Conte. Il poeta? No, il professore
Ci sarebbe piaciuto avere un poeta come premier. Peraltro uno dei maggiori poeti attuali. Ma il Giuseppe Conte individuato è un omonimo, è docente universitario a Firenze e non sarà da solo a Palazzo Chigi…
Doveva essere un Esecutivo tutto di politici ma, visti i nomi che circolano, sembra piuttosto un governo di tecnici con qualche pericoloso dilettante “scelto dal popolo”. Il premier, un amico del popolo, secondo Di Maio (più o meno come Marat) sarà con ogni probabilità Giuseppe Conte. Il suo curriculum è minuzioso e interessante. Si è laureato in legge a Roma con un correlatore importante, Natalino Irti, giurista e tecnico linceo vicino al Partito Liberale. Borsa al CNR, poi qualche giro in atenei stranieri: Yale University, New York e Vienna. Poi, ancora, Giuseppe Conte inizia la carriera accademica in Italia: Roma Tre, LUMSA, Sassari, Napoli, approdando infine a Firenze.
Conte è un civilista, un avvocato e un esperto di diritto privato che si è occupato, soprattutto, di questioni contrattualistiche e di diritto d’impresa, insegnando anche alla LUISS “Guido Carli”. Già! Carli, il governatore della Banca d’Italia e il ministro economico che criticava duramente su “L’Espresso” (firmandosi Bancor) quello che poco prima aveva deciso come banchiere o ministro. Speriamo che il Prof. Conte non si riduca in questo modo. I tecnici si illudono di andare al potere poi, al governo, si accorgono che devono pagare pegno al demagogo che ce li ha mandati.
Stessa cosa potrebbe accadere a Giampiero Massolo, ambasciatore e, oggi, presidente di Fincantieri e dell’ISPI, l’istituto milanese di politica internazionale. Massolo, diplomatico con esperienze alla Santa Sede e alla UE, oltre che a Mosca, è stato un ottimo e innovativo direttore del DIS, Dipartimento Informazioni per la Sicurezza, il servizio di intelligence che mette in collegamento l’Agenzia interna con quella che si occupa di operazioni e analisi all’estero. È stata sua l’idea, che ha trovato una forte sponda in Minniti, all’epoca Autorità Nazionale della Sicurezza, di fare il roadshow dei Servizi nelle migliori università italiane.
Non credo che Massolo abbia avuto dalla carriera quello che chiedeva, ecco perché ritorna oggi da probabile ministro, dove voleva arrivare fin dall’inizio: il dicastero degli Esteri. Massolo voleva fare il ministro degli Affari Esteri anche nel governo di emergenza di Monti, ma dopo che Napolitano ebbe sondato l’indisponibilità di Aragona (la prima scelta), si arrivò alla designazione di Terzi di Sant’Agata. Certo, però, fare il capo dei Servizi non è comunque un ripiego da poco.
Tutti oggi parlano poi della vecchia battuta di Cossiga, che definì Giampiero Massolo un “fasciocomunista”. Francesco Cossiga voleva dire, in effetti che Massolo, il quale aveva fama di coltissimo uomo di destra, era stato folgorato sulla via di Damasco da un altro uomo di destra che non sa di esserlo: Massimo d’Alema. Da ministro degli Esteri, Massimo fu infatti l’artefice delle fortune del giovane Massolo.
Mancano Difesa ed Economia, come se si trattasse di due cose da niente. Senza una politica di difesa e sicurezza, nessuna scelta di relazioni internazionali è credibile. E rimane difficile immaginare un Paese che vive di export, come l’Italia, che non immagina alcuna azione di supporto per la propria proiezione economica, finanziaria, tecnologica. Oggi, la nostra politica estera non esiste, speriamo che Massolo si faccia sentire ma, confesso, ci credo poco. Anche la questione delle sanzioni alla Russia (e all’Iran) è stata letta unicamente come un danno per le nostre imprese. C’è di più, molto di più. La seconda repubblica (per la terza, caro Di Maio, c’è da aspettare troppi cambiamenti che voi non sapete fare) si dimostra ancora una volta infinitamente più provinciale e di mente più ristretta della prima.
Un altro ministro possibile potrebbe essere Paolo Savona. Allievo tra i più cari di Guido Carli, si è occupato fin dall’inizio, tra Usa e Banca d’Italia, del debito pubblico italiano e di questioni macroeconomiche. Savona, mi ricordo, è sempre stato scettico sulla moneta unica. Anni fa, durante una conferenza alla Fondazione Ugo la Malfa, Savona chiarì la dinamica dell’Euro ma, nel dibattito, gli ricordai che la moneta europea è stata il pegno che la Thatcher e Mitterrand avevano richiesto per accettare la riunificazione della Germania. Dove sembra che ci sia la tecnica monetaria, c’è la politica e la strategia. Ha scritto, Savona, cose sensatissime sui mercati dei derivati finanziari, ritenendoli pericolosi e inaffidabili. Sarebbe un ottimo ministro, se solo lo lasciassero fare. Cosa che dubito. Vediamo come va, ma temo che l’eccesso di debito bloccherà ogni velleità di riforma.