Golden Power, a cosa serve
Il vecchio golden power, in effetti, esiste già. Nasce addirittura nel 2012 (D.L. 15 marzo 2012, n. 21). Oggi, nel decreto “liquidità” la normativa del 2012 viene ulteriormente ampliata e rafforzata, soprattutto per evitare che le svalutazioni di Borsa, o altre operazioni avverse sui mercati, non aggrediscano definitivamente la nostra crisi economica, che inevitabilmente si manifesterà dopo la fine del lockdownindustriale italiano causato dalla pandemia da Covid-19.
Caduta del 15% del Pil? È probabile. Ma nessuno può fare, oggi, delle vere previsioni. Ma si fanno affari soprattutto quando il venditore è in bolletta, e svende. Siccome i mercati sono fatti da sciacalli e non da lupi, e quindi si aspetta che la preda sia già morta, occorre stare molto attenti a non dare il segnale di essere pronti a essere sacrificati.
La nuova Golden Power è, in sostanza, un vero e proprio diritto di veto azionario, che il Governo italiano si riserva su operazioni di fusione e acquisizione di quote azionarie, comunque definite, anche parziali o addirittura complessive, di aziende che sono state definite strategiche per l’economia nazionale.
Fino ad oggi, e questi erano i settori primari del nostro “interesse nazionale” economico, la Golden Share, più che il nuovo Power, si esercitavano nei confronti delle aziende della Difesa (ovvio) e su quelle relative alla Sicurezza Nazionale, ancora più ovvio, oppure nell’Energia, e Dio solo sa quanto non ci è stata utile la vecchia Golden Share per proteggere l’ENI, obiettivo primario della stupida guerra in Libia contro il “tiranno” Gheddafi, poi e infine per i Trasporti e le Telecomunicazioni.
Mi ricordo che, quando uscì un ormai mio vecchissimo saggio su “Affari Esteri”, addirittura nel 1998, n. 118, (v. qui al link http://www.affari-esteri.it/ae1998.html#2) intitolato “Interesse Nazionale”, mi beccai la più stupida delle offese politiche, quella di “simil-fascista”. Quando si studiano le relazioni internazionali e l’economia al bar, capita anche questo.
Ma torniamo alla normativa attuale. La vecchia “golden” share è un istituto giuridico, ancora attivo, che permette a un azionista, di solito a uno Stato, di riservarsi dei poteri speciali, che impongono la proibizione della vendita di azioni o dell’intero assetto societario. Il Golden Power attuale, invece, copre i punti in cui si erano apertamente rivelate ai nostri Servizi molte operazioni avverse di Paesi, amici o avversari strategici (è lo stesso) che miravano all’acquisizione di nostre imprese-chiave, per il classico tozzo di pane.
Fidandosi, in particolare, della normale regolarità delle transazioni azionarie. Non basta di certo. Il nuovo decreto 2020, infatti, contempla, oltre le vecchie imprese di interesse nazionale, anche le assicurazioni, il credito, la finanza, l’acqua pubblica e le utilities di base, poi il settore della salute e la farmacopea poi, infine, la cybersicurezza.
Non meravigliatevi: nel 2019, ci sono stati nelle nostre Piccole e Medie Imprese, ben 1670 attacchi informatici gravi, con una crescita del 91,2% rispetto al 2014. Sempre nel 2019, i maggiori attacchi cyber riguardavano il vero e proprio crimine informatico, l’asportazione di dati riservati delle reti aziendali, il malware e, sempre nell’anno passato, vi è stato nel mondo delle imprese una vittima di cybercrime al secondo.
I gruppi aziendali, non necessariamente quotati in Borsa, e soprattutto con le vendite allo scoperto di titoli, già bloccate da Savona presidente della Consob, che è uomo che ha notevoli esperienze di tipo intelligence, ma come peraltro accade con molte società anche di rilievo, sono sempre sotto attacco, oggi.
Le relazioni interne al Copasir (Comitato Parlamentare sulla Sicurezza della Repubblica) e ai Servizi hanno identificato facilmente operazioni ostili su Unicredit, Mediobanca e Generali, per non parlare delle mire francesi, con la loro piccola società di gestione, che è il solito “veicolo” finanziario in cui non si vede mai bene dentro, ovvero Eurnext, della Borsa di Milano, che è oggi posseduta da quella di Londra al 100%.
Un sogno sarebbe ancora, per i tedeschi, ci hanno tentato varie volte, di fare una fusione per acquisizione con Milano di Deutsche Börse, ma l’UE ha bloccato più volte l’operazione per evitare la creazione di un monopolio.
Dell’ENI abbiamo già detto, ma ci sono stati anche attacchi finanziari sui titoli o tentativi di penetrazioni aggressive, utilizzando la massa dei piccoli investitori, su Avio, che è oggi protagonista nello sviluppo dei lanciatori Vega, essenziali per la posizione in orbita dei piccoli satelliti, ma ci sono altre segnalazioni serissime su alcuni gruppi immobiliari italiani, oltre alla solita Unicredit, oggetto del desiderio di più di una tra le grandi banche europee. Che se la passano peggio di lei.
Si intitolava infatti “guerra senza limiti”, quando uscì, anche in italiano, anni fa, il vecchio libretto di Liang Qiao e Xiangsui Wang, dove i due autori, e colonnelli dell’Armata di Liberazione Popolare cinese affermarono, mai smentiti in seguito, che “la guerra non è più nemmeno una guerra”.
Oggi ci si scontra con criteri bellici, non detti, anche nei media, oppure nei cambi a termine rapidissimi sui mercati finanziari globali, oppure nel primato tecnologico in alcuni settori e nello scarico delle tensioni globali verso i propri nemici, che le pagano e si indeboliscono. Cosa credete che sia la crisi africana, o perfino la pandemia da Covid-19?
Non si tratta di storielle su dove si sia originato il virus, è lo scontro tra chi vuole ritornare prima alla produzione, come in certi Paesi UE, per fare le scarpe a quelli che si sono interessati, bene o male, della salute pubblica. Anche questo è un divide strategico e militare, solo che non è necessario sparare un colpo.
Si pensi poi alla condotta fiscale e operativa di Amazonin UE, alle costrizioni, imposte agli Stati, di vari attori globali in Europa, (Google, Facebook, o anche Netflix) nei confronti sia di Stati che di imprese, o alla promozione, altro elemento di guerra asimmetrica, di stili di vita particolari. Questo è tutto un modo di fare guerra senza sparare un colpo. E la guerra asimmetrica è soprattutto una guerra economica e finanziaria, sempre.
Ma torniamo alla normativa attuale italiana del Golden Power. Il governo potrà opporsi a vendite o acquisizioni, o bloccando completamente l’operazione, oppure predisponendo alcune condizioni particolari, per consentire il completamento legale delle operazioni di vendita. Ovviamente, le normative sulla concorrenza, nell’ambito del diritto europeo, saranno rispettate. Ed è proprio qui che, probabilmente, starà il futuro possibile “trucco” degli attaccanti.
Ovvio è che non si possa definire come interesse generale qualsiasi cosa, perché l’interesse nazionale è molto specifico e settoriale e, certo, non si applica alle fabbriche di pomodori pelati, o a quelle di radioline, ma nemmeno a quelle di automobili, prodotto “maturo” e obsoleto quanti altri mai. Se tutto diviene interesse nazionale, niente lo è più.
Ma dove ci sono assetessenziali, tecnologici, finanziari, energetici, direi perfino “culturali”, è bene coprire, contro ogni ingenuità da “albergo del libero scambio”, i propri “campioni nazionali” con una legislazione ad hoc.