Virus e carestia. Ecco l’apocalisse
Non l’avevo mai notato prima d’ora. Probabilmente è un caso. Anche se mi pare difficile ritenere che il libro dei libri disponga casualmente le sue parti, visto che, a ogni piè sospinto, osserva che tutto è frutto del disegno divino. Insomma, non avevo mai notato che l’ultima parte della Bibbia fosse l’Apocalisse. Ovvero la morte certa per ciascuno di noi è ovvio, ma anche la fine del Mondo, l’Apocalisse appunto. Mentre l’ultima parola del Vecchio Testamento, in Malachia, è: sterminio.
Ora, al netto di tutte le esegesi del caso da parte dei biblisti che hanno scritto cose immensamente importanti, e con la giusta tara sulla mia assoluta ignoranza in fatto di libri sacri, ripeto sommessamente che l’ultima parola del Vecchio Testamento è “sterminio” e l’ultimo capitolo del Nuovo Testamento è “Apocalisse”. Come dire: le due parole non lasciano spazio a molte interpretazioni. Sì, è pur vero che apokalypsis in greco significa svelamento, ma i suoi quattro cavalieri rivelano soltanto sciagure.
Il primo cavaliere è sopra un cavallo bianco e porta un arco per simboleggiare la vittoria militare. Il secondo cavaliere è sopra un cavallo rosso, porta una grande spada e viene per portare violenza e stragi, cioè per “togliere la pace dalla terra affinché gli uomini si uccidessero gli uni gli altri”. Il terzo cavaliere è sopra un cavallo nero, porta una strana bilancia che diffonde carestie tra i popoli. Il quarto cavaliere è sopra un cavallo pallido (qualcuno dice verde, qualcun altro giallastro), è l’unico cavaliere che ha un nome e il suo nome è Morte e porta dietro di sé l’Ade, cioè l’inferno.
A questo punto Giovanni (l’autore dell’Apocalisse) scrive: “E fu data loro potestà sopra la quarta parte della Terra di uccidere con la spada, con la fame, con la mortalità e con le fiere della terra”. Come a dire che i quattro cavalieri dell’Apocalisse agiscono insieme. Allora, nel caso qualche guerra regionale o qualche dazio di troppo amplifichi un conflitto, nel caso qualche carestia avanzi, e un virus o un’ulteriore zoonosi si affaccino prepotentemente nelle nostre vite, siamo fritti. Ed è chiaro che prima della fine di questo testo scopriremo proprio di essere fritti.
È vero, è usanza degli scrittori inventare intrecci che è un po’ come cercare cause nel caso, ordinare in maniera eterodossa gli elementi, ospitare fantasie inappropriate, gestire sistemi complessi come i personaggi e le trame, fare previsioni a lungo termine. Tutto questo è proprio degli scrittori e quindi anch’io posso aver lavorato di immaginazione. Eppure ci sono tutti i segni di quella che l’apostolo Giovanni definiva proprio apocalisse. Vediamo.
I cavalli bianco e rosso sono già tra noi con la guerra della globalizzazione, che ormai abbiamo capito non essere la panacea ai guai mondiali (come si era creduto dopo la caduta del comunismo internazionale), ma anzi si sta concretizzando nel tipico incidente del futuro.
Il cavallo pallido (verde o giallastro) è chiaramente il SARS-Cov2, cioè il coronavirus, ma potremmo inserirci in mezzo anche i preoccupanti fattori climatici e la deforestazione.
Mancava all’appello il cavallo nero, ma eccolo. A fine aprile all’ONU è stato presentato un documento del World Food Program WFP che sostiene stia per mettersi in moto a livello mondiale una catastrofe alimentare. Infatti, a causa di conflitti militari regionali e guerre dell’acqua, siccità, cambiamenti climatici e coronavirus, sarebbero a rischio più di 250 milioni di persone sulla Terra.
Il direttore di WFP, David Beasley, l’ha già definita: “Carestia di proporzioni bibliche nel giro di mesi”.
Be’, tutto torna!
È pur vero che siamo ormai a quasi 7,8 miliardi di umani sul Pianeta e le previsioni demografiche (stando alle stime ONU) ci danno a quasi 9 miliardi nel 2050, quindi l’eventuale apocalisse riguarderebbe “soltanto” il 4% della popolazione mondiale. Come dire: un buon “espediente” ecologico per la salute dell’intero sistema Terra.
Del resto sono da tempo attivi movimenti per l’estinzione volontaria, chiese dell’eutanasia e vari gruppi che testimoniano il divieto di procreazione umana come medicina per il nostro pianeta, ma non hanno al momento riscosso grande successo: la vita è bella e la stragrande maggioranza delle persone non vorrebbe abbandonarla prima del tempo.
Tuttavia, se a queste previsioni quasi catastrofiche si sommassero ulteriori malattie virali emergenti e riemergessero in maniera più diffusa altre epidemie, magari a causa dell’assurda deforestazione che stiamo attuando ovunque, allora i numeri dei morti, probabilmente, comincerebbero a salire.
Di queste ultime “emersioni” e “riemersioni” ne parla anche David Quammen nel suo famoso libro Spillover, dove si racconta anche di tredici gorilla morti accatastati nella foresta centroafricana, dove per Ebola sono scomparse centinaia di grandi scimmie. Perché proprio tredici gorilla si chiede Quammen, e poi non ne dà né una risposta né un’interpretazione.
Non voglio rispondere al suo posto, ma faccio una notazione, un semplice collegamento: negli arcani maggiori dei Tarocchi il numero 13 corrisponde alla carta della Morte.
Per l’amor di Dio la carta è solo un simbolo. Come l’Apocalisse del resto è una profezia. La carta in genere annuncia la fine di qualcosa. L’Apocalisse è meno generica: annuncia la fine del Mondo.