15 Novembre 2024
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Effetti politico-economici della pandemia

È ormai evidente che l’attuale pandemia ridistribuisce tutte le carte del potere mondiale. In linea di massima, chi avrà meno morti (veri) e meno danni all’economia si troverà avvantaggiato nella nuova globalizzazione post-Covid-19; chi invece si fermerà per più tempo, sarà definitivamente rallentato o addirittura messo da parte. La crisi sanitaria ha già messo in stato di isolamento metà della popolazione mondiale, a soli tre mesi dallo scoppio della pandemia.
Certo, il virus è ancora particolarmente “forte”, ma è ovvio che la globalizzazione degli spostamenti e degli scambi ha amplificato, e di molto, il potenziale infettivo già elevato. Ed è finita pure l’ingenua speranza che i nostri sistemi sanitari siano del tutto funzionali, visto che sono stati tutti immediatamente sommersi dalla pandemia. Abbiamo disinvestito nei fondamentali del Welfare State per rincorrere pareggi di bilancio inesistenti, investimenti chissà dove e una credibilità finanziaria da chi è ormai drogato di prestiti.
Non parliamo qui degli Usa, che non si pongono nemmeno il problema se la loro rete Medicare-Medicaid,che sono assicurazioni private ma talvolta sostenute dallo Stato, sia all’altezza dei problemi futuri. Roba da ridere, capitalismo da Rockerduck di Paperopoli, o da darwinismo sociale ottocentesco.

Più poveri
Le pandemie in attesa di esplodere (secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità) dall’Africa all’Asia sono già ventuno. Inoltre, la pandemia colpisce oggi una popolazione mondiale che non pensava più di avere a che fare con questo tipo di problemi. L’adattamento sociale, operativo, psicologico è e sarà un colossale costo, che non tutti potranno sostenere. Lo shockeconomico attuale da pandemia è simultaneamente di offerta e di domanda. Una buona parte di posti di lavoro e di imprese andranno, naturalmente, persi. Non illudiamoci troppo. E, anche se si ricorrerà, come in un’economia di guerra, a una “nazionalizzazione temporanea”, non tutto potrà certo essere salvato.
Lo shock da domanda è più ovvio: la gente non lavora più, non guadagna più, quindi i mercati, stavolta sia interni che esteri, si riducono di molto.

In due settimane, gli Usa hanno perso 10 milioni di posti di lavoro. Un mese di chiusura costa, in tutti i Paesi d’Europa, 3 punti di Pil. Effetti: un coma produttivo e una vera e propria, e rapida, disintegrazione delle catene mondiali di approvvigionamento.
I paesi produttori di petrolio stanno entrando in crisi, disponendo di una riserva molto ridotta di valute estere. Tutti i prezzi delle materie prime, alimentari e non, sono in caduta libera dall’inizio dell’anno. I Paesi produttori cadranno in una crisi talvolta insolubile.

Problemi sociali
Effetti sociali: sia in alcuni Paesi dell’Occidente (Italia, per esempio) sia soprattutto nel Terzo Mondo, una buona parte della classe media emergente si ridurrà di nuovo in condizioni di povertà, spesso estrema. Più poveri, quindi più ammalati: dopo la pandemia da Covid-19, le nuove masse di impoveriti saranno oggetto, probabilmente, di altre malattie, antiche e nuove.
Le banche internazionali stanno facendo l’unica cosa da fare: inondare il mercato di liquidità. La FED americana ha abbassato i tassi di 50 punti base, quindi i tassi sono oggi a zero. La BCE ha iniziato, il 18 marzo, un programma di acquisizione di titoli del debito pubblico dei Paesi UE per 750 miliardi. Non si dice prima il quanto, comunque. Si ripete il classico whatever it takes. I comportamenti da boy-scout, da quelli che dicono sempre tutta la verità, sono sconsigliabili in finanza. Per i Paesi terzi che hanno titoli del debito pubblico Usa, c’è anche una grande operazione, ancora in atto, di “pronti contro termine” per scambiare i loro titoli con liquidità.

Crisi e migranti
Cosa succederà, poi, quando moltissimi altri migranti, dall’Africa o da altrove, arriveranno sulle coste europee, spinti dalla crisi economica, stavolta derivata dalla pandemia?
Milioni di persone arriveranno qua, non dimentichiamolo. E moltissimi (wallo non wall) partiranno anche dall’America Latina verso gli Usa. Sarà lo “sciopero” dei cittadini degli Stati falliti verso quelli che probabilmente falliranno in UE e in Usa. Partiranno del Continente Nero come da altrove.
E in Europa la lentezza patologica del sistema finanziario di Bruxelles, a parte la BCE, creerà una stagnazione pressoché perpetua in Italia e negli altri Paesi del Meridione europeo, proprio quelli che dovranno parare la nuova grande migrazione, che oggi nemmeno riusciamo a immaginare.

Sostegni ai bilanci e alle imprese
La moneta, però, ovviamente non basta. Occorre mobilitare il sostegno di bilancio. Anche la Cina, peraltro, non sta bene: la crescita si è molto indebolita, il totale del suo debito pubblico e privato supera il 300% del suo Pil.
Le attuali misure anti-crisi cinesi da pandemia, infatti, non superano l’1,2% del Pil di Pechino. La Nuova Via della Seta, il grande progetto infrastrutturale, marittimo e terrestre, dalla Cina verso il Mediterraneo avrà, da oggi in poi, tempi molto più lunghi di realizzazione. Gli americani tirano un forte respiro di sollievo.
Ovviamente, la scarsità di produzione e il rimpicciolimento della base produttiva ovunque genereranno un aumento dei prezzi. Questo è bene, dato che da questi aumenti ci saranno sostegni alle imprese quasi pari agli aiuti di Stato e a quelli finanziari.

Frammentazione della globalizzazione
Aprire tutto? Si, a parte le cautele sanitarie, perché bisogna evitare la tesaurizzazione da parte dei consumatori, che è esattamente quello che non deve accadere.
Ci sarà anche una profonda crisi di potere, che dipende dal fatto che la nostra sovranità occidentale è soprattutto economicista, e le masse impoverite sono ormai imprevedibili e incontrollabili. Se qualcuno crede che basti solo la crescita indefinita dell’economia per tenere insieme un Paese, la crisi glielo farà scoppiare in mano.
Alla fine, avremo una frammentazione della globalizzazione, il rientro parziale in aree vicine delle maggiori Catene Globali del Valore, una dipendenza minore dai grandi cicli del mercato-mondo. Un bene? Non lo so ancora. Poi, alla fine della crisi sanitaria, riprenderà la grande competizione mondiale, quella che oggi abbiamo visto lentamente apparire con l’invio di medici e aiuti, dalla Russia e dalla Cina verso alcuni Paesi, europei e non. Una operazione di influenza che verrà messa a frutto in seguito.
Gli Usa non vogliono che la Cina eserciti una leadershipmondiale, ma Pechino ha solo rimandato il confronto, mentre non è affatto certo che gli Usa possano ancora esercitare la loro tradizionale egemonia.

In Italia?
Se l’UE avesse un cervello strategico, invece del suo attuale microcefalo finanziario, sarebbe questo il momento di osare.
E in Italia? Dovremo affrontare un fortissimo disagio sociale, in primo luogo. Aumenterà quindi, e subito, la penetrazione criminale nell’economia nazionale. Occorrerà fare una forte redistribuzione del reddito e orientare diversamente la spesa pubblica. La stabilità politica del sistema dipenderà da quanto sarà garantita proprio la redistribuzione dei redditi.
Non dimentichiamo nemmeno che le perdite del Pil mondiale, tra il 2020 e il 2021, saranno, lo dice il Fondo Monetario Internazionale, di almeno 9000 miliardi di dollari, e la nostra economia sarà, sempre per il FMI, “una delle più deboli del mondo”.
Per ora, la restrizione delle attività produttive è del 34% della produzione, pari al 27,1% del Pil. Un mese di lockdowncosta, qui, 48 miliardi. Con 37 miliardi di perdite per il Centro-Nord e 10 per il Sud, secondo i dati Confapi. Il sommerso, che vale 540 miliardi di Pil annuo nazionale, è del tutto fermo. Il Nord potrebbe perdere, alla fine probabile della pandemia in Italia, il 40% del Pil, il che innescherebbe facili e prevedibili conseguenze politiche.
Naturalmente, un’Italia debolissima fa gola a tanti, soprattutto tra gli “amici” europei, ma non solo. I tentativi di acquisizione predatoria nel Turismo, già ampiamente verificati, vengono compiuti sia dai grandi concorrenti internazionali che dalla criminalità organizzata. “Ora ti do due terzi, tra un mese la metà, tra tre mesi un terzo”. Questo è il criterio standard.
Gli assetti attuali di Unicredit e Generali sono già sotto la lente del Copasir, il Comitato Parlamentare sulla Sicurezza della Repubblica, che si è interessato anche alle operazioni di Deutsche Bankin Italia e ad alcune operazioni nel settore tecnologico della Difesa e delle telecomunicazioni. Come disse un mio vecchio amico, in Banca d’Italia, già nel 2001, “ci trasformeranno tutti in gelatai e bagnini”.