Oggi, 25 aprile
Cara Carla, caro Rodolfo,
Vi scrivo dalla parte di qua, so che mi leggerete come facevate quando spedivo da condizioni lontane o continenti distanti. Lo abbiamo fatto tutte le volte che lo ritenevamo giusto, o tutte le volte che si rendeva possibile. Lo abbiamo fatto fissandoci negli occhi e con la mano tremante. Siamo fatti così.
Sono passati 75 anni da quando con i vostri compagni scendeste dai monti, lasciaste i rifugi, gli anfratti, nascondeste un po’ di armi sotto l’altare di un prete per bene, come dicevi tu, babbo. Era prudenza, non si sa mai.
A me manca ancora qualche mese e poi avrò esattamente 75 anni. 75 anni fa l’Italia fu liberata dalla dittatura fascista, nacque con me la Repubblica Democratica fondata sul lavoro. La più bella Costituzione scritta con tanto di norme Transitorie e Finali, con l’articolo XII che vieta la ricostruzione del disciolto partito fascista “sotto qualsiasi forma”. Facile no? Vieta vuol dire vieta. Non consiglia, raccomanda.
Comunque, quando ci avete lasciato avevate ragione a essere fieri di tutto quello che avevate fatto. E ho difficoltà a dirvi quel che stiamo vivendo noi, in quello che voi mi avete sempre detto essere il nostro Paese. Non ci crederete ma siamo tutti agli arresti domiciliari. Ma non per cattiveria, per senso condiviso di responsabilità. A renderci uguali è un virus, si chiama Covid 19, le sue vittime preferite sono anziani. Si annida, attacca e uccide. Si combatte solo obbedendo e fidandosi.
Si combatte provvedendo alla difesa di chi soccorre e alla cura dei colpiti. Si combatte però anche mettendo al sicuro le linee di produzione. Ancora le fabbriche, quel che ne resta. Come faceste voi quando impediste ai tedeschi di smantellare le presse, gli altiforni, le linee, le officine; quando le occupaste, quando immaginaste e poi lottaste per il mondo nuovo. Fatica, sudore, compagni che cadevano e Faliero che cadde tra le tue braccia babbo.
Conquiste, delusioni. Voi ce l’avete messa tutta e noi siamo cresciuti talmente sani che siamo anche istruiti.
Babbo, ci hai lasciato che avevi soli 62 anni, la galera, le botte, la tubercolosi, il tumore si erano accaniti su di te. Per abbatterti si sono mossi in tanti.
Tu mamma invece: spazzolone in spalla, con quella economia che avevi costruito col tuo uomo prima che morisse hai tenuto, non hai tremato, sei voluta stare sola.
Mamma, ma perché non hai trovato un uomo buono per farti compagnia? E tu: perché potessi accettare la vicinanza di un uomo avrebbe dovuto avere tutti i pregi del tuo babbo e nemmeno un suo difetto. Hai resistito a lungo. Eri tale e quale al 25 Aprile: bella come la vittoria.
Non so come andrà di qui a poco ma alla fine andrà tutto bene. Vi terrò informati.
Guelfo