Carl Schmitt, esso istituisce subito la famosa polarità amico-nemico che, a sua volta, istituisce il politico in quanto concetto. Il dissenso che nasce come gesto sentimentale (vedo una rosa e non la colgo, un po’ la storia di Giulietta e Romeo!) e poi praticamente diventa una istituzione della politica (in quanto vettore della società). Ma la società è il cosiddetto politico. Infatti il concetto di politica non esaurisce (come ci ha insegnato Thomas Mann) l’intera sfera della politica. Infatti il politico, in quanto concetto, comprende anche ciò su cui la politica non può legiferare. E questo qualcosa non è, come ci ha insegnato il bravo Roberto Esposito, l’impolitico ma è ciò che non ha un territorio. La no man’s land dell’impolitico: il sacer dove Giorgio Agamben ha piantato i semi del Kathecon. Ovvero l’esistenza di un biopotere che non è biopolitico: un potere che frena. E questo Kathecon alla fine è la religione.
Ecco il territorio dove nasce l’incontro fra la politica e l’impolitico. Il politico alla fine apre lo spazio del dissenso e dell’apertura rispetto alla contrapposizione amico e nemico, L’impolitico, invece, apre lo spazio della clonazione. Mentre il politico apre quel gesto che istituisce una dimensione a due: gli amici da una parte e i nemici dall’altra. Il politico è, infatti, il gesto divisorio e cursorio che istituisce una differenza: e questo gesto è uno schiaffo. Quindi alla fine, concretamente, si realizza solo la politica ma non l’impolitica e nemmeno il politico. I primi a dissentire furono Adamo ed Eva che si opposero all’imperativo divino. Il primo greco a dissentire fu Prometeo che si oppose all’imperativo degli dei dell’Olimpo. Odisseo fu poi quello che dissentì da Polifemo. Ma il gesto più eclatante di dissenso della nostra civiltà (occidentale) è quello psicologico. Infatti, come ci insegna Massimo Recalcati, la contrapposizione più forte è quella tra la coscienza e i cristalli. Da una parte c’è la coscienza di chi come Diego osa dire altrimenti e dall’altra ci sono i cristalli della servitù, dell’obbedienza e della sottomissione. Questi cristalli sono la rifrazione della coscienza (di chi sta dissentendo) rispetto al Potere (all’Autorità). Questa rifrazione produce automaticamente la politica. La politica è sempre una cosa seria. Fusaro ci ha avvisati: come cantava qualcuno molti anni fa: anche l’obbedienza ha i suoi vantaggi. Insomma, bisogna saper perdere!