Concita ama solo Barcellona…
Gentile Concita De Gregorio, sono un docente italianista dell’università valenciana. Amo molto l’Italia e anche la Spagna, il mio paese. Credo nella flessibilità e nel dialogo fra gli esseri umani, ma credo anche nei principi democratici che organizzano le nostre società.
Vorrei fare qualche commento a proposito del suo articolo di qualche giorno fa su La Repubblica, intitolato “Europa, siediti e parla”. Vorrei farle notare alcune inesattezze e incongruenze del suo testo:
- Mi sembra infelice paragonare i catalani ai curdi. Le due questioni sono troppo diverse: la situazione curda è veramente tragica, quella catalana è fintamente drammatica.
- “Quelle ragazze e quei ragazzi” che lei cita con benevolenza hanno occupato lunedì un aeroporto (El Prat), negando il diritto a spostarsi e danneggiando gli interessi di migliaia di cittadini e si sono scontrati violentemente con la polizia che, come in tanti paesi democratici, ha cercato di far valere i diritti di tutti. Capisco che in Italia certe volte la polizia abbia degenerato dal suo ruolo, ma non durante la democrazia riconquistata in Spagna.
- La “indipedenza soprattutto di gestione economica e culturale” i catalani ce l’hanno già da parecchi anni, al di sopra di qualunque altra regione in Europa (ad esempio con una polizia propria di 17mila membri). No, non vogliono quello che scrive lei perché lo hanno già ampiamente. Loro vogliono l’indipendenza, costi quel che costi.
- Il referendum illegale del 1° ottobre 2017 era stato vietato non dal Governo centrale di Rajoy, come scrive lei, (governo comunque eletto e pienamente democratico) ma nientemeno che dalla Corte Costituzionale. Allora che cosa propone lei: dobbiamo fare a meno dello stato democratico e delle sue massime istituzioni?
- Lei scrive ancora che in quella data “l’esercito spagnolo era in assetto di guerra”. Assolutamente no. L’esercito spagnolo non ha mosso un dito. Sono intervenute solo più polizie locali e generali.
- Lei scrive: “Le destre compatte di fronte alle sinistre divise”. No, in Spagna ora sono divise le destre e le sinistre (3 partiti almeno in ogni settore: PP, C’S, Vox//PSOE, Podemos, Más País) sono insieme.
- Non combacia che secondo lei il tribunale sia stato giusto nella qualificazione del delitto e ingiusto nelle pene, perché non è molto serio sommarle tutte “cento anni di carcere”. Infatti, ci sono 12 condannati, di cui 3 solo multati. E di fatto si calcola che la maggioranza di essi, a Natale, potrebbe essere già agli arresti domiciliari.
Infine non ho gradito affatto le sue indicazioni riguardo ai “maestri” di questa “battaglia”. Soprattutto mi ha colpito il fatto che lei prenda Guardiola, un allenatore di calcio, come il faro da seguire. Lei ha scritto che lui è stato l’autore de “le parole più significative, l’editoriale più interessante”. E di fatto ha riprodotto l’intervento dell’allenatore ampiamente.
Quindi Guardiola e non Savater, non Cercas, non Aramburu? Non intellettuali, né filosofi, né scrittori; un ex calciatore come guida morale?
Lei, insomma, ha scritto un articolo che non è nemmeno di opinione, ma pura propaganda della causa catalana. Non è quello che io mi aspetterei da una brava giornalista. E da un giornale autorevole come La Repubblica mi aspetterei rigore, imparzialità, veridicità.
Purtroppo gli indipendentisti hanno di fatto diviso la società catalana e hanno rovinato la tranquilla convivenza sociale di prima. E contrariamente a quello che lei scrive, c’è xenofobia e violenza latente nell’indipendentismo catalano: basta vedere quello che sta succedendo in Catalogna in queste sere; basta ascoltare come appellano gli altri spagnoli, con quale violenza. O basterebbe ricordare le parole pubblicate dal leader Torra nel 2012, oggi presidente del governo indipendentista catalano, sui cittadini che parlano spagnolo. Diceva Torra che sono: “Bestias carroñeras, víboras, hienas. Son bestias con forma humana que destilan odio”. Da che pulpito…
No, cara Concita, io non voglio la tribù, vorrei cittadini liberi.