23 Novembre 2024
Culture Club

L’armonioso caos del coronavirus

C’è un bel libro di Renata Pisu dal titolo Né Dio né legge (Laterza, 2013) che ha come sottotitolo Un caos armonioso. In questo libro si racconta come un popolo, quello cinese,  con una storia millenaria sia riuscito nel bene e nel male a creare una cultura unica, un caos armonioso in cui non esiste un unico Dio né una sola legge. C’è stato un periodo, intorno agli anni ’70, che molti di noi (figli del ’68) hanno amato la Cina. Nei cortei si gridava “W Marx, W Lenin, W Mao-Tse-Tung”, si leggeva avidamente Stella rossa sulla Cina di Edgar Snow e si andava a vedere il film di Marco Bellocchio La Cina è vicina, solo perché attratti dal titolo. Poi il ’68 è passato, ne abbiamo individuato le contraddizioni e i limiti, senza per questo diventare revisionisti, ma insomma il mito di Mao era sfumato così come altri miti legati a quell’epoca irripetibile. Adesso quel “caos armonioso” di cui parlava la Pisu è diventato un caos orrendo trasformatosi in pandemia e anche in questo caso la Cina è protagonista, anzi ne è responsabile.

In molti oggi citano il modello cinese che è riuscito ad arginare in un tempo relativamente breve la pandemia, altri lodano i cinesi che ci stanno fornendo aiuti, (sarà il senso di colpa?)  altri invece criticano il loro operato e denunciano le menzogne che hanno fatto circolare su questo evento.
In molti, in questi giorni di immane tragedia, mi hanno chiesto di scrivere qualcosa, di testimoniare, di contribuire in qualche modo a questa cordata solidale di sopravvivenza all’isolamento.
In realtà non ho molto da dire, trascorro le giornate leggendo, ma lo facevo anche prima. Guardo i telegiornali ansiogeni che parlano di picco, di discese, di plateau,  ci informano che i contagi diminuiscono ma aumentano i morti,  che la luce in fondo al tunnel non si vede ancora etc …  Però, la chiusura delle librerie mi ha portato a riprendere in mano libri che non leggevo da tempo, in una sorta di recherche del testo perduto. Ho ripreso in mano Cassola, Pavese, Achille Campanile e molti altri ancora.
Ma non sono sereno, ho paura e sono molto incazzato (per usare un eufemismo) con i cinesi perché se adesso ci ritroviamo in questa situazione la colpa è solo ed esclusivamente loro. Loro che hanno fatto passare otto ore prima di blindare Wuhan dove avevano individuato il corona virus, permettendo a cinque milioni di cinesi di darsela a gambe levate, trasformandosi in un esercito di untori.

Xi Jinping non è Mao e quella rivoluzione culturale portata avanti dal “grande condottiero” è stata snaturata in tutti i sensi dando vita ad un ibrido unico nel suo genere che si regge su un paradosso quasi surreale: un paese comunista che ha sviluppato una forma di capitalismo  cinico e micidiale. Ma la responsabilità del sistema cinese in questo caso è evidente. Certo poi sono stati bravi a contenere i contagi, anche se sui numeri reali hanno barato, ma non lo sono stati altrettanto nel prevenire.

In questo periodo si sta riscoprendo a livello giornalistico e dei media l’uso indiscriminato della metafora, farcita di un alone militaresco dove i medici e gli infermieri sono gli eroi che combattono in prima linea, sul fronte del virus, senza barriere protettive, sacrificando le loro vite.
Ma questi medici e infermieri, che eroi lo sono davvero, sono anni che combattono le loro battaglie contro un governo che ha sempre ridotto gli investimenti sulla sanità contro un’ Università (la facoltà di medicina)  che, con il numero chiuso,  ha creato test d’ingresso mostruosi per assumere nuovi medici, inibendo spesso l’accesso alla stragrande maggioranza di loro e ora, in un battibaleno, ne vengono assunti in massa, senza concorsi e senza raccomandazioni. Allora, c’è da chiedersi: ci voleva la pandemia, ci volevano migliaia di morti per capire che negli ospedali mancano   sussidi, medici e infermieri, che il sistema sanitario italiano fa acqua da tutte le parti, tranne qualche isolata eccellenza.

Per concludere dirò che io non mi sono affacciato al balcone  a cantare Azzurro né tantomeno ho approfittato   di questo tempo per riscoprire me stesso e gli altri (operazione che ho concluso da tempo)  né ho cercato questa solidarietà di facciata effimera e artificiale sbandierata da tutte le parti come una sorta di panacea; perché succede sempre che nelle difficoltà estreme e nelle partite della Nazionale di calcio si scopra  questa forte identità nazionale che in tempi normali ognuno si guarda bene dal manifestare, tutto preso dal suo particulare come aveva ben capito Guicciardini.

Ah, un’altra cosa per concludere: questa tanto osannata globalizzazione che ha sempre tenuto ai margini i derelitti del terzo e quarto mondo ora invece rischia di falcidiarli, visto che in quei paesi non esistono sistemi sanitari in grado di fronteggiare questa emergenza. Oltre al danno la beffa…
E infine voglio dedicare ai medici e a tutto il personale sanitario un pensiero di Confucio, tratto dai Dialoghi perché credo che rispecchi in pieno quello che stanno facendo.
Confucio disse: Il sapiente non ha incertezze, il caritatevole non ha ansie, il coraggioso non ha timori.