Grazie alle statistiche
Le statistiche dicono che io sono vivo, e questo mi mette sempre di buon umore. Non capisco, invece, perché alcuni non si fidano, anzi dicono che le statistiche non sono una cosa seria! Io le consulto ogni mattina, prima di lavarmi sotto le ascelle e cambiarmi la biancheria, prima di bere il caffè e sbadigliare come bue. Sono ligio alle raccomandazioni del mio capo, il commendator Virgulto, che ha dato precise disposizioni sul rilievo da dare alle statistiche nella terza pagina del giornale dove lavoro. Sì, proprio in quella pagina dove una volta ci si doveva sorbire gli spietati deliri di qualche intellettuale dalla penna facile contro i poteri forti, contro l’omologazione televisiva, contro i capelloni rockettari, contro la guerra in Vietnam, contro il golpe di Pinochet, e altre stupidaggini che non fregano niente alla gente per bene. Vuoi mettere un istogramma in cui ciascuno di noi può riconoscersi? Oggi sarò nel rettangolino dei contagiati o degli asintomatici o dei morti? Se non rientro in nessuno di questi rettongolini, vuol dire che sarò nel rettangolone dei vivi, che per motivi di spazio non può rientrare nell’impaginazione del giornale e possiamo solo immaginarlo. Questo rettangolone include al suo interno rettangoloidi di diverse dimensioni, che rappresentano degli “insiemi” distribuiti tra chi sta bene ma ha un po’ di mal di schiena, chi avverte un leggero affaticamento ai polpacci o chi ha le emorroidi, chi ha uno stipendio fisso e chi no, chi aspetta la cassa integrazione e chi non ha neanche questa, chi abita in un lussuoso superattico di 240 mtq e chi in un fondo umido e malsano, e via di questo passo. La casistica è infinita, ma l’importante è restare in questo rettangolone, come faccio io tutti i giorni: mi ci sono rintanato perfettamente come nella mia vera casa. E comunque, a togliere ogni dubbio, in terza pagina si possono trovare tabelle e grafici di diversa natura: diagrammi, dendrogrammi, cartogrammi, logogrammi, ideogrammi; e tra i diagrammi quelli a nastro, a barra, a colonne, a baffi, a pianta, a nuvola, a gomitolo, a ombrello, ecc., che dimostrano che tutto va come previsto, e anche l’imprevedibile può essere previsto. Per una curva che scende, ce n’è una che sale e poi riscende, e poi risale ma di poco, quindi devia, ristagna, s’infogna, si affloscia, si squacquera; laddove in un altro grafico un’altra curva si alza tanto da dar vita a una nuvoletta che ora sembra cirro ora nembo, e si allarga, si spompa, si sgrassa, si squama, esplode in mille bolle che ricadono e rimbalzano, accendendosi di vari colori che si fondono e confondono come in una silenziosa deflagrazione di fuochi d’artificio, fino a raccogliersi in un gioioso arcipelago di microgalassie cromatiche. È uno spettacolo così bello, e così rassicurante (come ha provato un sondaggio fra i lettori del giornale), che le didascalie ormai sono diventate secondarie: perciò, per ridare loro lustro, la redazione ha deciso di usare caratteri piccoli ma eleganti – bocconiani, oxfordiani, stanfordiano – per cui occorre un monocolo d’ingrandimento per vederli. Quello che non può mancare, ovviamente, è il parere dell’esperto di turno che sa interpretare le statistiche e spiegarci che la quantificazione della realtà è fondamentale se vogliamo orientarci in una società di massa virtuale in cui nessuno conta per sé ma solo in rapporto alla densità del rettangolo al quale viene assegnato. Il comm. Virgulto su questo è stato chiaro: “Non date credito a coloro che sostengono che la realtà è più complessa di quanto le statistiche insegnino, e che le statistiche possono essere manovrate e condizionate da complottisti degenerati, perché tutto dipende da come vengono poste le domande, e da come si contano i morti, e così via. No! È reale ciò che passa attraverso le statistiche. Non m’interessa se in Australia oggi ci sono ancora degli incendi, ormai è roba fritta: com’è andata a finire non conta, stanno rimboschendo? Tutto deserto? C’è un’invasione di ragni e lombrichi? I koala sono arrostiti a punto giusto? Disoccupazione al galoppo? Non avete i numeri? Riferitemi, allora, ogni morto o contagiato nel mondo, e ogni guarito, se è il caso, perché i lettori vogliono sapere questo, e capiscono se vedono quei rettangoli contrarsi o dilatarsi, le curve salire o scendere tra gli assi cartesiani… E condite il tutto con immagini! Immagini spettacolari. Statistiche e immagini: il piatto è pronto”. Detto fatto, il commendatore ha immediatamente istituito un pool di tecnici, cui ha dato il nome di “pool-víscolo”, ispirandosi al nome del suo neonato cucciolo di labrador, formato di tuttologi strafighi e di consulenti strapagati, che hanno sincronizzato i loro calcoli e stabilito le classi sulle quali avrebbero lavorato, e intanto ai piani bassi v’era chi si metteva in contatto con i corrispondenti all’estero, chi monitorava costantemente le agenzie istituzionali, chi puliva e sanificava le scale. Anche io, modestamente, addetto all’ufficio scanner e portapacchi, lavorando da casa ho fatto del mio meglio. Alla fine s’è registrato un prodigioso aumento di vendite e abbonamenti.
Certo, fu un bel colpo quando pubblicammo sulla versione online del giornale la fotografia ripresa dal satellite della povera Australia che ardeva come una catasta di legna secca. Milioni di likese downloadin pochi minuti. Bruciava tutto, non solo alberi e animali, ma anche vite, relazioni, comunità, con i loro lavori e i loro equilibri: ma più di tutto contava l’immagine, cioè il fumo, non l’arrosto. Ma oggi chi se la ricorda? Un giorno avverrà anche per le immense metropoli deserte e pattugliate, l’eco delle sirene lancinanti, i malati che giacciono nelle corsie degli ospedali, la fila di bare, i cadaveri buttati per strada? Non basta immaginare, ci ricorda il commendatore, perché i disinformatori seriali sono sempre in agguato, e qualcosa sfugge sempre: le statistiche traducono in numeri esatti, indiscutibili, quello che non riusciamo a comprendere ragionando. Una volta si diceva “fatti, non parole”; ora bisogna dire “cifre, non parole”. Alcune statistiche dicono che ogni giorno muoiono 25.000 persone al mondo di fame, ma questo è un problema di sempre! ci si può fidare? come può far notizia? non sarà un complotto dei sostenitori della decrescita? Sì, capita ogni tanto che questa vecchia questione finisca in prima pagina, ma ogni persona per bene, soprattutto a Natale, in cuor suo la depreca, sa che è un posto lontano e il suo frigorifero è pieno. Il nostro lettore si preoccupa di quello che succede nel mondo nella misura in cui un giorno quello potrebbe toccare a lui; ed è più difficile che crepi di fame piuttosto che prenda un’influenza bastarda! Beninteso, nel giornale c’è democrazia: chi non è d’accordo con questa linea redazionale può rassegnare le dimissioni, riceverà il trattamento di fine rapporto a tempo debito. Da che sono nato non è passato giorno senza che potessi mangiare quanto e come e dove voglio; al contrario, di tanto in tanto mi sono beccato un’influenza noiosa che mi ha costretto a stare a letto… Ditemi quello che volete, ma le cose stanno così. Risolveremo una cosa per volta, anche l’anchilostoma duodenale, anche la cirrosi epatica, e la peste bubbonica polmonare, la tachilalia logorroica, e soprattutto la fame nel mondo, ne sono certo, finché le statistiche sono sotto controllo e ci dicono che siamo vivi.