Il magma della sovranità
Popolo, territorio e sovranità costituiscono l’essenza dello Stato. Si tratta di tre termini filosofico-politici ambigui. Si tratta di tre categorie non facilmente definibili in termini concreti ma anche teorici.
Che cos’è il popolo? Come si distingue un territorio da governare attraverso delle leggi, un parlamento e un governo? E infine: che cos’è la sovranità?
A quest’ultima domanda risponde Carlo Galli nel suo libro Sovranità (Il Mulino, 2019). Intanto apprendiamo subito che sovranità «significa un potere politico con alcune specifiche caratteristiche: di essere sommo, il che può voler dire tanto che è superiore ad altri poteri, quanto che è il potere unico, non riconosce un altro potere sopra di sé o accanto a sé (questo potere può essere anche il punto ideale in cui converge una pluralità di poteri distribuiti in istituzioni differenziate); di essere esteso senza fine nel tempo, cioè perpetuo; e al contrario di avere una specifica determinatezza nello spazio, cioè di valere su di uno specifico territorio, entro certi confini; di essere legge a sé stesso, autonomo, di conservare la pace interna con il monopolio della violenza legittima, e di poter minacciare la guerra all’esterno».
Insomma con il concetto di sovranità ci troviamo di fronte a un vero e proprio magma concettuale. In fondo la sovranità è «Il modo in cui un corpo politico si rappresenta (o si presenta) per esistere, per volere, per ordinarsi e per agire secondo i propri fini, nell’epoca moderna in cui l’ordine politico non è più legittimato da fondamenti tradizionali».
La sovranità è dunque un potere magmatico che «fa esistere» un corpo politico. Ma il suo essere magmatico fa sì che questo concetto (questa categoria politica) non sia in sé stessa un’istanza «in sé conclusa e autosufficiente». Siamo di fronte a un concetto, una categoria, un’istanza politica (che rappresenta un potere) che non ha una definizione chiusa ma che si presenta, come l’opera di Umberto Eco, in sé «aperta» e contraddittoriamente definita da connotazioni opposte. Inoltre essa possiede un altro tipo di apertura: quello basato sulla sua non compiuta definizione che la lascia trasparire in modi e tempi che non si basano sull’esatta evoluzione politica del momento e meno che mai sulla storia stessa del concetto: ma che si basano su rappresentazioni politiche che fungono da coloriture in sé ambivalenti e opposte.
Il proliferare odierno dei cosiddetti sovranismi che tipo di fenomeno politico è? Quanto c’è del concetto di sovranità nelle politiche proposte da questi partiti sovranisti? Chi sono gli avversari della sovranità? Chi sono i difensori della sovranità?
La sovranità intanto (come tutta la politica attuale) ha carattere contingente, finito, immediato piuttosto che mediato da altre istanze politiche. E questa sua contingenza sta nella relazione «Fra le ragioni del singolo, della società e del potere». Questo costituisce appieno il carattere inconcluso della sovranità: il suo essere un magma sia dal punto di vista dei suoi contenuti specifici che dal punto di vista della sua applicazione pratica e quindi politica. Veniamo adesso a «oggi».
Carlo Galli, nel corso di questo denso e utilissimo saggio, afferma che la sovranità oggi ha almeno due nemici che fanno parte (come portato) delle radici teoriche del razionalismo moderno. Da una parte abbiamo alcuni sviluppi del pensiero giuridico che ipotizzano che «sia cresciuto un sistema giuridico internazionale che, inizialmente pattizio, si è ispessito e sviluppato come autentico jus cogens, vincolante per le potenze operanti sulla scena globale, proprio come all’interno di uno Stato i soggetti fisici e giuridici sono vincolati dal diritto locale (la cosiddetta “analogia domestica”». L’antro nemico della sovranità è la caratteristica più peculiare del capitalismo globale: la ricerca dell’utile. Carlo Galli acutamente osserva a questo proposito: «La “proprietà” si è emancipata dalla sovranità, come spazio politico determinato, proiettandosi lungo vettori transnazionali e trans-sovrani».
Oggi come «forma economica» trionfa il neoliberismo. Ma questo per la sovranità è un problema. Infatti: «L’economia neoliberista tende a proporsi… come autonoma, capace di darsi legittimità da sé, e quindi come essa stessa sovrana; ma di una sovranità che non richiede tanto l’unità politica quanto l’unità del mercato, nel quale agisce una pluralità omogenea di soggetti in grado di calcolare razionalmente il proprio utile e al tempo stesso animati dalla pienezza di un’energia debordante, da un’entusiastica volontà di potenza e di successo».
Stretta fra gli ingranaggi di queste due morse la magmatica essenza della sovranità fa scaturire – dalla dialettica amico/nemico tanto cara a Carl Schmitt – i suoi amici: si tratta dei partiti e dei movimenti che si presentano come autenticamente sovranisti. Infatti: «All’interno degli Stati c’è, oggi, la richiesta di una più forte sovranità, in chiave protettiva» mentre gli Stati sono a stento «Definibili, all’interno come “sovrani”, dotati di una sovranità intermittente, occasionale». Galli infine dice: «La sovranità, infine, oggi è immersa in un mare di relazioni economiche e culturali trasversali, in un oceano di migrazioni, in una tempesta di conflitti, che le impediscono di essere una “fortezza”; che stressano i suoi confini, e che, accentuando la disgregazione e il correlato autoritarismo interni, facilitano il ricorso “normale” a strumenti d’eccezione».
Questi nuovi movimenti sovranisti hanno un’idea precisa delle contraddizioni alle quali è esposto oggi il magma della sovranità? Si riferiscono forse essi a un’idea di sovranità in sé conclusa e autodefinita?
Ma se fanno questo vengono meno proprio al rispetto verso l’idea magmatica della sovranità in sé aperta e contraddittoria. I partiti sovranisti attuali cercano di «Recuperare la distinzione fra interno ed esterno, e tra pubblico e privato; ovvero il perseguimento di una nuova protezione, la volontà di ridurre l’insicurezza generata dalle potenze che si abbattono sulle società occidentali, generano impoverimento materiale e ansietà sociale e identitaria, che precipita in paura permanente, in angoscia. Si tratta di potenze economiche, i mercati che i loro magnificatori definiscono inesorabili e onnipotenti… senza capire che appunto tale pretesa è ciò che genera la lotta di larghe fasce popolari contro i mercati stessi».
Riassumendo: i partiti sovranisti di oggi chiedono una maggiore protezione (con riferimento agli altri due elementi che costituiscono la nozione di Stato: popolo e territorio) a fronte di una precarietà (non solo lavorativa) vissuta in maniera angosciosa e giungono per formulare politiche spesse volte razziste, xenofobe e anche antisemite. Insomma e per concludere oggi «La richiesta che gli Stati tornino ad appropriarsi della sovranità ha più il segno della tutela delle esistenze singole e familiari, dei piani di vita individuali, che non dell’ipertrofia del “politico”, della volontà di potenza nazionalistica».
Lo Stato sovranista, insomma, non è composto più da una collettività (quale è il popolo) ma da singoli individui atomici. E non si sviluppa più su un territorio (che viene solcato e attraversato da aziende Multinazionali, da politiche internazionaliste a da nuove comunità transnazionali quali Internet).
Vengono meno dunque, se si presta fede alle politiche sovraniste, i due elementi sui quali si basa lo stato moderno. A questo punto forse potremmo parlare di un nuovo sovranismo senza Stato.