Riformare la Costituzione
È ormai evidente a tutti che non solo alcune parti del sistema politico italiano attuale vanno cambiate, ma è l’impalcatura della nostra Costituzione che va trasformata radicalmente. Dal 1882 sono stati inventati, solo ma piccolo e cinico lampo di genialità delle nostre classi politiche, ben undici nuovi sistemi elettorali, oltre alla distruttiva “riforma del Titolo V” della Costituzione, nata con la L. Cost. n. 3 del 2001, dove si prevede l’autonomia di spesa e di entrate, sempre secondo l’art. 119 Cost. Le regioni avrebbero (secondo questa sciocchezza nata per depotenziare la Lega e tentare di inserirla nel quadro della sinistra) perfino autonomia nel rapporto con le Banche e con quella d’Italia. Il tutto fu realizzato pienamente nel maggio 2005, sempre per paura di far Vincere la Lega Nord, evidentemente.
C’è poi il tema regionalistico della finanza straordinaria, con risorse aggiuntive destinate dallo Stato (e non dalle Regioni) ad aree specifiche: quando c’è da spendere chiedono allo Stato; quando c’è da prendere diventano “autonome”.
Ma quanto costano le regioni? Per il solo personale politico impiegato ed eletto, oltre un miliardo l’anno. Per le altre spese, tra funzionamento e tutela legale, arriviamo fino a 145. 470 milioni, mentre per gli investimenti siamo a 17.951 milioni/anno.
Dal punto di vista strettamente politico, l’attuale Costituzione è comunque del tutto vecchia e inefficiente. Fu costruita per permettere una serie di condizionamenti e controlli incrociati tra maggioranza “atlantica” e potentissima opposizione filosovietica, con i primi che accettavano il rapporto di sottogoverno con il PCI e i suoi alleati, mentre i comunisti, in attesa di tempi migliori, accettavano un ruolo apparentemente secondario, ma non certo marginale. In tutte le memorie dei partecipanti alle discussioni della Costituente, da Togliatti a Paolo Rossi fino a Giovanni Malagodi, troverete queste note. Tutti, poi, ritenevano che la Costituzione, dopo la fine della guerra fredda, dovesse essere fortemente rimaneggiata. Il “bipolarismo imperfetto”, come lo chiamò Giorgio Galli, era tutto costruito sulle spalle dei piccoli partiti: manipolati o “comprati” dalla DC, o inglobati progressivamente dal PCI. Tutto ciò ci ha portato a rendere del tutto inefficiente, oggi, la Costituzione “più béla del mondo”, come la definì un arcaico ma simpaticissimo comunista piacentino.
Tutte le alte cariche sono, nella Costituzione attuale, frutto di mediazioni, la nostra Carta non permette oggi maggioranze forti e definite, salvo che avvenga magicamente un plebiscito elettorale, reso peraltro impossibile dalle sempre manipolatrici riforme elettorali.
Anche la riforma costituzionale di Matteo Renzi, che vedeva il Senato nominato tutto a partire dalle Regioni (e già troppa rappresentatività costituzionale hanno ancor oggi questi enti costosissimi e inutili) intendeva di fatto svuotare lo stesso Senato, già troppo “vecchio” per il giovanilismo banale del ragazzo di Rignano sull’Arno. Si sarebbero risparmiati 58 milioni in stipendi, ma con un risparmio, sul PIL italiano, di circa lo 0,005%.
Non vi è poi un testo serio di scienza della politica all’estero che non definisca la Costituzione italiana come “inefficiente” e “vecchia”. Quindi, per andare verso la Nuova Costituzione, occorre stabilire alcuni punti fermi.
L’elezione popolare del Presidente della Repubblica. Sarebbe il vero contropotere rispetto alle manovre dei partiti che lo hanno portato a quella carica, come invece accade oggi. O partitocrazia o presidenzialismo, non vi è una terza scelta. La partitocrazia tratta e media sempre il sedere con le Quarant’ore, il Presidenzialismo non ne ha bisogno.
A questo punto il Presidente nomina il Capo del Governo, poi valuta (anche sul piano della carriera) i candidati a dirigere i ministeri, può anche chiedere l’impeachment dell’Esecutivo o l’indizione di nuove elezioni, sentita la Corte Costituzionale. Può persino valutare, con il sostegno del Suo Ufficio, e con i consigli dovuti, la validità del programma governativo propostogli.
Il Presidente rimane Capo Supremo delle Forze Armate, e pone sotto il suo diretto controllo i Servizi Segreti, la Reti di Sicurezza militare non direttamente afferenti all’intelligence, i cui dati deve comunicare al Presidente del Consiglio.
Al Presidente e ai Suoi Uffici è affidata specificamente la politica estera, in collaborazione stretta con il Ministero preposto.
Il Presidente si elegge ogni sette anni, insieme al Parlamento.
Occorre continuità, nella politica italiana, non la sequenza di incompetenti o di mediocri pubblicitari che abbiamo avuto fino ad ora. Basta, davvero, con “i buffoni”.
Il Capo del Governo è proposto da una maggioranza di eletti al parlamento, che possono o meno corrispondere ai Partiti, ma sono comunque eletti che debbono garantire la stabilità parlamentare del Governo proposto.
Rimane il Senato, per evitare che gli incomprensibili verbiage, che di solito escono dalla Camera in forma di leggi, vengano almeno sintatticamente e scientificamente corretti dal Senato, che sarà in gran parte, almeno per il 51%, composto da figure non elette, di nomina presidenziale, ma di grande e indiscussa preparazione nei vari campi dell’economia, della finanza, dell’alta cultura, della Sicurezza, delle Arti e delle Scienze.
Le Regioni? Rimane valida la proposta del grande Gianfranco Miglio, che gli amici leghisti si stanno, purtroppo, dimenticando. Tre sole macroregioni, Nord, Centro e Sud, con limitata autonomia di spesa, i cui bilanci comunque saranno sottoposti, come testo di previsione, all’inizio dell’esercizio annuale, alla valutazione della Corte dei Conti, che avrà ruoli costituzionali aumentati rispetto agli attuali, definiti dagli artt. 100 e 103 della Costituzione.
Il Governo collaborerà con le tre Macroregioni solo attraverso la Conferenza Stato-Regioni, adeguatamente modificata. Conta solo il comando del governo e della Presidenza, le autonomie regionali esterne allo stato, come quelle “concorrenti” e paritarie, verranno abolite.
Sarà costituita una Commissione sulle Banche e la Finanza che sarà composta paritariamente dai delegati del Governo e della Presidenza della Repubblica.
Le Forze Armate saranno solo sotto la Presidenza, ma con una compartecipazione, per le questioni tattiche e logistiche, del Ministero della Difesa.
La rappresentanza è una bella cosa ma, se è troppa e troppo “liquida”, come oggi appare, occorre restringerla a favore dell’Efficienza.