Sono pazzi questi romani
Il latino è una lingua morta? Se lo è – ed è legittimo pensarlo – si faccia il piacere di non impiegarlo quando si parla pubblicamente di politica o di altro. E soprattutto non lo si usi a sproposito nei mass-media. Si è usato fino a ieri nelle liturgie e negli scritti teologici, continua a essere studiato nelle università e nelle aule di giustizia, perché come noto molti diritti europei sono nipotini del diritto romano, del Corpus Iuris Civilis giustinianeo penetrato nel sistema giuridico sin dall’altomedioevo.
Il latino non si conosce, o si è dimenticato quel poco che si era appreso controvoglia? Si usi l’inglese, altre lingue neolatine, o, per il meglio, l’italiano. È l’italiano la lingua che la RAI ha aiutato a diffondere nel Paese, perché adesso tutti da quelle parti parlano romanesco? E addirittura citano a sproposito il latino.
È penoso sentire gli sproloqui dei giornalisti e dei parlamentari. Non si tratta nemmeno di latino maccheronico; sono proprio errori da quarta ginnasio.
Anche Craxi era stato preso in giro per una serie di sfondoni: non lo aveva studiato alle superiori però lo usava. Ma almeno Craxi era un politico di grande levatura. Qui ci sono i nanetti della politica, i neofiti del transatlantico, e ohibò anche i giornalisti a scrivere (e leggere) fesserie.
In una sola trasmissione radiofonica del mattino mi è capitato di sentire due volte pronunciare ius solis nella rassegna stampa, e di leggerlo in un paio di altri casi nei giornali. Ecco quindi che serve una rapida spiegazione.
Ius solis è una bischerata sesquipedale (come direbbe Brera): significa “il diritto del sole”, solis è il genitivo di sol = sole. Chiaro?
Ius soli è la forma corretta, significa “il diritto del suolo” nel senso di “terra dove si risiede, si vive”.
Soli è il genitivo di solum che significa “suolo, terra”. Chiaro?
E ora riprendete a usare le vostre parole inglesi, e se volete usare la lingua morta almeno usatela bene e non toglietela dall’insegnamento superiore.