Le mancanze della politica
L’assetto è molto importante. L’assetto è lo stato di cose che si presenta davanti agli occhi di un’indagine accurata. Qual è l’’assetto politico italiano oggi? Si tratta, in definitiva, di un assetto multipolare. La realtà politica italiana non ha molti volti ma ha molte facce. La multipolarità non è semplicemente partitica o di coalizione. Si tratta di un fenomeno politico che riguarda non tanto la consistenza magari elettorale dei singoli schieramenti quanto le molte facce della politica. Sovranismo, populismo, crisi del Pd, mancanza di una seria alternativa a sinistra, sopravvivenza strana e forse del tutto ininfluente di Forza Italia, partiti estremisti anche extraparlamentari alla destra della destra di governo. Molte facce per dire una cosa sola?
È come nei riguardi dell’ONU o della UE: c’è una governance globale ma manca un potere globale. Manca un singolo Stato o una singola Nazione che tenga le redini – che sovraintenda – al tutto. O, come la norma delle norme di Kelsen, manca un istituto sovranazionale che sia capace di regolare i flussi, i transiti, le diramazioni della politica e dell’economia. Così in Italia c’è un governo ma non c’è un potere. C’è una politica ma non ci sono i politici. C’è un contratto di governo ma non c’è un programma. Manca il collante insomma. Quello che una volta erano le ideologie. Manca il mastice. E il mastice fra politica e società dovrebbero essere le istituzioni. Dovrebbe essere la volontà popolare incanalata in un serio flusso di decisioni politiche.
Chi decide oggi? Come canalizzare questi flussi? Di chi è la volontà politica? Rousseau diceva che molti uomini insieme non sono più la somma delle loro singole volontà ma esprimono una volontà generale. Bene. È il senso del bene pubblico, del bene collettivo, cioè di quello che è stato fatto fuori oggi. Questa politica – anche quella di questo attuale governo in carica – appare attraversata da venature individualistiche (Salvini e Di Majo per esempio) più che rispondere a un’aspettativa generale. Ma poi qual è questa aspettativa generale? E che voce hanno gli italiani se vengono chiamati in causa solo al momento delle elezioni? Post-democrazia: democrazia dei sondaggi? Post-politica? Politica che ha dimenticato la contingenza? Machiavelli ne inorridirebbe. Manca un disegno, ma questo lo si è già detto.
A fronte di tutto questo ci sono sparute iniziative, salvare il salvabile, fare quello che si può fare. Non quello che si deve fare. E c’è l’Europa che preme con le sue richieste e la globalizzazione che avanza coi suoi traffici. L’Italia appare quindi, politicamente, un Paese piccolo e fragile – proprio come nella canzone di Drupi. Piccolo perché incapace di gestire tutto il politico che scaturisce dalla politica. E fragile perché incapace di frenare (vedi il caso degli immigrati) tutte le spinte centrifughe che lo attraversano. Insomma c’è un concetto di politico che tuttora permane: la sfera delle decisioni, la sfera che legifera, la sfera delle azioni umane che fornisce gli scopi all’agire comune. E poi c’è la politica che frammentata come è non sa fare proprio niente. C’è conflitto fra un concetto e un’attività umana. Fra il politico e la politica. E una politica senza il proprio oggetto è una politica (lontana dall’antipolitica di Grillo) che è incapace di svolgere le proprie funzioni. Rimane tutta l’architettura formale ma vengono meno i contenuti. Si, oggi stanno venendo meno i contenuti.