La soglia
Varcare la soglia. Passare oltre la soglia. Attraversare la soglia. Nella coscienza (nella mente umana) c’è una soglia. Tutto quello che è cosciente è separato dall’inconscio. L’inconscio non ha attraversato la soglia della coscienza…
Ma lasciamo stare la psicologia. La soglia è un termine del discorso filosofico molto particolare. Si tratta di un termine che stabilisce una porta, un’entrata, un uscio. La finestra che porta al di fuori di qualcosa. L’entrata che ci fa essere in un altro posto. Da luogo a luogo si passa attraverso la soglia. Che è punto di incontro fra un’entrata e un’uscita. C’è qualcosa che entra e c’è qualcosa che esce. C’è qualcosa che transita. L’idea di transito è insita dentro l’idea della soglia: punto maggiore di qualcosa che, nello stesso tempo, rappresenta il punto minimo di qualcos’altro che viene dopo. E c’è la contemporanea presenza, nella soglia, di quello che viene prima e di quello che viene dopo. È come se si fosse in presenza di un crinale, di uno spartiacque. Il torso, ottenuto per torsione, di una pianta che non ha più fiori e foglie. Il torso che rappresenta l’essenza di qualcosa (tolte le sue qualità accidentali) ma, nello stesso tempo, anche il punto d’incontro fra le possibilità (fiori e foglie) di qualcos’altro. L’apice della soglia è un punto nel quale e attraverso il quale (come nella coscienza) ogni cosa non è più la stessa. Ho coscienza che tu mi stai puntando contro una pistola, ma sono inconsapevole del fatto se questa sia carica o meno. Punto di incontro e apice che nello stesso tempo è punto debole e anello di sutura fra quello che c’è e quello che non c’è, la soglia rappresenta l’irrappresentato: quello che sfugge al concetto.
Qual è il codice denotativo del concetto? Cioè che può essere messo al di fuori del concetto e che rappresenta il concetto, che cos’è? Che cosa può fungere da apice del concetto e da punto mediano e asse di congiunzione dell’intuizione? La soglia stessa, diremmo senza sforzare troppo la fantasia. Ma c’è una soglia anche nell’uomo. Io ho 48 anni e questi sono la soglia che mi permette di entrare nei 49. Devo attraversare tutti i 48 anni per poter accedere all’età successiva: bisogna attraversare la soglia per portarsi oltre la soglia.
La domanda è: ma se oltre la soglia non ci fosse niente? «Difficile non è nuotare contro la corrente/ ma salire nel cielo e non trovarci niente» cantava Ivano Fossati in Lindbergh qualche anno fa. E se la soglia denotativamente (come fra intuizione e concetto) separasse il tutto dal niente? Ma poi: cos’è questo tutto? L’etica? La politica? L’antropologia? L’essere umano? E se anche questo tutto presunto (le intere società, per esempio) non fossero in realtà che una parte del tutto?
Gli antichi greci, ci spiega Giovanni Reale nella sua Storia della filosofia greca e romana cercavano l’intero. Ma questo intero (Dio, uomo e mondo insieme) che cos’è? È anch’esso al di sotto della soglia? Occorre stabilire cosa c’è prima della soglia e cosa c’è dopo? Il tempo intercorso (distanza fra un prima e un dopo, secondo Aristotele) fra il prima della soglia e il dopo della soglia rappresenta (è proprio il caso di dirlo stavolta non in termini politici): l’esatto perimetro della soglia. Oppure il punto della soglia; l’infinitesimo e atomico punto di soglia che può anche essere un respiro.
Ma cosa c’è prima della soglia? Il tutto? L’uomo? Il niente? Occorre, a questo punto, squadernare tutte le caratteristiche della soglia. Dal punto di vista della connotazione si ha che l’aspetto più rilevante della soglia stessa è il suo essere punto di transito, luogo di scambio, anello di congiunzione fra un prima e un dopo. Ma cos’è un luogo di transito? È un aeroporto. È una stazione ferroviaria. È un autostrada. L’aspetto dicotomico della nozione di soglia è il suo essere scissa fra due istanti fra di loro incompatibili. Esiste una antinomia, infatti, fra il tutto e il niente, fra la parte e il tutto, fra l’essere umano e la soglia della sua estinzione. Bisogna enucleare bene il problema: a causa di uno smottamento semantico si ha che il terreno acquitrinoso (e argilloso) che sta prima della soglia viene catapultato nel cielo dolorosamente bianco e algido che sta dopo della soglia. Ovvero c’è un’implicazione fra il prima e il dopo. Tutto quello che si trova oltre la soglia, in qualche modo, deriva da tutto quello che stava prima di essa. Che si trovava in un punto precedentemente all’avvento della soglia. Scatta una specie di transfert: questa polarità (di per sé isomorfa a quella che esiste tra la vita e la morte) ci conduce sul crinale di una specie di linea orizzontale spezzettata. Non era forse questo l’orizzonte di cui parlava Gadamer?
Bisogna operare una traslazione e derubricare il reato (che costituisce la radice della querelle fra il mondo della soglia e quello che sta prima e dopo la soglia) di appropriazione indebita della soglia… E se la soglia la si dovesse lasciare libera e vagante per quello che è e per come è? Occorre tesaurizzare tutto quello che si è andato scoprendo fino a questo punto. E occorre mettere in evidenza ciò che è irrelato rispetto a quello che è in relazione. Irrelato è il momento stesso della soglia: relazionabili appaiono il prima e il dopo – quantomeno fra di loro stessi; fra essi stessi, quantomeno, sussiste la relazione che il prima viene prima del dopo e il dopo viene dopo del prima. C’è tutto un gusto polemologico a questo punto che si fa avanti in un universo per altro versi anodino. Insignificante infatti è il momento dell’attraversamento della soglia ma il prima e il dopo si fanno la guerra. Dunque, forse, non esiste affatto la soglia?
Detto sic et simpliciter, e andando per via di riassunti, si ha che la soglia rappresenta solamente se stessa. Non esiste un prima e non esiste un dopo. Si tratta di un lemma (etico-politico, credo) che vuole dire e significa: il problema cruciale è l’attraversamento. Stricto sensu questo è il problema della deiezione. Da Heidegger in poi siamo alle prese con gli aspetti negativi del problema della finitezza umana. E della necessità di varcare la soglia dei propri limiti oggettivi per…
Già, per cosa? C’è un isomorfismo bilaterale: soglia da una parte e corpo umano dall’altra, ma forse le cose non stanno neppure così. L’isomorfismo è più completo: finitezza-infinito. Limiti e capacità. Ma qui siamo dalle parti delle filosofie della mente che studiano l’intelligenza umana.
Chiamiamo in correità Dio? Qual è la soglia – eventualmente – monolaterale attraverso cui Dio guarda le cose umane? Ci appare subito chiaro che Dio non possiede tale soglia – non avendone bisogno. E se allora l’uomo fosse quell’essere particolarissimo che non ha bisogni, ma che ne ha bisogno? La cogenza di tutto il ragionamento sta tutta qui: prima facie la soglia esiste e rappresenta qualcosa che è molto simile a se stessa; in seconda battuta e monologicamente: esiste qualcosa che attraversa la soglia? E se la soglia fosse, lì dove esiste, da sola in maniera imperitura? E se la soglia non permettesse l’attraversamento ad alcuno?
Operiamo adesso una stilizzazione. Irradiamo i raggi della soglia attraverso una dislocazione di lemmi e termini. C’è un’effrazione: il plesso denotativo si spezza. Per capire la soglia si deve fare riferimento solo alla soglia stessa. Ma a quel punto è come parlare di una porta, di una finestra. Che permettono di vedere che cosa? È il senso di un’apertura. Allora c’è bisogno di una filosofia dell’apertura o forse di un’apertura della filosofia.
Prendiamo per buono quest’ultimo appunto: apertura della filosofia verso cosa? Verso tutto ciò che non è filosofia. Allora la soglia rappresenta se stessa come cane, bigodino, telecomando ecc. Tutto ciò che non è filosofia si apre alla filosofia. Oppure la filosofia fagocita tutto il resto in una cannibalizzazione che fa le sue vittime: Dio, uomo, mondo. La filosofia vuole l’intero. Che per Hegel è: il vero. La soglia è dunque la verità?